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QT n. 3, marzo 2012 Servizi

Il Bondone del futuro

Da una realtà deturpata a progetti per un rilancio della montagna di Trento

Maddalena Di Tolla
Foto di Gabriele Vianello

Monte Bondone: quale futuro? Sembra difficile, forse improbabile, oggi che l’amministrazione comunale che possiede una porzione molto rilevante del Bondone (quella di Trento) sappia rispondere a questa domanda. Da una parte infatti si parla di Rete delle Riserve naturali, di unitarietà di azione e d’intenti degli attori economici e di possibili futuri Parchi, dall’altra si continua a investire sullo sci (recentemente anche con la discussa iniziativa delle serate con illuminazione delle piste), si ipotizzano attività controverse di un certo impatto ambientale come il downhill (le discese in rampichino) e poi si continua a costruire, a cementificare. L’esempio più recente riguarda la porzione per così dire nobile, quella più pregiata e ancora integra, della montagna, ovvero la piana delle Viote. Le polemiche sinora non sono infatti riuscite a fermare quello che molti considerano uno scempio, lo spostamento del parcheggio che già rovinava la Viote, con tanto di ampliamento, verso quello che era il piccolo posteggio del Giardino Botanico, storica attrazione naturalistica del luogo.

Di tutto questo si è parlato alla Sala Rosa della Regione a metà febbraio, grazie ad una iniziativa di Italia Nostra, Legambiente, LIPU e WWF e del consigliere provinciale Roberto Bombarda, l’unico politico provinciale che con costanza da anni continua a parlare di aree protette.

E il ragionamento proposto nell’incontro è partito proprio dalla speranza e soprattutto dalla visione, che era sottesa alla proposta di legge di Bombarda di alcuni anni fa, poi confluita nel più blando testo della Legge numero 11 del 2007 (un compromesso con altre proposte), quella che ha riformato le prospettive delle future aree protette del Trentino e del governo del territorio. Quella visione immaginava la nascita di altri parchi naturali in Trentino, oltre ai due Parchi provinciali esistenti, e fra essi anche di alcuni parchi fluviali, che sarebbero stati una novità. Bombarda mirava alla protezione di almeno un terzo del territorio, in quella che presto fu conosciuta come visione “un terzo al futuro”.

Giardino botanico

A distanza di 5 anni dall’approvazione della norma, la realtà è che sono nate tre Reti di Riserve, su base volontaria, come vuole la legge. Reti che non saranno Enti, per evitare complicazioni e spese, si è detto.

Si tratta delle Reti del Monte Baldo, del Monte Bondone e della Val di Cembra. Poi esiste una Rete provinciale delle Riserve, con tanto di incarico speciale all’ex direttore del Parco di Adamello-Brenta, Claudio Ferrari, e una cabina di regia delle aree protette.

I più decisi e convinti a trasformare la Rete delle loro Riserve in un vero Parco sembrano i baldensi, tanto che di recente a Mori è stata organizzata una riunione pubblica per discuterne anche con comuni diversi oltre Brentonico, che ha già la sua Rete.

Per i parchi fluviali ancora nulla di concreto invece. Per il Sarca per lo meno è partito un percorso partecipativo, con il quale si chiede ai cittadini e alle associazioni di dire come pensano e vorrebbero il parco. A Cembra è istituita la Rete delle Riserve, ma per il Parco fluviale dell’Avisio le cose vanno molto a rilento.

Un altro albergo?

E il Bondone? La Rete delle Riserve, hanno ricordato gli ambientalisti nella conferenza della Sala Rosa, è nata formalmente, lavora da mesi il Comitato Tecnico Scientifico, si sono fatti gli incontri nelle Circoscrizioni ed è stato affidato l’incarico per la stesura del Piano di gestione, che sarà consegnato fra alcuni mesi. I soldi non sono molti, per il 2012 ci dovrebbero essere solo 58.000 euro, il costo di qualche metro di pista da sci, se facciamo il paragone.

Si sono registrate poi tensioni tra le Circoscrizioni e tra queste e il Comune, che sembrano più di carattere politico o legate ad incomprensioni e solite beghe di rappresentanza, che non a problemi reali rispetto alla visione della protezione della natura. Visione proclamata, quest’ultima, e che però non si concretizza in atti decisi di tutela né in piani di promozione.

