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Lettera all’assessore Salvaterra

Rita Ferenzena

Caro assessore Salvaterra, sono un’insegnante delle scuole dell’infanzia provinciali nonché futura mamma. Le scrivo perché trovo giusto fornirle il mio contributo in merito alla questione riguardante l’anticipo scolastico. Ho sempre apprezzato e condiviso il suo desiderio di portare innovazione nella scuola, di ascoltare le esigenze che provengono dai diretti interessati, il suo desiderio di rispondere concretamente alle esigenze dei bambini e delle famiglie, ma in questo specifico caso non sono d’accordo con le conclusione alle quali è giunto. Non mi soffermerò sugli aspetti pedagogici che rendono discutibile l’anticipo scolastico poiché queste riflessioni le sono già state riferite da altre insegnanti, dalle famiglie stesse. Vorrei piuttosto concentrare l’attenzione sulle esigenze dei genitori lavoratori che si rivolgono alla scuola chiedendo sostegno. Credo che l’amministrazione pubblica, la scuola che lei rappresenta debba rispondere alle necessità emergenti delle famiglie salvaguardando insieme il benessere dei bambini. Le famiglie vanno dunque sostenute e leggo nella sua proposta di anticipo scolastico un tentativo verso questa direzione, un tentativo di alleviare le spese che i genitori lavoratori devono sostenere per assicurare la cura dei figli nella fascia d’età 0-3 anni, ma non credo si tratti di un intervento efficace e tenterò di spiegare le mie motivazioni.

Sappiamo che storicamente alla famiglia, ed in particolare alla donna all’interno di questa, veniva affidata la responsabilità ed il compito della protezione sociale (cura di figli e anziani), una sorta di delega che, in quanto moglie e madre, la donna assumeva e che permetteva all’autorità pubblica di non occuparsi in particolare né di avviare politiche a sostegno della famiglia poiché da sé autonomamente solidale. La progressiva uscita delle donne dalla sfera privata della famiglia e l’entrata e permanenza nel mercato del lavoro ha determinato la rottura di questi equilibri, pertanto ciò che risulta oggi necessario è una nuova redistribuzione di compiti e competenze sia nell’ambito familiare, nel nuovo equilibrio tra madre, padre e figli, sia da parte delle istituzioni che ruotano attorno alla famiglia.

L’attuale sistema di stato sociale risulta così obsoleto poiché non è più supportato dagli antichi equilibri che ne hanno determinato la nascita e lo sviluppo e non più in grado di rispondere ai bisogni attuali. E’ sicuramente necessario coniugare competitività economica, crescita occupazionale e coesione sociale, tuttavia ciò che si richiede nel nostro contesto è una ristrutturazione globale che, al passo con i cambiamenti avvenuti, instauri nuovi equilibri tenendo conto delle nuove tipologie di famiglia, della presenza di uomini e donne lavoratori, dell’attuale mercato del lavoro.

E’ necessario dunque che l’autorità pubblica che lei rappresenta ed il mercato del lavoro si facciano carico del lavoro di cura che un tempo la donna svolgeva nell’ambito della famiglia, superando la tradizionale visione familistica. E’ necessario che lo stato sociale riduca la dipendenza degli individui dalla famiglia, si attivi per accrescere l’offerta e la possibilità finanziaria di accedere a servizi quali gli asili nidi per i bambini più piccoli, servizi di custodia, strutture d’accoglienza e di assistenza agli anziani, attraverso una diffusione capillare e con costi realmente sostenibili, attraverso agevolazioni fiscali, trasferimenti monetari alle famiglie con figli.

In quanto insegnante, ma soprattutto come futura madre e lavoratrice, ritengo che tali interventi debbano essere fatti non a scapito di un servizio di qualità. Andando nello specifico della questione, ritengo dunque insufficienti e troppo onerose le strutture a disposizione dei bambini di 0-3 anni; il fatto che non vi siano liste d’attesa non significa affatto che il servizio sia conforme alla richiesta, ma piuttosto che molte famiglie, e in particolare molte madri, non potendo sostenere il costo delle rette degli asili nido o delle Tagesmutter, si trovano costrette ad uscire dal mercato del lavoro con le pesanti ripercussioni sull’economia che forse ancora poco sono state considerate. Per quanto riguarda la scuola materna (fascia 3-6 anni), si tratta di un segmento di scuola che sicuramente può essere migliorato e non credo che le insegnanti siano così contrarie alle innovazioni come lei ha affermato. Credo piuttosto siano totalmente contrarie ai cambiamenti che peggiorano il sistema, poiché vivono quotidianamente la realtà della scuola e sanno qual è la differenza tra azione educativa e mera custodia, unica soluzione possibile nella scuola da lei ipotizzata.

Non credo sia semplice coniugare il problema del sostegno alle famiglie con la necessità di un sostegno qualitativamente al passo con i tempi, tuttavia credo che la proposta dell’anticipo scolastico non risolva i problemi che i genitori lavoratori devono sostenere nei primissimi anni di vita dei figli. Pare piuttosto, questa, la soluzione frettolosa e insufficiente ad un problema che andrebbe affrontato con attenzione, magari guardando ad altre esperienze europee dove è stato possibile far quadrare un cerchio composto da esigenze familiari, servizi qualitativi e necessità economiche.

Auspico dunque e le auguro di svolgere un lavoro più approfondito di ricerca e di analisi dei bisogni. La invito a dialogare in modo creativo con insegnanti, famiglie e sindacato alla ricerca di una soluzione che metta in circolo le esigenze di tutti i bambini nella loro diversità e specificità, dei genitori, dei lavoratori, tra cui anche il corpo insegnante, della società stessa, dell’economia e della politica.