“Quando avremo l’acqua del Brenta?”
Così titolava QT sul numero di aprile e nel sottotitolo c’era già una risposta: negativa.
Su questo tema, cioè sull’utilità e sulla possibilità di far arrivare anche a Trento l’acqua captata dalla sorgente Acquasanta, alle pendici del Brenta noneso, abbiamo sentito il presidente di AIR, la piccola multi-utiliy della Rotaliana, che gestisce quella sorgente. Perché dopo il notevole investimento iniziale non si è proseguito con l’idea di far arrivare una parte dell’acqua anche nel resto del fondovalle, giù fino a Trento?
La risposta è partita da lontano, ricordando che la concessione dell’Acquasanta, risalente agli anni ‘60/70, doveva soddisfare i bisogni dei tre comuni più grandi della Rotaliana: Mezzolombardo, Mezzocorona e San Michele. Recentemente, con un sostanzioso contributo provinciale, la galleria, che funge anche da bacino di scorta, è stata quadruplicata e l’aumentanta potenzialità dell’acquedotto ha permesso di utilizzare una significativa porzione per produrre energia elettrica pulita (la centralina è stata attivata all’inizio del 2014). In occasione di quei lavori si disse (forse con troppa enfasi) che di acqua di sorgente ce ne sarebbe stata in abbondanza, che una buona metà non era stata intercettata e che quindi stava “inutilmente” defluendo nel vicino Sporeggio, un affluente del Noce.
Ma ora i ragionamenti si sono fatti più prudenti: anzitutto la rete di AIR si è allungata fino a Zambana (a sud), marcia verso Roverè della Luna e sta già fornendo alcune frazioni di Faedo.
È successo nel frattempo che dopo aver bocciato l’iniziale proposta unificante proveniente dalla Comunità di valle, i sindaci della zona hanno dovuto assumere delle decisioni. E preso atto dell’inconcludente (e molto ideologico) dibattito seguito al referendum sull’acqua pubblica in corso a Trento, tutti i comuni della Rotaliana che avevano in passato dato in concessione i propri acquedotti alla società di Trento (la ex SIT), preoccupati appunto per il gran parlare (ed il poco agire), prudentemente non hanno rinnovato i contratti con quest’ultima affidando la gestione ad AIR.
Per una - tutto sommato - piccola azienda, trovarsi in capo migliaia di nuove utenze ha costituito uno straordinario impegno di risorse e soprattutto di energie investite per riorganizzare la struttura in crescita. Inoltre la piccola multiutily sta diventando azienda di riferimento anche per l’illuminazione pubblica: lo era già per i tre comuni fondatori, ora si è aggregata anche Lavis; intanto, AIR ha ceduto la gestione del gas a un’azienda del gruppo Dolomiti Energia e “in cambio” si è presa in carico una cinquantina di importanti utenze (industrie, grossi artigiani) con un’ulteriore necessità di rivedere la struttura e di fare investimenti. Tutto questo ha certamente distratto AIR dal progetto del grande tubo destinato, nell’ipotesi iniziale, ad arrivare fino a Trento.
Ma il progetto non è morto: la presa in carico anche dell’acquedotto di Lavis tiene ancor più viva l’idea iniziale; inoltre, se si potesse far arrivare l’acqua del Brenta fino a Trento, riutilizzando i vari “vasconi” posti ai piedi della Paganella o della Val di Cembra, serviti in questi anni come accumulatori della poca acqua dei singoli acquedotti comunali, si potrebbe far funzionare tutto il sistema a pressione naturale anziché, come ora in molti casi, pompando l’acqua dai pozzi, con oneri impegnativi in termini di costi elettrici e di spreco ambientale. E infatti anche recentemente (autunno 2016), ci ricorda il presidente di Air, “abbiamo invitato l’assessore provinciale Daldoss a visitare la grande galleria che attraversa il monte Fausior e le opere di captazione della sorgente dell’Acquasanta a Maurina di Spormaggiore; in quell’occasione abbiamo rilanciato l’idea del grande tubo. Ovviamente è un’opera di interesse provinciale di cui non si può fare carico la piccola AIR e nemmeno, credo, i comuni della Rotaliana, visto che il beneficio maggiore sarebbe destinato al capoluogo”
Ma nella chiacchierata col presidente di Air emergono anche le preoccupazioni per l’effettiva disponibilità dell’acqua, visto che negli ultimi anni la sorgente “non ha mantenuto tutte le promesse iniziali” (o forse, diciamo noi, le ottimistiche previsioni), tanto che nel 2016, per la prima volta dopo l’ampliamento della galleria, per poco non si è dovuto ricorrere all’uso dei pozzi di soccorso.