Referendum a gogò
... ma senza informazione corretta. È questa la democrazia?
I cittadini e le cittadine del Sudtirolo stanno vivendo una primavera a grande intensità elettorale. Gli abitanti di Bolzano sono chiamati alle urne ben 4 volte nel giro di tre soli mesi. Tantissimo rispetto all’Italia, dove chi prende il potere tiene il popolo lontano dal voto; ma non è neppure la Svizzera, dove le consultazioni popolari si basano su un’informazione corretta ed equilibrata dei votanti.
In Sudtirolo le forze in campo nelle campagne di informazione e di propaganda sono enormemente squilibrate: da un lato il popolo e dall’altro i politici e i mass media che rispondono quasi esclusivamente ai loro “grandi elettori”, non sempre visibili, ma certo troppo potenti e ricchi. E così è stata la campagna per il Centro commerciale di Benko. Un’opera di cui non si è mai stabilita la necessità, bocciato dal Consiglio comunale e ripreso comunque dopo il commissariamento del comune del capoluogo, per opera del sindaco dimissionario, che prima di lasciare la poltrona (per assumere quella di direttore dell’ufficio provinciale caccia e pesca), ha deposto un uovo di serpente. I mass media si sono trovati uniti nel rilanciare slogan come “Rimettere in moto la città, ripartire, svegliare”. Strano, sono gli stessi che dicono che la qualità di vita a Bolzano è alta. Il che è vero, se la si misura sul numero di sportelli bancari e non sui servizi sociali.
Ma torniamo alle chiamate al voto, perché il voto è importante e rimane ben poco altro a chi voglia esercitare la cittadinanza.
Primo. Sul centro commerciale Benko si è votato per una settimana, dal 29 marzo al 4 aprile. Hanno potuto votare anche 3.000 pendolari; non serviva la tessera elettorale, bastava un documento qualsiasi; la propaganda era permessa fino dentro ai seggi. Le pubblicità (costose) erano solo della parte favorevole. Decisivo per tenere a casa molti è stata la voce (falsa) che se il centro commerciale Benko fosse stato bocciato, il Comune avrebbe dovuto pagare i danni al tycoon austriaco. Un’ottima trovata, che ha reso incerti molti elettori. Pochissimo si è detto del costo della costruzione del tunnel sotto via Alto Adige, niente degli anni di cantieri aperti a pochi metri dal centro storico, silenzio anche sul futuro della stazione degli autobus extraurbani, che saranno posizionati per anni lungo una strada trafficata, in attesa che il comune trovi il luogo e i soldi per ricostruirla altrove. Tutti i partiti erano a favore, esclusi i 5Stelle, che su questo hanno fatto un grande lavoro di controinformazione, e i verdi. I quali però erano indeboliti dal comportamento ambiguo di settembre, quando la leader bolzanina, Cecilia Stefenelli era stata costretta a dimettersi per non tradire le promesse fatte agli elettori che l’avevano premiata per la sua coerenza.
Il commissario ha considerato ordinaria amministrazione una decisione che andava contro il voto del consiglio comunale, e ha fatto votare il popolo. Favorevole o contrario, era la scelta. Il referendum, senza quorum, ha visto prevalere il sì col 64%, e quindi si dà il via all’opera, anche se ci sono ricorsi in attesa di decisione. Se avesse vinto il no, a decidere sarebbe stato il consiglio comunale prossimo venturo.
Secondo. Il quorum del 50% era invece richiesto il 17 aprile per il referendum nazionale sulle trivellazioni nei mari italiani. Il segretario della Svp ha dichiarato a Rai Südtirol: “Nella direzione del partito ne abbiamo parlato brevemente e abbiamo detto che non prenderemo posizione sul referendum. In fondo il tema in realtà non ci riguarda”. L’elettorato gli ha dato ragione: la salute dei mari italiani non è interesse del Sudtirolo, dove il mare non c’è. Ha votato il 17,6 per cento. Quasi tutti coloro che hanno votato, hanno votato sì, cioè no alle trivelle, come nel resto d’Italia, ma questa volta c’era il quorum.
Terzo. L’8 maggio (e il 22 in caso di ballottaggio) si vota a Bolzano e nei comuni di Campo Tures, Sluderno e Villabassa, per i consigli comunali. Nel capoluogo l’incertezza è enorme, tanto che molti si aspettano che continui il commissariamento. 17 liste e 13 candidati sindaci.
La riforma elettorale regionale ha peggiorato la situazione. Nei manifesti ogni aspirante sindaco o consigliere presenta uno slogan, ma ciò che non si capisce quasi mai è che cosa vogliano fare in consiglio comunale: “La sindaca di ferro” (la candidata appare a cavallo e con una spada in mano); “Aprirsi per ripartire” (la Svp si vuole aprire ma non si sa a che cosa, e ripartire, ma non dice per andare dove. E in questo interpreta lo spirito movimentista del tempo); “Damit unsere Stadt wieder deutsch wird” (“Affinché la nostra città ritorni ad essere tedesca”. Almeno qui si capisce che cosa vogliono i candidati di Südtiroler Freiheit, fra cui un giovane sindacalista); “A Bolzano serve un sindaco di Casapound; I love my Town” (qui c’è poco da commentare).
