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QT n. 5, maggio 2016 Servizi

Cooperative allo sbando

L’abbandono di Fracalossi: emblematico e devastante

Giorgio Fracalossi

E così Giorgio Fracalossi si è dimesso dalla presidenza della Federazione delle Cooperative. Una situazione da tempo ridicola, diventata drammatica. Perché evidenzia ancora una volta la totale inadeguatezza di un gruppo dirigente che continua ad arroccarsi su se stesso con contorcimenti farseschi, mentre fuori la realtà bussa, sempre più impietosa, alle porte.

Ricordiamole queste contorsioni: Diego Schelfi, dopo tre mandati, fa modificare lo statuto per prevedere la possibilità di un quarto mandato (“che non riguarderà me, figuriamoci!”) e poi invece è lui che viene rieletto. Sono tre anni di immobilismo, alla fine dei quali i boss cooperativi decidono che lo sostituirà Renato Dalpalù, presidente del Sait (peraltro annaspante, ma chi se ne frega); Dalpalù però si rivela impresentabile, è anche a capo di Btd, travolta da un crack rovinoso; allora, per contrastare un rinnovamento propugnato dal candidato alternativo Geremia Gios, si obbliga alla candidatura Giorgio Fracalossi il quale, presidente della Rurale di Trento e di Cassa Centrale, non ne ha il tempo né la voglia. Ma i boss premono, Fracalossi accetta, e i cooperatori, pur con tanti voti a Gios, lo votano.

A chi chiede di cambiare, una discontinuità nella classe dirigente, io rispondo che non sono il presidente adatto”: con queste parole si presentava Fracalossi. Una presidenza motivata unicamente dalla voglia dei boss di non cambiare nulla. Anche perché il neo presidente aveva ben altro da fare: a capo del settore del credito, doveva salvare il sistema delle Casse Rurali dal rinnovamento centralizzatore imposto da Roma. E a quello, non certo a via Segantini e al movimento complessivo, il presidente ha dedicato ogni energia. Peraltro con risultati molto scarsi.

Per evitare che il sistema trentino si smarrisse nel riordino complessivo delle banche di credito cooperativo, Fracalossi aveva puntato su un sottogruppo del Nord Est. Ipotesi fallita, anche per la (inaspettata?) debolezza delle Rurali trentine, che hanno complessivamente registrato un buco di 110 milioni, con la Banca d’Italia che, dove arrivava con un’ispezione, faceva mettere a perdita milioni di sofferenze.

In questa situazione, le ipotesi di gruppo autonomo sono evaporate; il punto ora in discussione è il ruolo, nel sistema nazionale, delle centrali trentine di servizi - Cassa Centrale e Phoenix Informatica - che funzionano bene.

Quest’esito però è la riprova della crisi trentina, e a sua volta è causa di ulteriori crisi. Infatti le perdite delle Rurali sono in parte dovute al ciclo economico negativo, ma anche alla loro strutturale debolezza, dovuta all’eccessiva frammentazione. E la responsabilità del sistema (di Schelfi in primis) è stata quella di non perseguire l’indispensabile razionalizzazione quando le vacche erano grasse. Ora tutto viene fatto con affanno, e avendo ormai perso il peso politico che il Trentino aveva a livello nazionale. Il che ha ulteriori conseguenze: le fusioni faranno mancare alla Federazione un paio di milioni di euro di quote di adesione; se poi dovessero evaporare le quote delle centrali di servizi (CC e Phoenix) assorbite nel gruppo unico, mancherebbero altri 7 milioni. Per i 180 dipendenti di via Segantini, che da questi soldi traggono gli stipendi, non sono buone notizie. Ecco a cosa ci si è ridotti a forza di non far nulla, seduti su comode poltrone.

Senza parlare poi di altri settori in crisi (primo tra tutti, il consumo) e dei veri problemi di fondo, che investono tutti i settori, e che di seguito (non è la prima volta) elenchiamo: le polarità soci\manager; coop di primo grado\consorzi; cooperative\spa partecipate e controllate; tra le cooperative, essere concorrenti oppure far parte di un sistema; per la produzione soprattutto agricola, qualità o quantità.

Tutte questioni di grande momento. Che non può certo affrontare una Federazione il cui peso, la cui credibilità, sia interna (con le cooperative), sia esterna (con le istituzioni) è ridotta al minimo. E che con Fracalossi, assente, è arrivata a zero.

In compenso il ceto dei boss si è ancor più arroccato. Un esempio? Si è arrivati prima a nominare nel massimo organo, il comitato esecutivo del cda, e poi a difendere a spada tratta, Mauro Coser, che non solo ha terremotato il mondo frutticolo trentino extra Melinda, ma risulta imputato per frode alimentare e per truffa alla UE (per aver dichiarato come conferita dai soci frutta acquisita altrove), ha promesso all’assemblea del suo consorzio di non candidarsi più, quindi ha disatteso la promessa provocando la fuoruscita di soci delusi e un’ulteriore perdita di quintali di mele (65.000) non più conferite. Questi soci avevano chiesto di parlare con Fracalossi, che non ha trovato il tempo necessario.

Questa è la situazione. Intanto, dimessosi Fracalossi, le sue funzioni sono state assunte dalla vice, Marina Castaldo, figura debolissima che assicurerà l’interregno del nulla.

Ora si dovrà eleggere un nuovo presidente. Di sicuro ci sarà un candidato alternativo, ancora Gios o un’altra figura. E qui la palla passa ai cooperatori. Starà a loro decidere se ancora una volta subire una continuità ormai nefasta, oppure voltar pagina.