Fassa: albergatori alla frutta
E per riprendersi invocano i soliti interventi: nuove strade e nuovi collegamenti
Si è tenuta l’assemblea degli albergatori di Fassa e per la prima volta il loro pianto ha qualche fondamento. Sembra che il calo delle presenze si attesti fra il 15% e il 30%. Le responsabilità di un simile crollo certo vanno addossate alla crisi economica, ma anche alla burocrazia, alle tasse, e alle condizioni meteorologiche.
Come recuperare presenze? si chiedono gli abergatori. Certo con maggiori eventi culturali e sportivi, ma specialmente servono nuove strade, quindi circonvallazioni: Soraga, Pozza di Fassa, Campitello, Canazei. E nuovi collegamenti oltre a quelli già previsti in Canazei: Ciampiedè-Buffaure e la follia Soraga-passo di Costalunga.
Non c’è stata alcuna riflessione su come questa crisi stia demolendo i risparmi dei lavoratori dipendenti, sulle tante imprese che in tutto il Nord Italia stanno chiudendo lasciando senza lavoro decine di migliaia di operai, sul fatto che i giovani debbano campare di precariato. Ancora una volta la categoria ci presenta il suo tradizionale volto egoistico, un atteggiamento quasi aggressivo verso l’ente pubblico che a loro dire dovrebbe lavorare esclusivamente “per una economia che costruisce il 9% del PIL della Provincia”.
Il dibattito, dal punto di vista culturale e sociale, è stato desolante. Non un sussulto nella ricerca di nuovi indirizzi, nella attenzione verso i lavoratori del settore, sempre più dequalificati e demotivati, costretti ancora oggi ad orari e turni. L’assemblea ha ripetuto gli schemi impostati all’inizio dello sviluppo della valle, cinquant’anni fa, quando si impostavano gli errori che hanno portato Fassa a subire uno sconvolgimento culturale e paesaggistico oggi irrecuperabile, con una popolazione di novemila abitanti che deve gestire sessantamila posti letto distribuiti fra alberghi e seconde case. Gli albergatori nemmeno vengono sfiorati dall’idea che certo turismo di massa oggi non trovi più mercato perché la classe media è stata privata di redditi certi, o perché il popolo degli sciatori continua ad invecchiare e ad essere sempre più ristretto, anche per i costi della attività sportiva.
La ricetta degli albergatori per risolvere la crisi è rimasta quella di cinquant’anni fa: ancora strade, circonvallazioni pesanti, possibilmente in galleria per non intaccare quel poco di paesaggio integro rimasto nel fondovalle. E per la mobilità alternativa si lanciano nuovi collegamenti: dal Centro Fassa verso Buffaure-Jumela, impianti sempre più in crisi, e verso il Catinaccio. Ma la vera assurdità riguarda la proposta di collegare Moena e Soraga con un lungo impianto senza piste al Passo di Costalunga. Se non si fa questo impianto, dicono gli albergatori di Moena, il paese è destinato alla decadenza. E si aggiunge la solita litania, sempre opportuna per ottenere contributi provinciali, degli impianti di risalita visti come mobilità alternativa all’auto (ricordate Val Jumela?).
Il mondo degli albergatori di Fassa rifiuta la lettura della realtà. Già oggi le amministrazioni locali investono migliaia di euro ogni anno per rifare arredi urbani, per costruire occasioni di incontro culturale destinato agli ospiti, per sostenere costosissime e discutibili manifestazioni sportive, tanto da mantenere nei bilanci deficit che dovrebbero preoccupare. E invece non parlano di qualità dei servizi: se ai loro figli stiano offrendo un futuro, se questo turismo trovi ancora risposte, se i servizi, dai trasporti fino al tema della salute o se il sostegno agli anziani sia adeguato. La categoria si limita a guardare se stessa, definendosi vittima del sistema. La cultura autoreferenziale si è fatta carne. Si è riscontrato solo un minimo accenno al problema del lavoro: è stato il presidente provinciale dell’ASAT Luca Libardi a rilevare che “si pensa ancora che il lavoro in albergo sia un lavoro di seconda categoria”. Ma non c’è stata risposta all’interessante tema. E nemmeno ci si è chiesti cosa stia facendo l’associazione per imporre una diversa visione del lavoro, basata sulla qualità, sulla professionalità, sull’incremento della formazione e specialmente sulla fedeltà del lavoratore alla propria azienda. Rispondere con i fatti a queste domande e a cosa veramente chieda oggi l’ospite probabilmente aiuterebbe ad avviare il lavoro di revisione del ruolo dell’albergatore nella intera società trentina.