Bibbia e fucile
La religione per giustificare la guerra. A colloquio con Carlo Prandi, docente di sociologia delle religioni. Da L’altrapagina, mensile di Città di Castello.
Bush inizia la giornata con la preghiera e la termina con l’esame di coscienza. Eppure questo fervore religioso non gli ha impedito di scatenare una guerra ingiustificabile. Sarebbe un errore, però, sottovalutare il peso che ha la religione nella politica dell’Amministrazione degli Stati Uniti. Secondo il prof. Carlo Prandi, docente di sociologia delle religioni all’Università di Mantova, i numerosi riferimenti di Bush alla Bibbia fanno parte di uno stile che si ritrova in tutta la tradizione americana. E più aumentano, o si ritiene che aumentino, i rischi per il paese, più i richiami alle letture e alla fede diventano intensi. Si ricorre, insomma, al sentimento comune degli americani, che si pensa essere un pensiero religioso.
"Non è però un pensiero religioso comune - afferma il prof. Prandi - ma una vera e propria missione: l’obbligo individuale e collettivo di eseguire la volontà di Dio sulla terra". Per rendere più esplicito questo concetto, il nostro interlocutore cita alcuni passi dell’intervento che il presidente americano ha tenuto alla cattedrale di Washington quattro giorno dopo l’attentato alle torri gemelle, alla presenza di tutte le autorità religiose d’America, islamici compresi. Disse allora il presidente Bush: "E’ stata condotta contro di noi una guerra in modo occulto, ingannevole e assassino. Questa nazione è pacifica, ma implacabile quando è mossa all’ira". E poco oltre aggiunse: "I segni di Dio non sono sempre quelli che ci aspettiamo: nelle tragedie impariamo che i suoi scopi non sono sempre i nostri, tuttavia le preghiere che esprimono la sofferenza personale, si dicano nelle case o in questa cattedrale, sono conosciute, udite e comprese". Insomma, se da un lato (nella seconda parte) c’è l’accettazione della volontà di Dio, si riafferma, dall’altro, che questa nazione "implacabile è mossa all’ira" quando viene colpita. Il discorso di Bush si concluse con l’invocazione classica: "Dio benedica l’America".
Quel discorso non è stato una trovata propagandistica. "La radice di quello che una volta si chiamava un po’ sbrigativamente imperialismo americano - afferma il prof. Prandi - va alla ricerca di una giustificazione religiosa. E il Dio che si invoca è quello biblico, in cui non c’è spazio né per Cristo né per la Trinità".
I primi coloni inglesi raggiunsero l’America per sfuggire alle persecuzioni cui erano soggetti a causa delle loro idee religiose. E la conquista di quel grande territorio fu interpretata come una chiamata del Signore per civilizzare il paese. "Nei film western classici, quelli di John Ford per esempio, troviamo i pionieri che vanno verso l’Ovest con in mano due libri: Shakespeare e la Bibbia. Insomma, la spinta religiosa è costante. E la si coglie da tanti segnali. Quando viene eletto un presidente, per esempio, si canta ‘America America’. E tutto ciò esprime una visione messianica della quale il paese si sente costantemente investito, in modo particolare quando deve compiere azioni di tipo militare". Eppure oggi è significativamente aumentato negli Usa il peso delle congregazioni protestanti conservatrici, tanto che - ha scritto il Financial Times in una sua recente inchiesta - "le comunità luterane e metodiste, più stabili, devono fare i salti mortali per impedire che i fedeli disertino i banchi delle loro chiese. Un sondaggio condotto l’anno scorso nel Connecticut dallo Hartford Seminary, ha rivelato che il 58% delle nuove congregazioni nate negli anni ‘90 sono protestanti evangeliche". In realtà - afferma Prandi - il senso della missione lo si ritrova in modo particolare nella destra americana. E’ stato forte con Reagan, ma anche con Carter, che è un democratico. "In determinati momenti l’America smussa le sue differenze e allora diventa un blocco, una Nazione (con la N maiuscola), una vocazione".
