Trento città aperta?
È questa la domanda, rosselliniana o forse pasoliniana, che gli studenti dell’Unione degli Universitari (UdU) e di StazioneFuturo hanno posto alla cittadinanza e all’amministrazione ai primi di maggio, durante un interessante laboratorio cittadino organizzato presso il Centro Teatro comunale di via degli Olmi. Già da qualche tempo le due associazioni (la prima di studenti universitari, la seconda di studenti medi) animano la discussione sulla città di Trento, i suoi spazi e le possibilità da essa offerte; un dibattito peraltro lanciato dalle pagine del nostro giornale nel numero di febbraio.
Già ad aprile i giovani di Sinistra Ecologia e Libertà di Trento avevano affrontato la questione, organizzando un dibattito sulla qualità degli spazi urbani; e già allora erano emersi temi interessanti: dal pericolo di creare “riserve” del divertimento, isolate e quindi controllate (nel senso più negativo del termine), alla consapevolezza che la città, in fin dei conti, è una sola; dall’atteggiamento deplorevole dei media locali, concentrati a inseguire i comitati di quartiere e mai ad ampliare il ragionamento, alla percezione — talvolta distorta — della sicurezza pubblica; dalle difficoltà dell’amministrazione comunale nell’accettare i percorsi di partecipazione non istituzionali a quella della città nel superare le lacerazioni del ‘68. All’ombra, appunto, della città di Trento, con le sue pulsioni e le sue nevrosi, con i suoi spazi e la sua urbanistica, con i suoi stimoli ed i suoi limiti. E attraverso un’esigenza comune: quella di fare rete per scongiurare i rischi di una potenziale strategia del divide et impera da parte del Comune e per condividere le regole del gioco.
Il laboratorio cittadino è andato proprio in questa direzione, analizzando quattro temi (eventi, regole, spazi e comunicazione) e preparando un documento critico che verrà presentato al sindaco (peraltro presente durante la prima mezz’ora). A breve, dunque, novità in merito.