Bolzano: una puzza inquietante
Gli effetti di una politica dei rifiuti sbagliata
Un signore bolzanino ha mandato alla redazione di Qt numerose fotografie, che sono state scattate in estate e fino a metà settembre nell’area sottostante Castelfirmiano, dove fino a pochi mesi fa c’è stata per molti anni una baraccopoli di nomadi. Fra ingombranti di vario genere e mucchi di pezzi di cavi elettrici (da cui è stato estratto il rame), vi sono anche rifiuti tossici, amianto e bombole di gas, proiettili (provenienti dal poligono di Monticolo?), batterie d’auto, e molto altro.
Il Nucleo operativo ecologico (NOE)dei carabinieri di Trento ha segnalato la zona alle autorità di Bolzano e della Provincia. Che sono intervenute. Tuttavia le foto sono state scattate dopo che i lavori sono finiti e mostrano che l’area deve essere nuovamente ripulita e soprattutto resa inaccessibile, non solo alle auto, ma anche a chi porta rifiuti a piedi. Da alcune foto scattate prima degli interventi si nota anche la presenza di liquidi. Un funzionario della Provincia ha parlato di “idrocarburi dell’ex azienda del gas”, ma il sospetto è che si tratti di percolati, liquidi provenienti dalla discarica la cui parte principale si trova sopra il castello, ma anche sul terreno dove sorgeva l’insediamento.
Per decenni rifiuti di ogni genere, molti di provenienza industriale sono finiti lassù, senza che sotto sia stato fatto un isolamento. In anni recenti si è lavorato molto e in fretta (lavoro concreto e marketing), ponendo isolamenti sopra l’esistente, per conferirvi i rifiuti della cosiddetta Collina Pasquali, nonostante le indicazioni contrarie dei geologi. Le denunce del proprietario di un maso situato nei paraggi, i cui vigneti venivano bruciati dai percolati, sono state ignorate o ridicolizzate.
In seguito alle osservazioni del NOE, sono stati fatti lavori di drenaggio, con un pozzetto e un po’ di ghiaia, ma ci si chiede se tutto ciò sia sufficiente. Al nostro fotografo è stato impedito di andare oltre da alcuni nomadi che vivono ancora lì in una tenda/baracca.
Questo episodio inquietante è un sintomo, e certo neppure il peggiore, della sciagurata gestione dei rifiuti a Bolzano. Un settore esemplarmente scadente, come dimostrano le strade di Bolzano, da un anno e mezzo piene di rifiuti nonostante la diligenza sorprendente della cittadinanza nel fare la raccolta separata.
Naturalmente ci sono anche gli indisciplinati, e si sa che per tanti anni i comuni “ricicloni” dei dintorni hanno scaricato a Bolzano le loro immondizie, ed è dura perdere le abitudini, ora che sono stati tolti i cassonetti aperti lungo le strade. Le auto arrivano, si fermano davanti alle isole dove stanno i bidoni e buttano lì di tutto. Nelle campane per la plastica, cartone, carta, vetro, finiscono i sacchi di indifferenziata. E le bollette salgono. Il principio del “chi inquina paga”, è stato applicato aumentando le tariffe alle famiglie numerose, ma anche per chi produce un sacchettino ogni due settimane la bolletta ha un costo assurdo.
Il sistema sudtirolese è stretto nella morsa di scelte fatte in passato. Il vecchio inceneritore da 90 mila tonnellate è stato sostituito da uno nuovo da 130 mila. Obiettivo: far soldi con il teleriscaldamento. La Provincia di Durnwalder e dell’allora assessore Laimer hanno preso la decisione e il comune di Bolzano, come al solito, ha detto di sì. Perfino i verdi si sono spaccati: i verdi vincenti sono stati i primi e gli unici al mondo favorevoli a un inceneritore, e contro il principio ambientalista del “no waste, non sprecare, ma recuperare”. Per realizzare la grande opera, è stato acceso un mutuo di 143 milioni, il doppio rispetto alle previsioni. E nel frattempo si è ridotta la quantità di rifiuti da bruciare, nonostante tutti i comuni della provincia conferiscano le loro immondizie all’unico inceneritore.
