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Donne d'Algeria: un incontro con Cherifa Keddar

Grazia Francescani

Venerdì 3 luglio si è svolto a Rovereto, presso l'Auditorium del Centro Civico del Brione, un incontro con Cherifa Keddar; una serata organizzata dal Centro di Educazione alla Pace con la collaborazione della Casa per la Pace, del Coordinamento stranieri della Cgil di Trento e dell'Associazione culturale '900 di Nago e con il patrocinio del Comune di Rovereto e dell'assessore all'istruzione. Donata Loss che, assieme ad alcune rappresentanti della lista "Cara Città," ha incontrato Cherifa alle 18.30 dello stesso giorno, confermando la sensibilità già dimostrata nei confronti del dramma del popolo algerino e la volontà di un impegno concreto dell'istituzione tramite un contributo finanziario al progetto di cui Cherifa è ideatrice e protagonista.

Fra chi sta seguendo ciò che accade oggi in Algeria, Cherifa è una persona conosciuta ed ammirata proprio per questo suo impegnativo quanto coraggioso progetto: quello di portare, attraverso l'associazione da lei stessa fondata e che si è recentemente denominata "La nostra Algeria", aiuto materiale e sostegno psicologico alle persone -soprattutto donne e bambini- superstiti di famiglie distrutte dalla violenza che da anni sta devastando il suo paese e che ha colpito in particolare proprio la sua regione, la Mitidja, a sud-est di Algeri. E quali ferite indelebili provochi il vedere uccidere dei mèmbri della propria famiglia, Cherifa lo sa bene, da quel 24 giugno 1996 quando vennero massacrati sotto gli occhi della madre, sua sorella e suo fratello, colpevoli, come lei, di non accettare le imposizioni delle bande di terroristi sedicenti islamici: per le donne, in particolare, l'obbligo di portare il velo, di non guidare l'automobile, di non lavorare fuori casa; per gli uomini, quello di corrispondere alle "richieste" di denaro.

Il suo racconto è stato vibrante ed intenso, per molti sicuramente scioccante la testimonianza del clima di intimidazione e di terrore nel quale tali gruppi portano avanti il loro progetto di società ispirato al modello dell'Iran, ma soprattutto dell'Afghanistan, dove -sintetizzando le parole di Cherifa- tanti giovani, grazie anche ai finanziamenti dell'Arabia Saudita, si sono recati per "rafforzarsi" ih quello che loro considerano il messaggio del Corano e, naturalmente, per addestrarsi all'uso delle armi. Quando sono ritornati in Algeria -sono sempre parole di Cherifa- "si sono messi alla testa di molti gruppi terroristici e sono ora i terroristi più sanguinari. Non si chiamano nemmeno più con il loro nome (ed è, questo della rinuncia all'identità, un particolare che da il senso di una vera e propria vita) ma fanno seguire al nome di battaglia il termine 'afghano '. E tentano di cancellare, con il loro odio, quattordici secoli di Islam vero, di un Islam che, attraverso il profeta Mohammad ha portato un messaggio di pace e di tolleranza".

Sarebbe troppo lungo cercare di spiegare i percorsi attraverso i quali si è arrivati in questo paese a quella che un forum radiofonico di qualche mese fa definiva efficacemente "la lunga notte di Algeri". L'Algeria è un paese che possiede enormi ricchezze in gas e petrolio, che ha combattuto con coraggio e dignità una lunga , sanguinosa guerra di liberazione, alla quale hanno dato un contributo fondamentale le donne che oggi i leaders dell'integralismo vorrebbero riconosciute solo quali "fattrici di buoni musulmani" per citare ancora Cherifa. Il popolo algerino ha provato, durante il governo di Boumedienne, l'orgoglio di partecipare alla costruzione di una forte nazione socialista, leader tra i paesi non allineati e i produttori di petrolio, ha dato vita ad una cultura raffinata che ha saputo mescolare i suoi caratteri originali con quelli della cultura francese (i colonizzatori non hanno portato solo devastazioni e sconvolgimenti sociali). La storia degli eventi (e delle complicità, iniziate fin dagli albori del nuovo stato, tra il partito unico FLN e l'islamismo) che hanno portato alla situazione attuale è anche la storia di una ferita inferta profondamente alla dignità degli algerini, una ferita che si avverte nei più sensibili e lucidi fra coloro che diverse ragioni hanno condotto a vivere fra noi come immigrati.

Ma per tornare all'incontro di venerdì, la presenza di un pubblico numeroso, considerata soprattutto la contemporanea offerta di cinema, teatro e musica da parte di "Rovereto Estate", conferma l'attenzione e l'interesse per tematiche che chiamano in qualche modo in causa (ed era prevedibile che parlare di Algeria a questo avrebbe rimandato) il rapporto tra religione e società o, più ampiamente, tra diritti della vita privata e responsabilità della vita pubblica. Si tratta del resto di problematiche che anche da noi, via via che la società italiana va acquisendo caratteristiche di multiculturalità, si stanno ponendo o si porranno con quesiti concreti, soprattutto da parte di una cultura con un'identità "forte" come quella islamica. E' importante quindi la disponibilità, da una parte e dall'altra, ad un ascolto attento e rispettoso, la ricerca di un dialogo aperto e franco, libero da pregiudizi ma anche da rischi di idealizzazioni e di atteggiamenti buonisti in nome di un'accoglienza senza riserve che non porterebbe del bene a nessuno.

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