Daniele Silvestri
Lo spettacolo che non ti aspetti
È probabilmente una delle cose più divertenti e interessanti, di solito riservata ad addetti ai lavori, giornalisti e altri pochi eletti, quella di essere ammessi a curiosare in ciò che succede nel backstage di un concerto. Stavolta invece è tutto sul palco: computer, bicchieri, segreteria telefonica, scaletta dei pezzi, lavagna e anche un bagno (all’occorrenza). E gli strumenti. E poi Daniele Silvestri, l’amico cantautore Pino Marino e come sempre la band de “I Soliti Noti”, a preparare i pezzi per il concerto al S. Chiara. Così le prove si fanno spettacolo: i brani di Silvestri, tanti dall’ultimo album e qualcuno dei vecchi successi (dalla “Paranza” a “Salirò”), qualche brano di Pino Marino dalla vena poetica surreale e ironica, i messaggi in segreteria del manager che sbaglia continuamente strada. C’è spazio per l’improvvisazione, tutto è spontaneo e vien da pensare che non sia una messa in scena, che davvero le prove di Silvestri e dei musicisti che lo accompagnano siano sempre così, scanzonate e allegre, con qualche imprevisto e molta ironia. Qualche battuta sulla neve di Roma e su Alemanno, su quella che non c’è in Trentino, sul pienone che ci sarà all’imminente concerto (vista la sala con parecchi posti vuoti qualcuno ha anche battuto le mani) e poi le ultime canzoni messe in scaletta, che sono l’occasione per una riflessione sulla situazione dell’Italia (“Io non mi sento italiano”, omaggio a Giorgio Gaber, “Precario è il mondo”, “Questo paese”) e per ricordare le stragi di mafia (“L’appello”, dedicato a Paolo Borsellino e a suo fratello). Silvestri non delude mai, anche perché lavora con professionisti di alto livello: i suoi musicisti in primis, oltre che lui stesso, ma anche tutti i tecnici (e merito soprattutto a Camilla Ferrari, che ha curato le luci in maniera impeccabile e originale). Pino Marino, onnipresente in scena a dispetto del suo ruolo un po’ accessorio, più che altro utile a Silvestri per condividere il filo dello spettacolo, si è rivelato una piacevole scoperta musicale. Chi invece si aspettava l’energia che solitamente caratterizza i concerti di Silvestri è forse rimasto un po’ deluso, a saltellare impacciato sulla sedia, ma l’intenzione dello spettacolo evidentemente non era questa.
Alla fine le prove terminano, sul palco si fa buio per qualche minuto, i musicisti si cambiano e alle 23, finalmente, inizia il concerto nella messa in scena, che nella realtà è la fine dello spettacolo (“E l’inizio arrivò in coda”, spiega il titolo) e Silvestri regala ancora tre pezzi, ma per i trentini è davvero troppo tardi e prima ancora che inizi il bis in romanesco, “Testardo”, c’è la corsa al guardaroba.
A differenza di quel che succede sempre ai concerti di Silvestri, nessuno ha chiesto a gran voce il suo classico finale, “Cohiba”. Forse il pubblico ha pensato che sarebbe stato inopportuno, visto che quello cui ha assistito non è stato un vero e proprio concerto di Silvestri. E poi, in fondo, l’importante è arrivare al cappotto il prima possibile.