Chi contestava già molti anni fa le previsioni di crescita esponenziale, non è stato ascoltato. I politici avevano altri obiettivi e non gradivano che la cittadinanza esercitasse il diritto di capire e di partecipare alle decisioni politiche. Ho assistito a penosi momenti in cui professori universitari, ricercatori o medici stimati in tutto il mondo sono stati tacciati di ignoranza dal sindaco di Bolzano (che non è proprio un intellettuale) sulle materie in cui sono esperti, e segnatamente sui costi o sulle conseguenze sulla salute delle emissioni di questi impianti. La Provincia ha pensato solo agli affari e la città ha accettato sul proprio territorio un impianto terribilmente impattante per una località caratterizzata dall’inversione termica per la maggior parte dell’anno.
Poi la Provincia ha ceduto il mutuo ai comuni, ci ha messo di suo 20 milioni, e gli altri 123 sono stati scaricati sui cittadini, 13 milioni l’anno per i prossimi 15 anni. Con la speranza che l’inceneritore faccia affari, teleriscaldando mezza città. Per ora mancano le reti che portano l’energia e il cantiere del nuovo ospedale, che dovrebbe essere raffreddato d’estate, è in alto mare.
L’assurdo inceneritore
Il problema cruciale della politica dei rifiuti del Sudtirolo è che, quanto meglio procede la raccolta separata, tanto meno combustibile ha l’inceneritore. E quindi i conti non tornano. La raccolta separata produce infatti materie seconde sempre più interessanti per il mercato e rende obsoleto il sistema dell’incenerimento.
Oggi quasi tutto può essere recuperato, mentre i rifiuti che escono dal forno sono tanti e tossici e devono finire in discarica speciale. Allora, o si importano rifiuti da altre province, o si bruciano nel forno cose per cui non è stato costruito. Inoltre il nuovo inceneritore ha avuto nel giro di pochissimi mesi diversi gravissimi incidenti, con fuoruscita di nubi inquinanti. A un certo punto i gestori hanno evocato il boicottaggio esterno, un’ipotesi indagata dalla magistratura, ma francamente ridicola e finita in nulla, basata com’era sull’allentamento di alcuni bulloni. All’inizio del 2014 ci sono stati degli abboccamenti fra i due assessori competenti delle province di Trento e Bolzano, per recuperare “combustibile” al di fuori dei confini provinciali, ma giustamente si sono levate voci critiche.
E ora? La politica dei rifiuti ha sistemato in posti ben pagati politici trombati e fatto far soldi ad alcuni, con il solito sistema che il pubblico paga e il privato guadagna.
La raccolta separata, introdotta finalmente nel capoluogo, prevede la raccolta dell’umido separato dal residuo. L’obiettivo è di avere combustibile adeguato al megainceneritore. A quest’ultimo però vengono conferiti rifiuti provenienti da tutta la provincia, e molti comuni non prevedono la separazione dell’umido. Il successo della raccolta separata a Bolzano città è stata una piacevole sorpresa. Un po’ la crisi e un po’ il senso civico.
Ma a che serve? Gli abitanti di Bolzano pagano gli errori dei politici, con le bollette sottratte a ogni principio di responsabilità individuale, e pagano con la loro salute, con la diossina se la temperatura è bassa e con le nano particelle cancerogene quando è alta. Funzionari e politici si indignano quando si mette in dubbio la superiorità del loro bel giocattolo, ma Bolzano e i dintorni la domenica sera puzzano di plastica bruciata.
Puzza ovunque, non solo in una via o un quartiere. Gli amministratori cercano di mettere i quartieri uno contro l’altro, fingendo che l’aria non si muova. Ma la sera di domenica, e sempre più spesso anche in altri giorni, puzza Settequerce, via Duca d’Aosta e Oltrisarco, San Giacomo e piazza Walther. Di plastica bruciata. E qualche volta di catrame. Eppure l’inceneritore di Bolzano, ha detto un tecnico a tal proposito ufficialmente interpellato, non è adatto a bruciare la plastica.
Per molti anni ho avuto a che fare con Adriano Rizzoli e Simonetta Gabrielli di Nimby Trentino. A chi di noi cercava di proporre alternative all’inceneritore e di mettere in luce i problemi di questo sistema primitivo di eliminazione “visiva” dei rifiuti, hanno offerto aiuto disinteressato e generoso, in sapere, presenza, collaborazione, stimolo. Ai lettori e alle lettrici che abitano in Trentino vorrei dire che sono stati fortunati ad avere due persone come loro - naturalmente insieme a tanti altri - che hanno saputo piegare le avidità dei politici all’interesse generale e che, con coraggio, tenacia, sacrificio personale, con un vero movimento di popolo e perfino con un digiuno a staffetta durato anni, hanno fatto sì che la provincia di Trento, a differenza di quella di Bolzano, abbia adottato una politica dei rifiuti capace di futuro.