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QT n. 3, marzo 2013 L’editoriale

O si cambia o si muore

Maradona è apparso a Napoli, la città è nel caos. Beppe Grillo si abbatte sul voto, l’Italia è in pieno marasma politico. Occorre forse paragonare lo tsunami provocato dal Movimento 5 Stelle a qualche evento calcistico capace di mobilitare milioni di persone in un’onda collettiva capace di travolgere tutto. A lungo si ricorderà il voto sotto la neve del febbraio 2013. Gli storici e gli psicologi sociali discetteranno sull’animo profondo del popolo italiano, capace di seguire fino alla morte politica e oltre un Berlusconi ormai sepolto da se stesso ma risuscitato dalla forza mediatica delle sue promesse e dei suoi lazzi a sfondo sessuale che piacciono a più del 20% degli italiani.

Grillo è il secondo fenomeno imprevedibile di queste elezioni. Tutti erano convinti di un suo successo, nessuno (probabilmente neppure i suoi) aveva ipotizzato le dimensioni della valanga. “Piazze piene urne vuote” era il motto irresponsabile di chi gli aveva lasciato un vuoto spaventoso da riempire. Senza soldi, col web e i comizi, con una capacità intuitiva e di mobilitazione senza precedenti, Grillo diventa il primo partito. Un movimento di cittadini, di gente pulita, con idee innovative, entusiasmo e freschezza cambia faccia al Parlamento e alla politica. Potremmo festeggiare questo. Così però non può essere, perché il grillismo è tecnicamente autoritario e non democratico. Le consultazioni on line, a prima vista il trionfo della partecipazione diretta, sono invece tutt’altro che strumenti di elaborazione di idee e di proposte, la cui strategia di fondo viene decisa altrove. Come leggere altrimenti le dichiarazioni di un personaggio che esclude qualsiasi alleanza, qualsiasi dialogo con chi non la pensa come lui: “Vieni nel Movimento”, è lo slogan. Che significa uscire dalla democrazia e avviarsi verso il partito unico, il leader unico. Fuori ci sono i nemici, dentro la verità. Autarchia nei numeri, nei seggi alle Camere, nella propria forza. Autarchia dall’Europa, dalla globalizzazione, dall’evolversi della storia. Qui sta la contraddizione più grande di Grillo: il massimo dell’innovazione della proposta politica con il richiamo e il riflesso incondizionato per rivoluzioni pericolose e ambigue, con l’eventualità di scossoni deleteri per il fragilissimo impianto istituzionale del Paese. Vedremo se 5 Stelle riuscirà a superare questo dissidio.

La sinistra vince alla Camera e prevale di poco al Senato: numeri in realtà peggio di una sconfitta. Il PD esce distrutto dal voto. Va dato atto a Renzi di aver compreso prima di altri la situazione, ora capiamo che la sua rottamazione era esagerata per difetto. Il cuore dell’Italia aveva bisogno di molto altro, non della tranquillità soporifera o dell’usato sicuro di Bersani, che pure in un Paese normale (Hollande dimostra) poteva risultare vincente: ma il peso della nomenclatura, la rigidità di un decrepito modo di fare politica, l’incapacità di cogliere l’esasperazione dei cittadini contro la Casta consegna al futuro un PD da rifondare in una sinistra ormai catastroficamente lontana dal popolo (disastroso il risultato di Ingroia, pessimo Vendola). Un’altra contraddizione emerge pesantissima: sulle spalle di questo PD, di questa sinistra incombe il macigno della gestione dei prossimi mesi (in un Paese normale avrebbe meritato 5 anni di opposizione). E invece dovrà traghettare la zattera dei naufraghi verso un destino ignoto, con l’eventualità di un inabissamento generale in seguito allo tsunami di Grillo. Dovrà tentare la formazione di un governo (di transizione? di scopo? di salvezza nazionale? Oppure per suonare il requiem alla democrazia?), dovrà eleggere il Presidente della Repubblica e reggere l’urto della crisi economica. L’Italia attraverserà settimane convulse. Impossibile dire come ne uscirà; ma nuove elezioni ci attendono ben presto.

