Radici
Quello che rimaneva di vitale nella radice del mio dente n. 24 mi causava un dolore improvviso e violento, simile a una scossa che arrivava dritta al cervello. Era un grido di sirene! Non quelle ammaliant di Ulisse, quelle spiegate d’ambulanza per un infarto in corso! Se poi si aggiungono i brutti presentimenti, accomodatisi come corvi neri sulle mie spalle, eravamo oltre al sopportabile. E di dolore ne ho tollerato tanto, senza far smorfie e pesare più di tanto su amici e parenti. Dal settembre 1994 a oggi, non so quanti giorni siano perché non ho voglia di far conti, quel mese segna la fine di una vita difficile ma ancora vivibile. Da lì in poi un calvario.
Sempre aggravandomi: passando dalla morfina, arrivando all’oppio, all’agognata conquista della marijuana terapeutica e quei due anni che mi faranno rinascere per rivelarsi tutti, un po’ alla volta, inefficaci. Dolori che fanno particolarmente male quando cambia il tempo. Che addirittura ululano insieme al vento tipico dell’arco alpino, il Föhn, conosciuto non a caso come “il vento della pazzia”. Leggende narravano che gli omicidi commessi quando soffiava il Föhn avessero diritto a uno sconto di pena.
Radici di liquerizia che collego alle scuole elementari quando era tradizione partecipare alla “Festa degli alberi”, a Candriai, sulle pendici del Monte Bondone. Pranzo a sacco, panini e qualche mela che scambiavamo con alcune noccioline e radici di liquirizia. Andavamo con la corriera cantando tutto il repertorio dell’infanzia, Zecchino d’oro compreso, e tutti quei tornanti erano spesso motivo di sconvolgimento di stomaco. Ogni bambino riceveva una piccola piantina, sceglieva il posto per piantarla, faceva un buco e metteva qualche legnetto o un sasso particolare intorno, una specie di “segnalbero” per ritrovarlo cresciuto un giorno e riconoscerlo. In molte famiglie con un giardino, era invece usanza piantare un albero per ogni nuovo bambino nato.
La Festa degli Alberi (Arbor Day) è nata negli Stati Uniti nel 1872, lo stesso anno in cui fu istituito il primo parco naturale del mondo, quello di Yellowstone. Nella prima edizione furono piantati un milione di alberi nel Nebraska e in altri stati e nei decenni successivi la festa si diffuse in numerosi altri paesi del mondo.
In Italia è arrivata alla fine dell’Ottocento e, pur con periodi di maggiore o minore fortuna, è tuttora celebrata e alla luce delle grandi questioni ambientali tende ad assumere significati sempre più rilevanti. L’essenza della festa, tuttavia, non è cambiata nel tempo, perché il gesto simbolico che ne riassume il senso è, allora come oggi, la piantagione di alberi, coinvolgendo le scuole e, se possibile, tutta la comunità.
In piena new age abbiamo imparato ad abbracciare un albero, non per sbalordire ma in generale è una vera e propria terapia per il mantenimento della salute e del benessere. I vantaggi dell’abbraccio sono sia fisici sia psicologici: abbracciare migliora l’autostima; è una terapia contro la depressione; è un rimedio per alleviare lo stress; contribuisce a vincere l’ansia. I benefici dell’abbraccio sono tanti, anche fisici, per esempio contribuisce a migliorare la salute del cuore, aiuta la memoria e con le radici assorbe le nostre inquietudini.
Nella pienezza della mia maturità dolente sono ancora in cerca delle radici familiari, quelle recise bruscamente di papà che ci ha lasciati troppo presto in difficoltà e dopo di allora c’è stato tanto dolore.
Di mio papà quercia, al quale rivolgo sempre un pensiero: “Come un albero grande e generoso, ora fiorisci lassù dov’è sempre primavera”.