Un museo, la sua anima, due libri
Che cos’è anzitutto un museo se non il patrimonio delle proprie collezioni, spesso frutto del susseguirsi secolare di piccole, grandi donazioni? Il Castello del Buonconsiglio di Trento è noto al grande pubblico principalmente per due aspetti: da una parte l’edificio in sé, con la sua stratificazione secolare di interventi architettonici e decorativi (stucchi, affreschi, elementi scultorei, eccetera); dall’altra la sede espositiva di importanti mostre, tra cui l’ultima, in ordine cronologico, dedicata a Dosso Dossi (in corso fino al 3 novembre, vedi il precedente numero di QT). Eppure il Castello del Buonconsiglio - che non a caso ha come complemento del nome “monumenti e collezioni provinciali” - custodisce importantissimi nuclei di oggetti storico-artistici: dipinti, sculture, stampe, reperti archeologici, medaglie, sigilli, codici miniati e musicali, fotografie e non da ultimo le più diverse forme di arte applicata, dall’ebanisteria ai tessuti. Un patrimonio sorto dal collezionismo erudito-patriottico di fine ‘800 che ha continuato ad arricchirsi grazie ad importanti donazioni e acquisizioni e che meriterebbe di essere conosciuto approfonditamente nella sua complessità, ma sul quale purtroppo non esiste ad oggi una pubblicazione che, in forma aggiornata, lo riassuma anche solo per sommi capi.
Tuttavia, negli ultimi anni, sono uscite alcune pubblicazioni che presentano in chiave monografica alcune di queste collezioni; le ultime due, entrambe edite nel 2013 ma solo recentemente presentate al pubblico, introducono rispettivamente alle raccolte dei bronzetti e quelle fotografiche.
“Bagliori d’antico. Bronzetti al Castello del Buonconsiglio”, a cura di Manfred Leithe-Jasper e Francesca de Gramatica, è un ricco volume di 317 pagine edito dalla Provincia, nel quale viene presentato ogni singolo pezzo di quest’articolata collezione. Aprono il tomo due saggi di Manfred Leithe-Jasper che inquadrano storicamente l’arte del bronzo dal Rinascimento al Barocco e l’utilizzo delle placchette ornate nel Rinascimento.
Il bronzetto, a partire dal Quattrocento, divenne una sorta di status symbol dell’élite intellettuale del tempo, connaturato alla passione per l’arte antica che in quegli anni si andava lentamente riscoprendo e della quale anche il principe vescovo Bernardo Cles era un illustre estimatore. Sono oltre 100 i bronzetti conservati al Buonconsiglio: una raccolta che prende avvio nel 1873 col testamento di Giovanni Battista Zanella, arciprete di Santa Maria Maggiore, nel quale vengono lasciati alle collezioni municipali - poi confluite al Buonconsiglio - anche alcuni vasi di bronzo.
La collezione, le cui vicende storiche sono ripercorse dettagliatamente nel volume da Francesca de Gramatica, è successivamente presentata per aree geografiche: Italia settentrionale, con lavori celebri come quelli realizzati dalla bottega di Vincenzo e Gian Gerolamo Grandi per Bernardo Cles; Italia centrale; Germania e infine Francia, l’area meno documentata dalla collezione, con un solo bronzetto.
Il catalogo, che documenta per la prima volta anche pezzi rimasti fino ad oggi inediti, prende poi in esame due particolari tipologie di manufatti bronzei: da una parte i campanelli, dove nuovamente spicca per qualità la bottega dei Grandi; dall’altra le placchette, un genere a sé che comparve in Italia attorno alla metà del Quattrocento. Concludono il volume un saggio di Manfred Leithe-Jasper sulla tecnica di fusione del bronzo e un’amplia bibliografia.
“Questioni d’immagine. Il Fondo fotografico del Castello del Buonconsiglio: testimonianze e riflessioni”, a cura di Francesca de Gramatica, Francesco Suomela Girardi e Roberta Zuech, introduce alle collezioni fotografiche del Museo e alla duplice natura della fotografia, quella di essere al contempo opera d’arte e documento storico. Il volume si apre con una riflessione sulla fotografia di Angelo Maggi, il cui titolo riprende un’illuminante frase di Lucia Moholy, esponente del Bauhaus: “Le fotografie sono dentro le nostre vite, come le nostre vite sono nelle fotografie”.
Un affondo sulla ricchezza delle raccolte fotografiche del Buonconsiglio è al centro del saggio di Francesco Suomela Girardi. Tale patrimonio, costituito da migliaia di immagini databili tra l’ultimo quarto dell’Ottocento e gli anni Sessanta del Novecento, nasce come archivio personale di Giuseppe Gerola (1877-1938); esso documenta aspetti storico-artistici anche di forte attualità, come la distruzione e il danneggiamento del patrimonio culturale nel corso delle guerra e i successivi restauri, attraverso gli scatti di celebri fotografi trentini, da Giovanni Battista ed Enrico Unterveger ai fratelli Pedrotti.
Proprio il ruolo della fotografia come strumento di tutela e conservazione negli anni di Giuseppe Gerola è il tema approfondito da Laura Dal Prà, la quale evidenzia la complementarietà del fondo fotografico del Buonconsiglio con quello conservato all’Archivio Fotografico Storico della Soprintendenza. Se il patrimonio storico-artistico trentino è per ovvie ragioni il più documentato, non mancano sguardi su città come Verona e Mantova, così come sulla confinante area sudtirolese, presa in esame in catalogo da Leo Andergassen.
Particolarmente suggestivi i quattro contributi incentrati sugli scatti che raffigurano il Castello del Buonconsiglio, affidati a Roberta Zuech - che prende in esame la complessità di tale sottoraccolta, ricca di oltre 2000 immagini -, Emanuela Sesti, la quale tratta della campagna fotografica Alinari del 1905,, che focalizza l’attenzione sugli allestimenti delle sale del castello a inizio Novecento, e infine Franco Marzatico, il quale offre un curioso excursus dell’immagine del Buonconsiglio come icona, dal suo essere simbolo d’italianità al propagandistico utilizzo da parte della Lega Nord in alcuni infelici manifesti del 2007.