Ancora sui pesticidi
Un convegno-dibattito a Cles e le reazioni ufficiali
La questione dell’utilizzo dei pesticidi salta alla cronaca a intervalli regolari e questa volta è un incontro tenuto dal Comitato al diritto alla salute tenuto a Cles lo scorso 18 marzo a riaprire il dibattito. Nel convegno, dal titolo “Ambiente è Salute: esposizione cronica a pesticidi e danni al DNA umano”, è stata presentata la prima ricerca scientifica su alcuni residenti della Val di Non, che ha suscitato una serie di interventi durante e dopo la serata.
Un primo studio ha illustrato l’azione dei pesticidi sul DNA umano. Tra le varie sostanze utilizzate, ve ne sono alcune capaci di rompere il genoma e alterare la sua riparazione. Queste sostanze non necessariamente causano tumori, ma possono comunque facilitare l’insorgenza delle malattie, così come il fumo passivo e lo smog delle auto.
Nel secondo lavoro la dottoressa Renata Alleva, specialista in scienze dell’alimentazione dell’Istituto Rizzoli di Bologna, ha esposto uno studio compiuto su un gruppo di residenti in Val di Non, un interessante oggetto di indagine per la loro particolare interazione con il territorio, non legata a motivi professionali ma al fatto che risiedono in prossimità di meleti coltivati col metodo della lotta integrata.
La ricerca, in procinto di essere pubblicata sulla rivista scientifica internazionale, Molecular Nutrition & Food Research, rivela che i meccanismi di riparazione del DNA risultano rallentati nelle persone analizzate e che questo comportamento presentava una correlazione con i periodi dell’anno in cui si utilizzano maggiormente i pesticidi.
Durante la serata è intervenuto anche il pediatra Leonardo Pinelli, docente dell’Università di Verona e membro dell’Isde (Associazione Medici per l’Ambiente), esperto in nutrizione vegetariana e vegana, che ha parlato di possibili effetti dell’esposizione dei pesticidi sullo sviluppo dei bambini.
In rappresentanza dei frutticoltori sono intervenuti Alessandro Dalpiaz, direttore dell’Apot, e Gabriele Calligari, presidente Coldiretti Trentino, che hanno difeso la categoria degli agricoltori e attraverso la loro presenza, hanno confermato “la disponibilità dei frutticoltori ad un confronto più aperto e attento sui temi della salute e dell’ambiente”.
Non sono mancate reazioni ufficiali all’incontro. L’assessore provinciale all’Agricoltura Michele Dallapiccola è intervenuto con un comunicato stampa affermando che “il Trentino ha già fatto enormi progressi per garantire un’agricoltura attenta alla salute e alla qualità di vita”. E ha aggiunto che “ciò che è stato esposto dal punto di vista scientifico ha un valore limitato, trattandosi di un reperto scientifico e considerazioni di carattere generale che per essere autorevoli debbono risultare ricomprese in un ambito di indagine epidemiologica”.
Ad onor del vero, va ricordato che uno studio epidemiologico è stato condotto dall’Azienda Sanitaria nel giugno del 2012, che non ha evidenziato una correlazione tra trattamenti chimici e incidenza di tumori in Val di Non. Tuttavia va anche ribadito che la sentenza del Consiglio di Stato del marzo 2013 ha ridimensionato la portata di tale studio, evidenziando che in Trentino vengono ancora utilizzate regolarmente sostanze tossiche come il Glifosate e Clorpirifos. Quest’ultimo, data la sua pericolosità, è stato oggetto di un recente Regolamento europeo che ne abbassa ulteriormente i livelli massimi negli alimenti.
A sostegno delle dichiarazioni dell’assessore è intervenuto anche il Presidente della Provincia Ugo Rossi, assicurando i nonesi che “non sono esposti a rischi per la salute, e che certi messaggi sono esagerazioni, poste in atto da persone che sono dei veri professionisti dell’allarme”. “Nessuno vuole mettere da parte la tematica – ha aggiunto Rossi - e certamente siamo impegnati a fare di più, ma occorre agire con tranquillità e metodo”.
E quindi tutto come prima. La Provincia continua le rilevazioni e intanto prende tempo, mentre i bollettini emanati dalla Fondazione Mach continuano a consigliare agli agricoltori di utilizzare determinate sostanze.
Niente allarmismo si suggerisce. In questo caso però è bene mantenere alta l’attenzione, di modo che di pesticidi si continui a parlare. Perché se i prodotti (mele in primis) sono salubri e non presentano alti livelli di sostanze chimiche, non si può dire lo stesso dei torrenti (rapporto APPA, 2015) o dei terreni (rapporto Greenpeace, 2015) della Val di Non. Vero è che non vi sono ancora studi scientifici tali da provare inequivocabilmente che l’utilizzo massiccio di pesticidi provoca tumori o malattie croniche agli abitanti che ne vengono in contatto in maniera sistematica. Tuttavia iniziano a diventare molti gli studi che dimostrano come queste sostanze penetrino nel terreno alterandolo profondamente. Che l’ambiente non sia immune dagli effetti di queste sostanze è cosa nota, e che l’uomo, abitando in questo ambiente, ne sia a sua volta coinvolto, è logico pensarlo. Date queste elementari riflessioni, forse è il caso di agire più concretamente (biodiversità, varietà resistenti, agrotecnica... vedi articolo di QT, novembre 2015) e smettere di trattare il problema con la solita inerzia.