Segretario PD: “Il nome suo nessun saprà”
Il libretto dell’opera musicata da Puccini “Turandot” narra in tono favolistico di una terribile regina cinese che, nella sua purezza illibata, sottopone gli spasimanti venuti da ogni dove a tre enigmi: se verranno risolti, Turandot si darà al vincitore, se invece i temerari amanti non riusciranno nell’impresa, verranno inesorabilmente passati a fil di spada. Esito finale: nel regno di Turandot scorre solo sangue. Finché arriva l’eroe dal nome sconosciuto che risolve gli enigmi e conquista la regina.
Nel Partito Democratico trentino questo eroe che non si vuole rivelare non è ancora giunto. Rispetto alla favola pucciniana la conquista del partito riguarda sia uomini che donne: ciò non importa, perché tutti finiscono male. Nel regno del PD trentino scorre sempre sangue. Bande rivali, singoli frustrati, inimicizie personali, atavici modi di fare che privilegiano le poltrone rispetto ai contenuti. Inutile perdersi in riflessioni politiche su psicodrammi collettivi degni di uno psicanalista. Gli enigmi rimangono tali.
La generosa disponibilità dell’ultimo cavaliere venuto da lontano (in questo caso da Taio, in Val di Non), Sergio Barbacovi, non ha cambiato di una virgola la situazione generale. Il povero Barbacovi è stato giustiziato dai democratici “ministri del boia” prima ancora che tentasse di risolvere gli enigmi. Avanti il prossimo.
Nel regno del PD trentino scorre solo sangue e non
si intravedono vie di uscita da questa maledizione, perpetrata coscientemente da una classe dirigente - vecchia e nuova - assolutamente inadatta a rappresentare una forza politica di governo. Alla base di tutto c’è il detto “il nemico del mio nemico è mio amico”, una logica distruttiva sotto gli occhi di tutti.
Forse l’eroe sconosciuto in grado di venire a capo della matassa verrà da lontano, da terre al di là dei confini della nostra presunta specificità: sarà un commissario romano per ora senza nome?