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QT n. 2, febbraio 2013 Monitor: Libri

Alla ricerca di un altro comunismo: saggi sulla sinistra italiana

Comunismo e modernità: gli scritti di Lucio Magri. Lucio Magri. A cura di Luciana Castellina, Famiano Crucianelli, Aldo Garzia. Prefazione di Luciana Castellina. Milano, Il Saggiatore, 2012, pp. 274, € 18,50.

Lucio Magri ha avuto i suoi ultimi titoli di giornale a fine novembre 2011, quando si è sparsa la voce della sua “morte volontaria assistita” in una clinica della Svizzera italiana. Fino all’ultimo Magri è stato un comunista illuminista, ha spinto l’uso della ragione fino alle sue estreme conseguenze personali, facendone l’elemento determinante anche della sua stessa individualità.

Così era anche il pensatore politico Magri, transitato dalla Gioventù Democristiana di Bergamo a Rifondazione Comunista, passando - ed è la parte più importante della sua storia - per la sinistra comunista ingraiana degli anni ‘60, e per la fondazione de Il Manifesto: “La sua riflessione teorica - ha ricordato Perry Anderson sulla New Left Review - si è radicata realmente nell’azione, o nella mancanza di azione, degli sfruttati e degli oppressi. Questa impostazione fu consueta per la generazione di Gramsci, del primo Lukács e di Korsch, testimoni della Rivoluzione russa, ma essa risultava del tutto sconosciuta nel periodo della guerra fredda, quando Magri entrò in politica”.

Il suo pensiero è sparso in scritti comparsi su riviste teoriche e sul quotidiano che ha contribuito a fondare, in qualche libro degli anni ‘60-’70, e nella autobiografia “Il sarto di Ulm”, uscita poco prima della sua fine (Saggiatore 2009): un bilancio politico finale. A fine 2012 è stata proposta - sempre da il Saggiatore - una utilissima antologia degli scritti più importanti, curata dalla sua compagna degli anni del Manifesto, Luciana Castellina, intitolata “Alla ricerca di un altro comunismo”.

Scorrerne le pagine significa immergersi - ma con il senno di poi - nel dibattito della miglior sinistra italiana, che guidata da un raziocinio illuministico legava prospettive strategiche e scelte tattiche, ispirata ad una ideologia della “via italiana al socialismo” che se sullo sfondo indubbiamente c’era (con qualche sua sfumatura teleologica), non soffocava affatto la vera ricerca di soluzioni concrete a problemi concreti, e che è stata una delle colonne portanti del meglio della Prima Repubblica (sì, non c’è stato solo il peggio) e della democrazia italiana.

Questi scritti partono dalla riflessione sul boom economico degli anni Sessanta, che nella lettura di Magri è l’esplosione di una matura modernità italiana. Magri la osserva perfettamente dall’interno, con una sintonia che potremmo definire da “osservazione partecipata”, senza la diffidenza nutrita invece dalla destra comunista di Amendola e Napolitano, che insistevano ancora sul tema dell’arretratezza. È proprio questo tema della modernità che traccia il solco fra destra e sinistra comunista.

Per Magri e per il gruppo ingraiano (quello che poi, senza Ingrao, sarebbe stato radiato dal Partito Comunista per aver espresso una condanna senza appello della invasione sovietica della Cecoslovacchia su Il Manifesto, allora ancora rivista interna al partito), la modernità apre occasioni inedite anche per la sinistra, nel maturare di nuove figure sociali, come l’operaio-massa della grande fabbrica fordista e lo studente proletarizzato della scuola per tutti, portatori di istanze non più solo economicistiche, ma immediatamente politiche: soggetti che esprimono una richiesta di democrazia radicale e nuovo modello di sviluppo (anche se l’espressione è successiva, degli anni ‘70) che esploderà poi effettivamente con il ‘68 studentesco e con i consigli di fabbrica dell’autunno caldo.

Insomma, ecco un libro per meditare sulle occasioni perse, sul soffocamento di una modernità in Italia appena intravista per pochi anni, e quindi soprattutto sul presente.

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