La memoria contro la morte
Il cantante berbero Lounés Matoub, assassinato in Algeria, ha qualcosa da dire anche per noi.
Non sembri fuori luogo se, in questa lettera dal Sudtirolo, vi parlo di Lounés Matoub, il cantante algerino, berbero, ucciso (dai fondamentalisti islamici? Dalle forze dell'ordine di un paese dove al potere sta il disordine?) alla fine di giugno.
Molti fili legano il Sudtirolo con la resistenza algerina, rapporti personali ed ideali.
Matoub cantava sfidando l'ostilità e la censura del regime e le minacce, già messe in atto ma non fino in fondo, dei sanguinari sostenitori del totalismo religioso.
La sua colpa è stata quella di difendere la vera identità della sua terra e dei suoi concittadini, di rifiutare la cancellazione della propria lingua in nome di una omogeneizzazione culturale che passa attraverso l'imposizione dell'arabo classico come la lingua ufficiale ad una popolazione che parla berbero, algerino e francese. L'avevano risparmiato una volta, di fronte alla immensa reazione popolare, qualche anno fa, sequestrato e restituito, vivo -un miracolo- a differenza di tanti -bambini, donne e uomini- macellati in nome di un dio che, se esistesse davvero in queste sembianze, sarebbe il dio del male e dell'orrore, oppure un dio del silenzio e dell'indifferenza, come quello che ai tempi dell'Inquisizione e delle stragi perpetrate in nome della sua pretesa unicità e univocità taceva. Questo assassinio riguarda i sudtirolesi che respingono l'imposizione di identità semplificate, riguarda noi che abbiamo gioito nel dare a Khalida Messaudi il primo premio intitolato ad Alexander Langer, un anno fa, perché abbiamo scoperto in lei, nel suo coraggio, nel suo plurilinguismo, nella sua passione civile, una profonda somiglianza con colui che dava nome al premio.
Khalida merita la nostra riconoscenza per averci insegnato l'amore e l'impegno per la libertà non conosce confini e che tutti i popoli e tutte le persone hanno stessi diritti anche alla democrazia, per aver saputo rivelare il legame fra l'oppressione del genere femminile e il totalitarismo.
Lei, in una notte di luglio l'anno scorso, ci ha parlato, nella piazza di fianco al duomo, nel buio sotto le stelle, della Kabilia, la sua terra e di Lounés Matoub, e parlato di lui e degli altri, vivi e morti, non vinti, del berbero e l'algerino. Ricordate? Ho scritto qui, per chi non c'era, non riuscendo a trasmettere l'emozione che stringeva la gola alle centinaia di persone che l'ascoltavano quella sera alcune sue frasi. "Perché a me, questo premio, e non a tutti quei giovani e a quelle ragazze che ogni giorno sfidano minacce di morte per andare a scuola? Perché non alle donne violentate e uccise nel corpo e nella mente dai gruppi islamici e dall'ingiustizia dello Stato che le considera cittadine di seconda categoria ? Perché non ai giornalisti che rischiano la vita, e sono assassinati, per la loro professione e per il contributo alla libertà e alla democrazia? Perché non agli artisti assassinati perché cantavano la libertà?"
Lounés Matoub partecipava alla lotta degli algerini contro l'abolizione del pluralismo linguistico in Algeria, contro l'imposizione dell'arabo classico come lingua ufficiale, veicolo della diffusione del fondamentalismo e strumento per cancellare le radici berbere, algerine, francesi (le tre lingue parlate dalla popolazione), un regalo al fondamentalismo da parte di un regime ambiguo e compromesso. La battaglia di Khalida e di tanti altri, vivi e morti.
Chi in Sudtirolo difende il pluralismo linguistico come un elemento di ricchezza, come componente della libertà della persona, e non come strumento di oppressione di volta in volta del più debole, o di abuso politico, sente che la lotta degli algerini democratici e pluralisti è la stessa lotta per la libertà che riguarda tutti, vicini e lontani.
Non esiste libertà e dignità per nessuno, se si accetta che in un'altra terra persone siano schiacciate nella loro esistenza, ridotte ad uno stato di inferiorità e di schiavitù perché sono donne, o diversi. Dobbiamo scrivere una lista ideale, da contrapporre a quella degli eroi nazionali, che costituisca l'elenco degli eroi dell'umanità, da venerare e ricordare come eroi "borghesi", caduti non per un'ideologia e per una bandiera, ma per i diritti fondamentali dell'essere umano, spinti da passione civile, animati dal loro cuore e dalla propria convinzione a fare, fino in fondo, ciò che è giusto.
In questo elenco si scriva oggi il nome di Lounés Matoub, che prego i miei pochi lettori di non dimenticare, consapevoli che scompare solo ciò che viene dimenticato. Contro la violenza e la sopraffazione esercitiamo la memoria. La memoria è un'arma potente, perché sa vincere il tempo.