Fallisce miseramente il progetto di Monti. Anzi, il suo velleitarismo è una causa della situazione attuale. Fallisce il centro politico e questo, se fossimo in una democrazia decente, potrebbe essere un segno di maturità. Fallisce pure una visione economica vecchissima seppur autorevole, certamente responsabile, ma prigioniera della logica dei mercati, delle banche, dei dogmi liberisti che hanno già ucciso la Grecia. Fallisce un modello, senza che ce ne siano altri a sostituirlo.

Fallisce dappertutto, ma non in Trentino. Dove pesa la presenza, debordante di debito pubblico di Dellai, percepito come la figura salvifica della Provincia, colui che “può difenderci” (se pensiamo al successo di Panizza e della SVP che elegge il trentino Ottobre, capiamo l’en plein autonomista, peraltro quasi cercato dal PD), il “nostro leader” anche da Roma. Una tentazione in più per il PD trentino che, in vista delle provinciali di ottobre, potrebbe rilanciare la sua perdente ma tranquilla “vocazione minoritaria”. Ma questa volta o si cambia tutto in sei mesi o si muore per davvero.

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Commenti (3)

Silvano Bert

Ho settant'anni, sono nato che Mussolini era al governo. Ero piccolo quando abbiamo approvato la Costituzione che ancora, a fatica, ci tiene insieme.
I risultati delle elezioni, in una democrazia (per quanto sofferente come la nostra di questi anni), non li ho mai attribuiti agli errori o ai colpi di genio dei leaders in campagna elettorale. Sarebbe una spiegazione troppo comoda, e facile sarebbe il rimedio.
Il risultato del voto ci parla, nella crisi economica, sociale, culturale, e religiosa che stiamo attraversando, di SOFFERENZA della POLITICA. Cioè di noi, in quanto esistiamo al plurale. Capaci di conflitti e di mediazioni.
Per attraversare il deserto occorre mobilitare non i migliori fra noi, ma la parte migliore di ognuno di noi. La traversata sarà lunga, ma ce la possiamo fare. Dobbiamo affidarci però non alle invettive, ma alla "conversazione".
Lo sapeva già Giacomo Leopardi. Vi consiglio il forum "La Chiesa fra Trento e Roma" sul sito www.politicaresponsabile.it
E ' un contributo.
Silvano Bert

lodovico

Concordo con questo articolo. Soprattutto con l'ultima riga. Credo, però, che il PD trentino non abbia compreso quanto accaduto alle ultime elezioni. Infatti si è chiuso nelle sue stanze per discutere del prossimo presidente della giunta provinciale anzichè, ad esempio, fare delle proposte sulla soluzione del problema Subaru Italia, o Gallox o, magari, per La.Vis. Continua come prima dello tsunami e mi dispiace molto

Carlo

Complimenti! Davvero molto bello questo editoriale... lucido, conciso, hai letto molto bene la realtà... almeno quella che vedo anch'io...
Nella campagna elettorale del pd ci sono stati tanti di quegli errori da far paura! Come tutti hanno notato negli ultimi 10 giorni Bersani è completamente sparito... surclassato da tutti gli altri, primo fra tutti Grillo e poi Berlusconi! Non è sparito fisicamente dalla televisione o dai giornali, c'era eccome... però nessuno notava! Era insignificante-indifferente! Il suo modo di parlare incomprensibile per la maggior parte delle persone... Bersani è diventato l'alter ego dell'imitazione di Crozza, destino simile del povero Ingroia... letteralmente spazzato via che dà la colpa a Crozza e alla sua imitazione... ma l'imitazione era talmente ben fatta che dovrebbe dare la colpa a se stesso! Perché dare la colpa allo specchio?
Adesso stiamo a vedere, lo spettacolo è appena iniziato! Speriamo di non farci troppo male!
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