Modigliani Scultore
Quattro anni di lavoro
Da quando Amedeo Modigliani, peintre maudit dalla vita breve quanto intensa, presentò un piccolo nucleo di sette teste scolpite al parigino Salon d’automne del 1912, nessun’altra mostra è stata mai interamente dedicata alla sua attività plastica. Questo anche perché la sua stagione scultorea durò in tutto solo quattro primavere, dal 1910 al 1913, nelle quali produsse un esiguo numero di pezzi: solo 25 secondo l’attenta schedatura realizzata nel 1965 da Ambrogio Ceroni, ai quali vanno però aggiunte tre ulteriori opere emerse nel lungo lavoro di ricerca che ha accompagnato la preparazione della mostra.
Le sculture di Modigliani sono contestualizzate nel percorso attraverso varie opere degli artisti con cui il nostro entrò in contatto a Parigi - da Picasso a Brancusi, da Archipenko a Zadkine -, a dimostrazione di come il suo genio fosse tutt’altro che isolato e solitario. Tessendo ponti tra i secoli, accanto a questa antologia della scultura parigina d’inizio Novecento, sono esposte nelle sale svariate sculture che in qualche modo hanno stimolato la ricerca neo-arcaica dell’artista: dalla scultura orientale a quella africana, da quella d’età classica alla rinascimentale.
La sezione introduttiva offre una panoramica sulla scultura europea che in qualche modo supera il plasticismo sfaldato e impressionistico di Rodin, approdando a un nuovo classicismo, solido e levigato, come nelle opere di Antoine Bernard o di Elie Nadelman. In questo ritorno all’ordine ante litteram Modigliani avvia la propria produzione scultorea incidendo direttamente la pietra, alla maniera antica; una pratica che lo accomuna a molti altri artisti a lui vicini, da Brancusi - in mostra una delle prime versioni de Il bacio (1907-1908) - a Ossip Zadkine. Tra i primi esiti di tali ricerche troviamo opere come la Testa di donna del Centre Pompidou, in cui i volumi fuoriescono dalla materia grezza quasi caratterizzassero un bassorilievo, leggeri e abbozzati; nulla insomma che rimandi alle forme longilinee e levigate delle sculture successive.
Questo contatto diretto con la durezza e l’incanto della pietra grezza non prescinde però da una meticolosa progettualità dell’opera, meditata attraverso numerosi disegni. Questi, al centro di una specifica sezione, presentano delle teste - ora frontali, ora di profilo - rigidamente statiche, spasmodicamente allungate nelle forme, dal volto al naso, agli occhi a mandorla. Partendo da modelli classici - come il Busto di Battista Sforza di Francesco Laurana o la statua di Kouros del 530 a.C., opere pure esposte in mostra - Modigliani approda così a una personale declinazione del gusto primitivista, ben visibile in opere come la Testa di donna del Minneapolis Institute of Arts o quella della National Gallery di Washington.
Accanto all’arte antica, conosciuta attraverso assidue frequentazioni museali, a sedurre Modigliani sono in particolare le maschere cariche di mistero dell’Estremo Oriente, così come quelle dell’Africa Nera, provenienti in particolare dal Gabon e dalla Costa d’Avorio, molto apprezzate sia da Modigliani, che da Brancusi (in mostra l’enigmatico Adamo e Eva del 1921), Guillaume e Picasso, il cui Nudo femminile del 1907 - pure esposto - presenta molte assonanze (volto ovale, rigido e inespressivo; occhi senza pupille) con alcune delle più riuscite sculture del livornese, a iniziare dalla Testa femminile del Philadelphia Museum of Art o di quella della Tate Gallery di Londra (1911-1912 circa). Quest’ultima opera, in particolare, denota indubbi influssi dalle maschere africane, come si evince dal confronto con l’enigmatica maschera Guro della Costa d’Avorio, pure esposta.
Le ultime sezioni approfondiscono l’interesse di Modigliani per la figura umana e la sua trasposizione architettonica in forma di cariatide, creando così un ulteriore legame tra scultura e pittura attraverso svariate opere grafiche e soprattutto pittoriche, tutte di primissimo piano, come il Ritratto di Frank Haviland (1914), l’Autoritratto in costume da Pierrot (1914) o il Ritratto di Picasso (1915).
Rovereto, Mart, fino al 27 marzo.