Scena madre
Danze di vita famigliare
Capita da sempre che i genitori proiettino sui figli le loro aspirazioni e i loro desideri, spesso travisandone le reali inclinazioni, ma quello che è avvenuto per la creazione di “Scena Madre”, spettacolo presentato a Rovereto nell’ambito della stagione teatrale, è un totale ribaltimento di prospettiva: un piccolo miracolo di immedesimazione di una madre nella vita reale della figlia, fatta di passione e di totale dedizione alla danza. Se la figlia poi è una danzatrice del calibro di Antonella Bertoni, l’effetto non poteva essere che straordinario nella sua assoluta ordinarietà.
“Verresti in scena con me?”, ha chiesto Antonella alla madre Paola, e lei con coraggio ha accettato, scegliendo di tornare a giocare - forse anche per riconciliarsi- con una figlia ormai cresciuta. Il rischio di cadere nella riproposizione stereotipata di un rapporto d’amore e odio tra genitori e figli c’era ma, grazie anche all’abile mediazione registica di Michele Abbondanza, è stato ironicamente aggirato, senza peraltro tralasciare qualche accenno ad alcuni momenti salienti nella vita delle due interpreti. Primo fra tutti quello alla ginnastica ritmica che, fin dall’inizio dello spettacolo, diventa terreno di incontro e, allo stesso tempo, scontro tra le protagoniste. Sulla scia degli interessi materni, la carriera di Antonella comincia infatti in palestra, dove apprende il rigore e la perfezione tecnica che la porteranno prima a far parte della nazionale di ginnastica ritmica e poi a diventare danzatrice professionista. Dalla ginnastica alla danza in realtà il passo è lungo e probabilmente inizialmente frenato dalla frustrazione e dalla delusione della mamma ginnasta che, nella trasposizione scenica, si ritrova sola con la palla in mano. Quel cordone ombelicale così importante nella simbologia dell’intero spettacolo viene reciso per la prima volta dalla decisione della figlia di abbandonare le orme materne per seguire la propria strada, ma torna poi a riunire le due interpreti nella narrazione di altri momenti importanti della loro vita, dai più aulici ai più quotidiani: a seconda dell’occasione il cordone diventa infatti laccio, elastico per capelli, appoggio per stendere i panni o filo elettrico per stirarli. Invenzioni sceniche semplici ma efficaci, oggetti d’uso comune che diventano metafora di un’intera esistenza: spiccano in particolare la lavatrice sul fondo del palcoscenico e il bollitore sul proscenio, che dall’inizio della rappresentazione avvolge anche la platea in una nebbia che al tempo stesso cela e rivela i rapporti che intercorrono tra le protagoniste.
L’effetto del confronto in scena tra due presenze così diverse è forte e per certi versi straniante, ma diventa intensamente poetico nei numerosi, insoliti momenti di unione tra madre e figlia (dai lievi contatti delle mani e dei piedi, all’indissolubile intreccio di corpi roteanti sul pavimento). Antonella riempie a tratti la scena di danze frenetiche, che spesso rimangono volutamente sullo sfondo per lasciare spazio alla figura ieratica e ingombrante della madre. Paola a sua volta sembra perfettamente a suo agio sul palcoscenico, a tal punto da arrivare a cercare lo scherzo e il dialogo diretto con il pubblico in sala, come nel momento del brindisi con la tazza di the. I gesti quotidiani di ogni mamma (lavare i panni, stenderli, stirarli, preparare il pranzo, apparecchiare, mangiare insieme, vestire i figli, pettinarli, accompagnarli...) si riempiono in scena di significati altri, esaltati da una luce diafana che illumina e purifica ogni movimento, dai più semplici ai più sacrali, in primis quelli che mimano nascita e morte, nonché il commovente abbraccio finale.
Fin dai suoi primissimi esordi la danza contemporanea si è nutrita di gesti prelevati dalla quotidianità, e pure il confronto tra genitori e figli non è un esperimento finora intentato (ricordiamo, a titolo d’esempio, il duetto tra Vrgilio Sieni e il padre Fosco presentato qualche anno fa nell’ambito di “Drodesera”); quello che più colpisce negli ultimi lavori della compagnia Abbondanza/Bertoni è però la volontà di mettersi davvero in ascolto di alcuni interpreti “speciali” (oltre alla signora Paola, anche Patrizia Birolo, coopratogonista de “Le fumatrici di pecore”, o i bambini interpreti del “Ballo del qua”), lasciandoli liberi di ricercare ed esprimere il proprio movimento senza tentare di plasmarlo ma tutt’al più di ricomporlo in forme teatrali. Anche in “Scena Madre” l’effetto che scaturisce da tale insolito incontro è comunque coinvolgente e il pubblico - formato per lo più da mamme e figlie! - esce dalla sala diviso nelle opinioni ma sicuramente non indifferente a tale prezioso racconto di esibita intimità.
E per chi volesse sperimentare direttamente sulla propria pelle lo straordinario effetto di danzare insieme ai propri famigliari (anche se in forme decisamente meno professionali), segnaliamo il progetto “Danze di Vita Quotidiana”, percorso di danza comunitaria ideato da Franca Zagatti per il Centro Internazionale della Danza di Rovereto, che prosegue nei prossimi mesi con tre appuntamenti aperti a tutti gli interessati, dai 6 ai 90 anni.