Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Casse Rurali: Trento batte Roma, e poi?

Lucio La Verde

L’editoriale del direttore Paris “Casse Rurali:Trento batte Roma” mi sembra caratterizzato da un certo trionfalismo. Non vi è dubbio che si possa guardare con orgoglioso compiacimento a iniziative in grado di travalicare i ristretti confini provinciali. E ciò tenuto conto delle esperienze non proprio esaltanti dal punto di vista economico, e in vari ambiti, della cooperazione trentina. Premetto, per altro, che per quanto mi riguarda ho avuto un positivo e tempestivo riscontro, per la serie “meno ai padri e più ai figli”, da parte di una Cassa Rurale della Val di Non.

La legge 8 aprile 2016 n°49 di riforma delle Banche di Credito Cooperativo (BCC) non è un modello di chiarezza, comportando altresì un articolato intervento della Banca d’Italia. Tra le dichiarate linee di indirizzo della legge vi è quella di realizzare l’unità del sistema delle BCC per accrescerne la competitività e la stabilità. E, affinchè una tale unità di sistema non fosse una forzatura, era prevista, per le BCC che non intendessero aderire, la possibilità di uscita e di trasformarsi in Spa. Gli aspetti più innovativi della Legge 49 sono che la capogruppo deve essere una Spa, mentre le banche aderenti mantengono la forma di società cooperative e che il capitale della capogruppo è detenuto in misura maggioritaria dalle BCC aderenti. Il Ministero del’Economia e delle Finanze può far scendere tale quota fino al 51%, consentendo quindi l’accesso di capitali esterni al mondo cooperativo. Sono due innovazioni che modificano sostanzialmente la natura delle BCC come si è configurata fino ad oggi. Sul fatto che gli obiettivi di socialità delle BCC siano meglio realizzabili attraverso una accentuazione di capitali privati piuttosto che con forme di presenza di enti pubblici territoriali è lecito avanzare qualche dubbio.

Si deve anche osservare che la riforma delle BCC, così come quella delle banche popolari, arriva in ritardo in un mondo del credito in rapida evoluzione. In questo contesto, come ha osservato il prof. Andreaus, “neanche il modello di Gruppo nazionale è sostenibile”. E sarebbe utile che le argomentazioni del prof. Andreaus trovassero spazio anche nelle pagine di QT.

Le limitazioni previste dalla Legge 49 alla estensione territoriale delle attività delle Casse trentine, molte delle quali hanno una presenza al di fuori dei confini provinciali (il 7% dei soci non risiede in Trentino), unitamente alla forte leva organizzativa e ad una efficiente struttura informatica possono essere state alla base della decisione di dare vita ad un secondo polo di Casse Rurali a “trazione trentina”. Le motivazioni di tale decisione andrebbero comunque meglio esplicitate, per non avallare l’impressione che l’iniziativa nasca da un’avversione verso strutture Roma-centriche, e a conseguenti dispute sulla spartizione di poltrone.

Sulla base di un primo raffronto risulta che il peso delle Casse trentine nel nuovo Gruppo è solo del 26% dell’importo della raccolta diretta di capitale, cioè 1/4 del totale. Ne consegue che l’effettiva ripartizione del potere decisionale sarà parametrato su tale quota.

Più che legittimo appare quindi l’interrogativo se la creazione del nuovo Gruppo porti ad un indebolimento invece che ad un rafforzamento di un’autonoma capacità di presenza sul territorio trentino, presenza sul mercato del credito che in questi anni si è progressivamente ridotta, attestandosi a circa il 51% e senza che su tale trend negativo si sia discusso pubblicamente. Non va poi trascurato il fatto che anche le Casse Rurali trentine hanno fornito il loro contributo al dissestato panorama del settore bancario nazionale: 130 milioni come risultato negativo dei bilanci, 1,3 miliardi di crediti in sofferenza, malgrado le ispezioni della Banca d’Italia non abbiano infierito al riguardo. Tutto ciò quando invece le consorelle Raiffeisen hanno chiuso in attivo, aumentando altresì l’erogazione del credito.

Mentre il Gruppo ICCREA-Federcasse supera già abbondantemente la quota minima di 1 miliardo di euro di patrimonio prevista dalla Legge 49, il Gruppo a “trazione trentina” deve trovare almeno 600 milioni di nuovo capitale. Tenuto altresì conto che DZ Bank, capogruppo delle Raffeisen tedesche, ha una quota in Cassa Centrale di Trento, non è però dato sapere se voglia impegnare denaro per un nuovo e italiano gruppo bancario.

La contemporanea presenza sul mercato di due Gruppi di BCC con l’identica mission aziendale, presenta una serie di problemi, come le possibilità di coordinamento, di omogeneità nelle linee di governo e di controllo delle BCC associate. Così per i criteri di selezione dei fornitori di prodotti finanziari da vendere alla clientela, come rispondere alle caratteristiche del risparmiatore ubicato in territori diversi economicamente e per tipologia di redditi individuali.

Se le soluzioni a tali problemi saranno omogenee non si capisce il perché dello sdoppiamento in due Gruppi. Se non lo sono, potrà derivarne uno squilibrio tra i due Gruppi dal punto di vista dei bilanci e della capacità concorrenziale.

In tutto questo impulso creativo c’è da chiedersi, poiché parliamo di Casse Rurali e non di grandi banche internazionali, quale possa essere il ruolo dei soci. Ruolo che, per quanti abbiano partecipato alle affollate quanto silenti assemblee, si caratterizza per la paziente attesa del buffet.

QT, in continuità con la propria linea di analisi critica della realtà trentina, potrebbe elaborare alcuni temi da sottoporre al dibattito nelle prossime assemblee, eventualmente con una esposizione dei diversi pareri in argomento.

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.