Niente aula per Rostagno
Ora che la sua condizione di vittima della mafia è stata sancita giudiziariamente, si è acceso anche a Trento un dibattito sulla figura di Mauro Rostagno. Un dibattito che poteva concentrarsi su molti aspetti della vita e dell’azione politica di un personaggio che è stato al centro di alcuni nodi critici della recente storia italiana, come il movimento del 1968 e la lotta alla mafia. E che invece ha perso un’occasione ed è scaduto nel più banale provincialismo.
La questione del contendere è la proposta di intitolargli ufficialmente un’aula dell’Ateneo, nella facoltà di sociologia, dove Rostagno fu studente e leader della contestazione proprio alla fine degli anni ‘60. La proposta è stata avanzata poco dopo la sentenza della Corte di Assise di Trapani che, dopo 25 anni, ha condannato gli autori dell’omicidio e indicato il mandante nel boss mafioso Messina Denaro. A farlo è stato Marco Boato, notabile politico da molte generazioni e vicino a Rostagno quando era un giovane militante studentesco cattolico durante le contestazioni.
La risposta dell’istituzione universitaria è stata netta, ed è arrivata in principio dalla rettrice, Daria De Pretis, che pur riconoscendo la significatività della figura di Rostagno, ha ritenuto che intitolargli un’aula fosse inopportuno, in quanto Rostagno è stato un contestatore di “riti e consuetudini accademiche” ed egli stesso “sarebbe stato il primo a contestare questa decisione”. A farle eco il direttore del dipartimento di Sociologia, prof. Giuseppe Sciortino, che opera un’improbabile scissione tra il Rostagno figura “italiana”, cioè un sociologo e giornalista impegnato in lotte cruciali, e il Rostagno “trentino”, semplice contestatore. Come se l’esperienza di militanza politica non avesse costituito una tappa basilare nella formazione di una figura significativa nella storia italiana. Se non fosse bastato, Sciortino arriva a proporre che sarebbe invece felice di accettare dalla famiglia o dagli amici il finanziamento di una borsa di studio che onori la memoria di Rostagno.
Lo si può dire chiaramente: per quanto accettare la proposta sarebbe stato un segno di apertura, che esista o non esista un’aula ufficialmente intitolata a Rostagno nell’Università di Trento non è questione che cambia la vita di molti. A rattristare sono però le motivazioni addotte dalle figure istituzionali dell’Ateneo, che indicano qual è il discrimine nella valutazione del valore che un individuo ha per l’Università: la forma più che la sostanza, l’adeguamento a “riti e consuetudini” più che l’impegno nell’individuare e cercare di cambiare ciò che nella nostra società non funziona. Una posizione profondamente conservatrice, per cui chi contesta, chi propone idee altre, è da considerare un fastidioso estraneo, se non un nemico. Con il che l’Università denigra se stessa, la propria funzione di laboratorio sociale e politico, e rinnega lo stesso circuito della conoscenza, che procede più spesso per confutazioni che non per assensi. Oltretutto dimenticando che 26 anni fa fu lo stesso Ateneo trentino a celebrare ufficialmente il ventennale del ‘68 con ospite d’onore proprio Rostagno; e che oggi nella sostanza un’aula Rostagno esiste già, gestita dal collettivo studentesco nel sotterraneo di sociologia, proponente ogni anno varie iniziative, riconoscibile e riconosciuta su tutti i piani tranne quello formale.
Non resta che augurarsi che la famiglia Rostagno accolga la proposta di istituire una borsa di studio. A patto che sia riservata ai soli studenti contestatori.