Operai e quartiere chic
La società immobiliare Iniziative Urbane acquisì l’area dello stabilimento Michelin in riva al fiume grazie alla generosa rinuncia da parte del Comune di Trento, o meglio dell’allora sindaco Lorenzo Dellai, che presentò l’operazione come sinergia tra il pubblico e il “privato non speculativo” (Isa, Itas e soci...) Fu allora che al “privato non speculativo” i sindacati rivolsero l’appello di prevedere tra le nuove realizzazioni un piccolo museo che ricordasse gli operai della più importante fabbrica della città, la loro vita, il loro lavoro, le loro lotte. Non ci fu risposta. Quando le ruspe iniziarono ad abbattere gli opifici, chiesero che un capannone, o un pezzo di esso, fosse preservato, come memoria di quegli uomini e di quegli anni. Fu risposto di no.
Quando Renzo Piano iniziò a progettare il nuovo quartiere, ai sindacati si aggiunse un gruppo di ex-operai e loro parenti, in particolare i familiari del sindacalista Luigi Mattei: chiesero all’architetto di prevedere nell’ampio progetto un frammento, che fungesse da ricordo di quella storia. La risposta fu ancora no.
E così siamo arrivati ai nostri giorni. In Consiglio Comunale è arrivata la proposta della Commissione toponomastica, che dopo arduo lavoro, presenta una serie di denominazioni per le vie del nuovo quartiere, nel frattempo ridenominato Le Albere. Tra di esse, a pallido ricordo di quelle persone, una Piazza delle Donne operaie e un Viale dello Statuto dei Lavoratori. Poco, ma meglio di niente.
Ma troppo per i nostri esponenti di destra. Contro queste due denominazioni si scagliano i rappresentanti del Pdl, arrivando a stigmatizzare come incongrue denominazioni che ricordino Operaie e Lavoratori (e il relativo Statuto, oggi da destra molto contestato) in un quartiere che si vorrebbe signorile.
Che dire? Motivazione peggio che classista, vagamente razzista? Sì, ma questa è la destra che ci meritiamo.
Purtroppo ci meritiamo anche una sinistra alla stessa altezza. Infatti mentre il consigliere Porta della Federazione della Sinistra solitario tiene duro, il Pd - di gran lunga il maggior partito in Consiglio - che fa? Ribatte, contesta, ma alla fine arriva a un “compromesso”. Di che tipo? Scompaiono le Donne Operaie, sostituite dalle Donne Lavoratrici, così che anche l’avvocatessa o l’architetta che abitasse nei signorili appartamenti possa riconoscersi; scompare lo Statuto dei Lavoratori (per ora solo dalle vie di Trento, in attesa che scompaia dalla legislazione italiana) sostituito da un meno conflittuale Corso del Lavoro e della Scienza che potrebbe benissimo essere una strada dell’Eur littorio. In compenso nel quartiere non mancano i nomi degli industriali: innanzitutto dei padroni Michelin, cui viene intitolato il Parco (non volete forse preservarne il ricordo?) e poi di Adriano Olivetti, che per quanto in odore di progressismo, era un industriale, e quindi ammesso nel quartiere “bene”.
Ma questo è un “compromesso”? - viene chiesto ai consiglieri di sinistra - Sembra piuttosto una calata di braghe totale.
“Eh, non è così semplice - rispondono gli sventurati - quelli di destra avevano pronti 300 emendamenti, trecento!”
Insomma, tener duro avrebbe significato arrivare fino a mattina. Ohibò. E allora, avanti con il “compromesso”.
Tanto, degli operai e delle loro famiglie che patetiche vorrebbero ricordarli, chi se ne frega?