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Come si costruisce una città bella e vivibile

La cultura dei concorsi di architettura a Innsbruck

Da due decenni a questa parte a Innsbruck non si costruisce niente senza un preventivo concorso di architettura. E lo si vede. La densità di costruzioni contemporanee di alta qualità è stupenda, il “turismo architettonico” (vedi gli itinerari di architettura contemporanea sul sitowww.aut.cc) è diventato un’industria a parte. Non stiamo parlando solo di grandi opere tipo le stazioni della funivia di Zaha Hadid o del municipio di Dominique Perrault, o della stazione di trasformazione di Ben van Berkel (sì, da noi perfino le grandi infrastrutture comunali sono disegnate in concorsi). Stiamo parlando di scuole, ponti, uffici, grandi condomini dell’edilizia popolare, sia della società edilizia comunale IIG che delle imprese del settore cooperativo. Ma anche gli investitori privati, quando si tratta di nuovi complessi di condomini o di sviluppo urbano, bandiscono dei concorsi, sebbene ciò non sia legalmente obbligatorio. Questa tradizione l’ha iniziata il Grande Costruttore Municipale, il sindaco Herwig van Staa negli anni ‘90, ed è stata conservata scrupolosamente dalle sindache successive, Zach ed Oppitz-Plörer.

Innsbruck, Stazione della funivia, di Zahar Hadid

Da un anno, abbiamo anche il “Gestaltungsbeirat” (comitato consultivo per la qualità architettonica), composto da quattro rinomati architetti (austriaci, svizzeri e tedeschi; due donne e due uomini), che assiste il dipartimento urbanistico e l’autorità competente per le licenze edilizie. Nel suo primo anno, ha giudicato circa cento progetti in 7 sedute, ciascuna di due giorni.

E come facciamo a far bandire concorsi anche alle imprese private? Elementare: siamo una città in forte crescita, su un territorio molto limitato dalla topografia. Il terreno edificabile è un bene scarso, quindi bisogna costruire o più in alto (il che non è sempre possibile per le limitazioni imposte dalla zona di sicurezza dell’aeroporto) o in modo più denso. L’indice di densità è poi stabilito nei piani regolatori, che sono intenzionalmente restrittivi, anche se sappiamo che bisogna aumentare la densità. Quando dunque un costruttore chiede all’urbanistica o di dichiarare edificabile un terreno che non ancora è classificato come tale o di aumentare la densità, cioè il volume ammissibile su un determinato sito, la risposta rituale suona: “Discutiamone, purché prima venga bandito un concorso per stabilire quanto ciò sia possibile, garantendo alta qualità sia architettonica che di sostenibilità e qualità della vita dei futuri inquilini. Dopo di che per il progetto vincente cambiamo il piano regolatore”. Perché con un semplice decreto amministrativo votato in Consiglio, il valore del terreno aumenta, e una parte di questo plusvalore lo vogliamo per la collettività in forma di architettura pregiata.

Ma chiediamo anche altro. Una parte di quel plusvalore creato dal nulla da un’ordinanza comunale, può anche essere restituita in forma di un pezzo di verde urbano pagato dal costruttore, aperto a tutti, di un sito per un asilo-nido comunale a basso prezzo, quasi da terreno non edificabile, o per altre infrastrutture municipali, o in forma di un certo numero di appartamenti sovvenzionati e affittati secondo i criteri dell’edilizia popolare. Chi vuole costruire oltre i limiti restrittivi dei piani vigenti, deve arrangiarsi.

Il socialismo in una sola città? Neanche per sogno. Questa “restituzione” è prevista da leggi cantonali nella Svizzera e dal codice edilizio ed urbanistico tedesco. L’espressione più estrema di questo principio si trova addirittura nella Costituzione bavarese del 1949, quando l’eterno partito di maggioranza, la CSU, era veramente un partito social-cristiano. La Costituzione recita più o meno così: ogni aumento di valore del terreno che non sia il frutto del proprio lavoro o dell’impegno del proprio capitale va restituito alla società. Punto e basta.

Su questo principio, poi, concordano sia gli architetti che gli agenti immobiliari della Camera di Commercio. I proprietari dei terreni e i grandi costruttori devono adeguarsi.

Il comitato consultativo di cui sopra ci aiuta nel formulare i bandi dei concorsi e nelle pratiche amministrative per le licenze edilizie. Un progetto non deve solo rispondere a quanto stabilito dal piano regolatore, bisogna anche che non disturbi gravemente la fisionomia urbana.

La qualità non disturba, la mancanza di qualità disturba, eccome. Qualche costruttore ed il suo architetto il comitato li ha mandati a casa, a ridisegnare i propri progetti; ad altri ha fatto sapere che sarebbe meglio provare con un concorso, poiché il progetto così com’era era una schifezza. Così si costruisce una città bella e vivibile; o almeno ci stiamo provando.