Festival di regia teatrale “Fantasio”
I difetti della povertà
“Molti pregi in questo bel festival, ma anche delle gracilità” commentavamo la scorsa edizione del Festival di Regia Teatrale Fantasio, che ogni anno vede cimentarsi al Teatro San Marco un gruppo di compagnie reduci da una lunga serie di selezioni internazionali: oltre 200 quest’anno i registi ai nastri di partenza, in Italia, Germania, Spagna, Albania, tutti impegnati a dare, rigorosamente entro 18 minuti, un’interpretazione personale del “Guglielmo Tell” di Schiller.
Formula felice per un festival dalle grandi potenzialità. Che però non viene adeguatamente supportato: dalla Provincia (che se la cava con un contributo di 6.500 euro), ma anche dal pubblico trentino, che non riesce a riempire il Teatro San Marco in quella che viene orgogliosamente definita, ed in effetti è, una “finale internazionale”.
Così abbiamo un festival che di anno in anno cresce dimensionalmente (più compagnie partecipanti alle selezioni in varie parti d’Europa) rimanendo povero. Troppo povero: quest’anno le finali a Trento hanno visto concorrere solo 8 compagnie in due serate contro le 15 in tre serate degli anni scorsi; e la povertà finisce per riflettersi anche sulla qualità dei partecipanti: degli otto finalisti solo la metà ci è parsa all’altezza. A questi limiti il festival aggiunge, di proprio, un’insufficiente dimensione internazionale: l’aria troppo provinciale, con la lunga e trita lista di ringraziamenti e ricordi e applausi a Tizio e a Caio; e soprattutto la sottovalutazione dell’ostacolo costituito dalla lingua.
Quest’anno le compagnie tedesche presentavano lavori molto legati alla recitazione, che si intuiva molto espressiva, ma ahimè, per la grande maggioranza del pubblico, incomprensibile, e probabilmente anche per la giuria, che in un empito di internazionalismo premiava invece la compagnia albanese, a nostro avviso non eccelsa, ma che si era sforzata di recitare in parte in italiano. Ma non si poteva spingere per l’utilizzo dei sottotitoli?
Peccato. Perché alcune performance sono davvero notevoli, e il confronto che strutturalmente porta con sè la manifestazione è un grande valore aggiunto culturale, per gli operatori e per il pubblico. Sarebbe un vero spreco continuare a non investire in un festival che potrebbe con poco dare molto di più.