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La pianificazione giocosa

Come ridisegnare un rione vivibile con l’aiuto dei bambini

Nel Sieglanger, un rione periferico ad ovest della città, bisognava “modernizzare” un pochino il parco giochi. Elementare, no? Basta incaricare un tecnico dell’ufficio competente, sfogliare i cataloghi di diverse imprese che producono attrezzature e mobili, e il gioco è fatto.

Il quartiere di Sieglanger

Invece no. Abbiamo voluto consultare i veri esperti, cioè i bambini e gli adolescenti: come funziona il piccolo mondo del rione dal loro punto di vista, cosa vogliono, di che hanno bisogno? E siccome i tecnici del verde urbano, di regola, non sanno un granché di indagini sociologiche e pedagogiche, di psicologia dell’adolescenza, ecc., abbiamo incaricato una piccola impresa specializzata in “pianificazione partecipativa”, o per dirlo in altri termini, nel metodo della “pianificazione giocosa”, un metodo sviluppato in Germania.

In che cosa consiste? Elementare, davvero: chiedere ai bambini. E chiederlo in un linguaggio che possano capire, dandogli gli strumenti per poter esprimere le proprie idee, i propri bisogni. Non scriveranno certo saggi di urbanistica. Ma del loro rione, della loro vita quotidiana, sanno un sacco di cose, e con appropriati strumenti sono in grado di disegnare una pianta mozzafiato, possono insegnare cose che da solo non avresti capito. Ti fanno capire cosa gli appare come un deserto pauroso, e cosa un meraviglioso giardino: impressioni che spesso non coincidono con la mappa ufficiale.

Si è incominciato con i piccolissimi dell’asilo nido, invitandoli a segnare, con bandierine di vari colori, i posti dove preferiscono giocare, ed i posti che invece non gli piacciono, che magari gli fanno paura. Stessa cosa con adesivi colorati su una grande mappa. Così, in pochissimo tempo ecco un gruppo di bandierine e adesivi che davano un preciso significato alle diverse zone del parco giochi. Non c’è bisogno di professori di psicologia per chiedere il perché e per capire cosa funziona o no: l’altalena può essere un luogo di paura per i piccoli se i grandi, in mancanza di una zona per giochi più avventurosi, rubano l’altalena ai piccolini. Il recinto con sabbia non è piacevole usarlo quando manca l’ombra. E un po’ d’acqua non guasta mai.

Non chiedono la luna. Gli adolescenti hanno rivendicato non costose attrezzature: sarebbero contenti con l’apertura di un piccolo bosco recintato, vicino al “gioco libero”, un bosco da attrezzare con la propria fantasia. E non darebbero più fastidio ai piccoli. Evidentissimo, ma gli adulti sono troppo complicati per trovare le soluzioni facili.

Questionari nella scuola elementare e media (anche per i genitori) non sono certo una rivoluzione metodologica, ma usare la scuola come risorsa per il ridisegno urbanistico, questo sì.

Poi sono state organizzate anche delle “gite turistiche” del rione, con i piccoli della scuola elementare guidati dai quattordicenni, ed i genitori e i ricercatori in veste di turisti. Per spiegare la vita reale dei giovani, per far capire che anziché adeguare i giovani ai disegni urbanistici, forse sarebbe meglio adeguare i disegni alla vita quotidiana.

Un piccolo esempio. Una strada collega la scuola ad un complesso di appartamenti; quasi tutti i piccoli devono percorrere almeno mezzo chilometro per arrivare a scuola, trasportati dai genitori, con la solita confusione ogni mattino. Sono cretini auto-dipendenti? No, è che la strada non ha marciapiedi ed è pericoloso (o almeno lo credono i genitori, gli unici che usano questa strada) percorrere anche solo 100 metri fino alla fermata dell’autobus, e gli autisti, si sa, non sempre rispettano i limiti di velocità. Così, per evitare i pericoli del traffico, tutti vanno in macchina, creando gli ingorghi del mattino.

Ci sarebbe una soluzione più semplice e meno costosa della costruzione di un marciapiede: aprire un sentiero attraverso i giardini, così tutti andrebbero a scuola a piedi, in modo sano, giocoso, come ai vecchi tempi, quando la strada per andare a scuola era una spedizione avventurosa, socializzante, Ce lo dicono i bambini della scuola media.

Vedremo se, realizzando le loro proposte, saremo all’altezza dei nostri piccoli esperti.

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