Il Pd presenta una lunga lista di persone, che di solito condividono l’obiettivo del partito: occupare poltrone con i fedelissimi e realizzare obiettivi come: l’inceneritore a pieno volume (contro la legge provinciale e contro i polmoni dei cittadini), l’ingrandimento dell’aeroporto, e naturalmente il centro commerciale, anche se il candidato sindaco è piuttosto perplesso.
Uno in meno. Con soddisfazione dei partiti ora al governo, il commissario ha risolto questioni sospese. Indirettamente ha dato un segnale fortissimo che la democrazia, cioè la partecipazione dei cittadini di Bolzano al voto è perfettamente inutile. Si è scoperto che l’ex sindaco, prima di andarsene, ha dato parere positivo, senza informare né la giunta né il consiglio comunale, a un progetto del costo di 24,5 milioni per un’enorme funivia lungo i prati del Talvera, unico polmone verde nella città, che prevede la distruzione del parco Petrarca, sostituito da un edificio alto venti metri. La Provincia si è affrettata a considerare valido il parere del comune e ha approvato il progetto alla fine di dicembre. Un gruppo di cittadini non riesce ad avere risposte neppure tecniche su ciò che si vuol fare, benché si parli già di gare. Democrazia “alla turca”. In questo caso, niente referendum né consultazioni, per farlocche che siano.
Quarto. Il 12 di giugno si voterà sull’aeroporto. Il presidente della giunta provinciale aveva promesso un referendum sul tema durante le elezioni provinciali. Essendo la grande maggioranza della popolazione contraria, non ci si aspettava certo che proprio lui facesse il paladino del vecchio progetto del 2011, già fallito (vedi anche il libro “Bankomat” di Christoph Franceschini). “Con il blocco del Brennero i turisti per non fare le code dovranno arrivare in aereo” strillano gli albergatori. Ma Niki Lauda, famoso pilota automobilistico e proprietario di una compagnia aerea, a Bolzano su invito di Benko per fargli da testimonial nei bar della periferia italiana con i vecchietti entusiasti del “mito”, ha detto dell’aeroporto di Bolzano:
1) che il luogo non è geograficamente adatto perché circondato da montagne;
2) che costa troppo e chi lo finanziasse non vedrebbe i risultati degli investimenti;
3) che la sua compagnia non verrebbe mai qui, perché non ci sono prospettive.
Ma la Provincia, che ha soldi da buttare (quelli della sanità, della scuola e del sociale), è pronta a stanziare 2,5 milioni di euro pubblici all’anno per 5 anni. E poi si vedrà. Già Kompatscher si mobilita, insieme ai grandi albergatori e ai soliti potenti, per convincere i cittadini che sono notoriamente piuttosto contrari, a dire di sì all’ulteriore spreco di denaro pubblico.
La balla mediatica questa volta è doppia: la prima in tedesco, che se non lo facciamo noi se lo riprende l’Italia (ritirata dopo ironiche smentite, ma su qualcuno avrà fatto effetto); la seconda, ancora in giro, che se l’aeroporto non verrà fatto a spese della collettività, lo faranno i privati. Figurati! Hanno fatto finta di farlo cinque anni fa con l’aiuto della Cassa di Risparmio e di una valanga di soldi pubblici dati da Durnwalder (altro che le merendine!) e ci sono fallite due compagnie aeree. Le dichiarazioni di Niki Lauda sono la definitiva dimostrazione che la cosa non regge, se non interviene il pubblico. Il quale però deve trovare i soldi altrove.
Eppure, chissà come finirà. Benko insegna: tanti soldi, informazione a senso unico, niente arbitri, mass media compiacenti: a Bolzano si può fare di tutto. Non è il capoluogo che si sognava dopo la chiusura del pacchetto e neppure un comune ben amministrato come la stragrande maggioranza dei comuni sudtirolesi, che hanno saputo punire i sindaci prepotenti e ribellarsi allo strapotere del partito unico. Bolzano è ormai un campo aperto per ogni speculazione. Popolazione disorientata, classe politica avida e poco sapiente, amministrazione scadente e non sempre pulita.
I partiti di governo hanno inoltre la grave colpa di avere definito “degradati” i luoghi della città dove vivono e cercano di lavorare gli immigrati. Non le vie commerciali dove hanno chiuso tanti negozi, ma quelle in cui hanno aperto negozi arabi.
Il progetto Benko promette di fare “pulizia” e dà fin d’ora un segnale su come si deve percepire la città, con i rendering affollati di bianchi giovani e sani. Tutti gli altri, scomparsi. Eppure la politica è di questi ultimi che dovrebbe prendersi cura.