La famiglia di Pino Morandini
Il disegno di legge sulla famiglia, primo firmatario Pino Morandini, è naufragato. Sperando di non peccare di irriverenza verso il suo estensore a me viene da dire "meno male". Il disegno di legge 48 avrebbe infatti prodotto non poca confusione all’interno della normativa sugli interventi di sostegno alle famiglie in Trentino, in quanto i principi e gli obiettivi che si prefiggeva sono già previsti dalla legge provinciale sull’assistenza, la n. 14 del ’91 e dalla legge quadro statale n. 328 del 2000.
Molti degli interventi a sostegno della famiglia del disegno di legge Morandini concernenti la maternità e la paternità, le politiche di conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di cura, le prestazioni di sostegno domiciliare per le famiglie con disabili, l’affidamento dei minori, gli anziani, ecc., sono superflui, perché trovano una precisa trattazione nella legge 14.
Tutti i candidati si lavano la bocca a favore della semplificazione e riduzione di leggi e regolamenti, poi una volta in Consiglio, propongono testi ripetitivi, che disorientano il cittadino e arricchiscono i consulenti giuridici, i quali, per forza di cose, non daranno mai una risposta univoca.
Sotto il profilo sostanziale poi, si sarebbe fatto un passo indietro. Riconoscendo servizi ed interventi alla famiglia solo se questa fosse fondata sul matrimonio, il disegno di legge sarebbe andato ad escludere una larga fetta di unioni famigliari di fatto, ricostituite, separate, che allo stato attuale godono di pari prestazioni assistenziali.
L’iniziativa Morandini cozzava inoltre contro precise direttive e raccomandazioni che da una decina d’anni a questa parte il Parlamento europeo ha emanato.
Tutti i Paesi mitteleuropei prevedono oggi il riconoscimento delle unioni civili sotto forma di unioni registrate, in alcuni di essi è già possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
L’Italia, che si mostra ancora sorda all’ultima raccomandazione europea in merito del 15 gennaio 2003, oltre che indifferente all’art. 22 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, è il fanalino di coda. Certo, con il vice presidente del consiglio Gianfranco Fini che ebbe a dichiarare che gli omosessuali non dovrebbero insegnare nelle scuole, o, per guardare a casa nostra, con un consigliere provinciale che afferma tronfio che i figli non si fanno dal sedere, la cultura e la sensibilità in tema di diritti civili ed individuali fatica a farsi spazio.
Proprio per arginare e delegittimare la trivialità di alcune forze politiche, un disegno di legge provinciale sulla famiglia che guardi lontano e che voglia inserirsi armoniosamente nel contesto democratico europeo, non potrà non ricomprendere pari diritti e pari doveri per tutti, non potrà non affermare il pieno sviluppo della persona umana assieme alla tutela della dignità e del pubblico rispetto di tutti, non potrà infine sottrarsi dall’adottare tutte le iniziative volte a rimuovere ogni situazione discriminatoria dovuta all’orientamento sessuale, sul lavoro come nelle scuole o in qualsiasi altro ambito.
Non si tratta, come qualcuno afferma strumentalmente, di un attacco alla famiglia tradizionale. La tradizione, per non morire, ha bisogno continuo di rinnovarsi e di reinventarsi, di confrontarsi con le istanze di una società che, essendo viva, è società in movimento. Chi si definisce tradizionalista perché vuole tenere tutto fermo, è il peggior nemico della tradizione.