La piana delle Viote infatti è deturpata dal parcheggio che è stato appena completato. E si parla di cancellare pure la storia prestigiosa della presenza del Centro di ecologia alpina, che era ospitato alle caserme asburgiche, per trasformare le stesse in un albergo di lusso. Peccato, fanno osservare in tanti, che gli alberghi che di recente sono stati ristrutturati in Bondone, con cospicui contributi pubblici, nel contesto del discusso Patto territoriale, non siano pieni, soprattutto nelle stagioni diverse da quella invernale. E a dire il vero quest’anno non ha portato sicurezze nemmeno lo sci, visto che la neve non si è fatta molto vedere. Quindi, che senso ha - si sono chiesti gli ambientalisti ed anche alcuni residenti in Bondone - trasformare un Centro di ricerca in campo ambientale, che nel tempo si era conquistato credibilità, collocato in un luogo splendido, immerso nello stesso ambiente che ha come oggetto di studio, in un anonimo albergo, seppure con lussuoso wellnes, che non sarà mai pieno?

Se lo chiedono anche alcuni ricercatori del Centro di Ecologia Alpina, trasferiti da tempo in pianura, presso la Fondazione Edmund Mach, a San Michele all’Adige. Molti pensano che invece mantenere attivo il CEA alle Viote, e anzi potenziarne le attività, offrendo campi per famiglie, didattica, alta formazione con relativa ospitalità, sarebbe una mossa vincente sul mercato turistico e darebbe al Bondone una caratterizzazione che poche montagne a due passi da una città possono vantare.

E di certo molti si sono detti quel pomeriggio in Sala Rosa, come in altre occasioni, che il Bondone ha bisogno di puntare sulle stagioni estiva e primaverile, sfruttando la naturalità dei luoghi, come la bella torbiera, le magnifiche cime, le vedute mozzafiato e i bellissimi sentieri che offre, i percorsi delle trincee della guerra, il valico di Bocca Vaiona con la migrazione dell’avifauna, e il Giardino Botanico, gestito dal Museo delle Scienze, che già offre molte attività ludico-didattiche di successo consolidato. C’è anche la Terrazza delle stelle, che da qualche anno ormai porta centinaia di persone in quota, senza impattare, però. E di certo, come è stato sottolineato nella conferenza, anche gli arredi urbani sono in disordine e mostrano la scarsa cura per dettagli importanti: mentre in altre valli, più attente al turismo si discute di ogni vaso di fiori, a Vaneze (e non solo) si vedono brutture di ogni tipo, manca la piazza, non ci sono adeguati servizi commerciali e turistici, degni di uan vera meta turistica.

Parcheggio alle Viote

Si è fatto anche notare come, ad esempio, la famosa passeggiata che porta alle Viote, a sbalzo con splendida vista sul Gruppo del Brenta, abbia un parapetto in plexiglas, una specie di muro della morte per i volatili, che infatti non di rado si trovano morti ai piedi della balaustra trasparente, per loro un inganno mortale. “Ecco - fanno notare i critici - un altro sintomo, la progettazione di un’opera come quella, in un contesto naturale del genere, non ha nemmeno previsto l’ABC dell’attenzione verso un dettaglio importante per gli animali, che dovrebbe essere ben noto ai progettisti.”

La proposta emersa dalla Sala Rosa, dunque, sembra credibile: destagionalizzare, valorizzare la naturalità della porzione di montagna ancora integra, ripristinare la piana delle Viote eliminando l’orrendo parcheggio e evitando altre costruzioni (rotonde, ponti, altre strade), evitare di portare impatti come il downhill proprio lassù, semmai dedicare ad attività come quella, che in effetti trovano un loro pubblico, altre parti della montagna, più in basso. Mantenere il CEA attivo e innestarlo di proposte didattiche e turistiche per famiglie è l’altro tassello di questa proposta.

Intanto, invece, la direttrice dell’APT, Elda Verones, troneggia da settimane sui quotidiani locali, immortalata (in modo acritico) mentre scia di notte, a volte con assessori e presidenti di Giunta, nei giovedì del Bondone, i cosiddetti Happy Snow, con le piste illuminate e gli sconti sullo sky pass. Certo, i trentini salgono al monte, di notte, per le piste illuminate, e perché i locali fanno sconti e scontato è pure il ticket dell’impianto di risalita. Ma quanti soldi può portare una promozione del genere? E che tipo di mercato sarebbe quello su cui così si punterebbe?

Quel che è certo è che tutte le statistiche affermano che il mercato del turismo naturalistico, culturale, convegnistico, famigliare, è in crescita. E che è un mercato che produce professionalità diversificate e microimprenditorialità, salvaguardando ambiente e identità.