Itea e immigrati / 2
La risposta al disagio della popolazione in Trentino non può essere individuata nella limitazione dei diritti di una parte debole della società come quella rappresentata dai cittadini immigrati. In questo senso destinare solo il 10% degli alloggi di edilizia pubblica disponibili, fissando un tetto massimo, oltre che irragionevole è ingiusto, specie quando la domanda da parte di stranieri rappresenta il 50% del totale.
Già la doppia graduatoria è fortemente limitativa e discriminatoria. Aggiungere a questa anche un tetto massimo alle assegnazioni da destinare a stranieri, risulta quindi ancor più insostenibile. Ricordare che gli stranieri sono cittadini che lavorano e contribuiscono alla crescita della nostra provincia è quindi un dovere civile.
I cittadini immigrati rappresentano una realtà economica culturale e sociale ormai affermata e parte integrante del nostro territorio. Si tratta di persone che ogni giorno faticano doppiamente nel loro tortuoso cammino verso l’integrazione: oltre ai problemi di convivenza devono affrontare quotidianamente difficoltà connesse al lavoro e alla casa.
Sì, la casa è un elemento fondamentale per ogni processo di sana integrazione nel territorio, ed è il problema principale, il più gravoso, che lo straniero deve affrontare. Il mercato immobiliare privato è di difficile accesso anche per i cittadini italiani per gli alti costi dei canoni d’affitto, figurarsi per uno straniero che in prima battuta deve vincere l’ostilità e la diffidenza dei padroni di casa. Troppo spesso ancora oggi lo straniero subisce una sorta di selezione discriminatoria da parte dei locatori trentini, che possono negare l’affitto anche solo per il loro accento o per il loro colore della pelle.
L’unica vera soluzione possibile per superare il disagio lamentato dai cittadini trentini è quindi la messa a punto di un piano che preveda la costruzione di un numero di alloggi pubblici capace di soddisfare le domande degli aventi i requisiti, con anche l’introduzione di strumenti facilitanti ed incentivanti l’acquisto diretto di case da parte dei cittadini.
Dall’altra parte occorre mettere in piedi regole capaci di agevolare i rapporti interni tra i beneficiari nei condomini Itea, ma queste devono essere valide per tutti, siano essi autoctoni o stranieri. Bisogna quindi prevedere una serie di disincentivi e sanzioni che limitino i comportamenti irrispettosi o illegali. Ciò indipendentemente dall’origine del trasgressore. Non è infatti accettabile disegnare un un regolamento anti-stranieri, ma serve invece un piano volto a favorire la reciproca comprensione e tolleranza che passa inevitabilmente attraverso una maggior conoscenza degli usi e degli abitudini degli uni e degli altri, del proprio vicino di casa.
Infatti accade che il vicino di casa provenga da paesi dove la casa ed il vicinato sono culturalmente e socialmente concepiti in modo diverso. Ma a volte succede che il cittadino italiano sia semplicemente infastidito dalla sola presenza dello straniero, ingigantendo ogni minimo disturbo proveniente dal parte dell’immigrato, attribuendo a quest’ultimo le colpe di frustrazioni maturate in altri contesti.
Inoltre c’è tenere in considerazione che sempre più cittadini stranieri, da anni in Italia, acquistano la cittadinanza italiana e passano nella graduatoria destinata agli autocrtoni portandosi dietro comunque e sempre i propri usi e costumi. In tal senso cambia la graduatoria di riferimento ma non cambiano le persone, a riprova che la soluzione certamente non è da individuare in restringimenti di quote, ma attraverso la diffusione di una maggior apertura e conoscenza reciproca tra cittadini autoctoni e di origine straniera.
Occorre decidere cosa si vuole: se vogliamo solo corpi o braccia, allora dobbiamo pensare ad acquistare dei robot utili al nostro sistema produttivo, senza diritti né bisogni. Se invece nelle nostre aziende vengono impiegate persone che hanno, oltre alle braccia per lavorare, testa, cuore, sentimenti, aspirazioni e necessità, allora questi cittadini hanno bisogno di tante cose, tra cui un alloggio, una casa degna di essere chiamata tale.
Per questo individuiamo nella proposta di limitare la percentuale di alloggi da destinare a stranieri, una goffa risposta alle ansie della gente, impaurita e spesso disinformata. Il consenso in vista delle elezioni provinciali è sì importante, ma non per questo si deve farne pagare il prezzo a persone che, alla pari dei trentini, lavorano e pagano le tasse. Non è questa la risposta politica più giusta al crescere di partiti fortemente avversi ai cittadini immigrati e che cavalcano malesseri diffusi a scopi elettorali.