La lezione di Padova
Dentro una sconfitta elettorale senz’appello alle amministrative di giugno, il centro sinistra può in parte consolarsi con la vittoria al comune di Padova. Avevamo accennato alle vicende della città sul numero di maggio con un’intervista ad Arturo Lorenzoni, candidato sindaco di una compagine “civica”, capace di raggruppare istanze e mondi diversi e di prosciugare il bacino elettorale (almeno quello più orientato a sinistra) del Movimento 5 Stelle. Al primo turno Lorenzoni otteneva un lusinghiero 22,83%, che però non gli consentiva di andare al ballottaggio. La sfida era dunque tra Massimo Bitonci, un distillato del peggior leghismo appoggiato pure dal patavino avvocato Niccolò Ghedini, che incredibilmente superava il 40%, e il candidato del PD “ufficiale” Sergio Giordani che si fermava al 29,20%.
Quest’ultimo, imprenditore e presidente del calcio Padova, è un’espressione perfetta del renzismo in quanto aperto alle componenti moderate e di centro, inglobando addirittura nella sua coalizione degli ex forzisti dissidenti. Tuttavia Lorenzoni e Giordani sono riusciti a mettere tra parentesi le notevoli differenze politiche e si sono apparentati, presentandosi con quel “centrosinistra allargato” auspicato dai più anche a livello nazionale. Occorre però sottolineare – anche guardando complessivamente ai risultati – come Bitonci fosse un candidato davvero impresentabile, razzista e volgare. È quindi inquietante che abbia raggiunto il 48,16%, praticamente solo contro tutti.
Al duo Giordani-Lorenzoni spetta ora un compito difficile: governare bene una città complessa, ma anche proporre quelle innovazioni, soprattutto nel campo della partecipazione e dell’inclusione sociale, promesse in campagna elettorale.