Poco prima di Natale il segretario alla difesa Donald Rumsfeld voleva discutere della questione irachena e analizzare il concetto di guerra giusta in chiave religiosa e filosofica. Insomma, il fondamentalismo cristiano di questa Amministrazione assomiglia sempre di più a quello islamico di Bin Laden. "Per certi aspetti è così. - sostiene Carlo Prandi - Intanto bisogna tener presente che quando parliamo di fondamentalismo islamico, noi attribuiamo all’islam un termine che è nato all’interno del protestantesimo americano nella seconda metà dell’ottocento, in polemica con il darwinismo e la teologia liberale. La riunione più importante si tenne a Niagara Falls nel 1907, quando si posero i principi del credere cristiano, almeno dal loro punto di vista. Il fondamentalismo protestante, insomma, è per certi aspetti equivalente al Modernismo cattolico. Ma mentre quest’ultimo fu ostacolato da un’istituzione che condusse la battaglia antimodernista fino ad arrivare all’enciclica "Pascendi", il fondamentalismo americano non ha avuto, né ha tuttora, un’istituzione che guidi e regoli la vita delle varie chiese protestanti".
Ma c’è anche un altro aspetto che va tenuto presente quando si parla di fondamentalismo americano: l’aggancio con una parte del capitale, che ha consentito di finanziare università e di chiedere cattedre di creazionismo, affinché la concezione espressa nella Genesi avesse la stessa dignità scientifica di quella evoluzionista. Dice il prof. Prandi: "Quello che ha atterrito parte del protestantesimo americano è stata la grande ventata del darwinismo, che poi aveva il suo pendant nello stile liberistico del mercato (il più forte prevale, e così via). E così si è ribadita l’inenarranza del testo. La Bibbia, insomma, non si tocca, né può essere soggetta a interpretazioni".
Ed è qui il punto di contatto con l’islam?
"Questo tema è presente nell’antica filosofia islamica, fa parte di una tradizione. Il radicalismo, insomma, nasce su un terreno fondamentalista, che viene accentuato dall’urto con la modernità. E la modernità è Occidente. Il radicalismo islamico quindi è un prodotto tipicamente moderno, che affonda però le radici nel Corano. E tutto - etica, religione, diritto - viene filtrato alla luce di tale libro. In ambito islamico, poi, questo atteggiamento ha avuto un risvolto politico, che è diventato anche violento. Ma i linguaggi dei due fondamentalismi (il bene e il male, il nemico, il traditore ) si assomigliano".
Gli americani, si dice, votano quasi sempre come
pregano. E i cristiani evangelici osservanti negli Usa sono oltre 19 milioni. Insomma, questo zelo religioso ha anche un risvolto molto pratico.
"Può darsi. Teniamo presente però che questi elementi stanno emergendo solo adesso. Da una ricerca fatta in Europa tra il 2001 e il 2002 sul tema dell’identità è emerso che è aumentato moltissimo il senso di appartenenza: in Italia coloro che si proclamano cattolici sono arrivati al 90% e anche in Francia la percentuale è notevolmente aumentata. Quando ci sono forti contrapposizioni riemerge la radice religiosa: come identità, beninteso, non come fede".
La Chiesa cattolica che, soprattutto per merito del Papa, si è opposta in maniera chiara e inequivocabile a questa guerra, ha evidenziato ancora di più la differenza tra questi due modi di concepire il cristianesimo.
"E’ vero: se le visione religiosa si identifica con gli interessi nazionali, diventa ideologia e perde la sua caratteristica di fede. E’ accaduto così anche nella guerra di Bosnia, quando la Chiesa serbo-ortodossa non ha aperto bocca sulle atrocità che venivano commesse dalle milizie serbe. Il cristiano non dovrebbe mai identificarsi totalmente con la propria condizione storica, altrimenti - come dice Kierkegaard - ‘rovina il cristianesimo" perché lo appiattisce in un’unica dimensione. Il Papa ha la fortuna di essere fuori dai giochi e di non avere interessi da difendere. E ciò lo ha posto nella condizione di parlare con estrema libertà. E lui lo ha fatto. Ho apprezzato molto questa posizione (lo dico io che non ho mai avuto molta simpatia per questo pontificato).
In conclusione, mi pare che in ambito cattolico ci sia un maggior margine di distacco dalla condizione storica identitaria rispetto ad altre confessioni religiose. Il protestantesimo, per esempio, escluse alcune eccezioni come Martin Luther King, spesso rimane una religione civile utilizzata in funzione delle esigenze della nazione o di chi la dirige. Non è un caso che quelle scandinave siano Chiese di stato".