I “meriti dei cacciatori”
Per chi ama e rispetta gli animali senza sentire il bisogno di prenderli a fucilate per mostrare questi sentimenti, è davvero difficile provare entusiasmo per i dati relativi al numero di capi di capriolo e cervo, in apparenza positivi, forniti dall’Associazione cacciatori, per bocca del suo presidente Flaim. Per il lettore con poco tempo a disposizione per approfondire questa tematica, tutto si potrebbe ridurre a poche righe di spiegazione.
I censimenti del capriolo dello scorso anno mostravano una situazione a dir poco disastrosa; gli stessi cacciatori, temendo di aver forse tirato un po’ troppo la corda, proponevano di ridurre i prelievi; alcune sezioni decidevano addirittura, indipendentemente da quanto stabilito a livello di autorizzazioni, di cacciare il capriolo in quantità simboliche o di non cacciarlo per nulla. Il risultato semplice e ovvio è stato un miglioramento, in termini numerici, delle presenze rilevate. Fine della spiegazione.
Una verità come questa presenta però un aspetto assai scomodo, al punto da renderla inaccettabile agli occhi dei dirigenti della Federazione Caccia. Essa sarebbe la dimostrazione lampante di quanto i rappresentanti delle associazioni ambientaliste più invise ai cacciatori sostengono da sempre: meno si caccia, meglio stanno gli animali. Un’affermazione ovvia per i non-cacciatori, ma assolutamente ostica da digerire per i cacciatori, che, per rendere presentabile la loro attività, da anni vanno indottrinando tutti sulla assoluta necessità della cosiddetta caccia di selezione.
Evidentemente, non ritenendo più sufficiente questo contestato e quasi risibile argomento, essi hanno ora deciso di lanciare una campagna mediatica, il cui fine è evidente: cercare di rendersi presentabili ad una popolazione che, nel migliore dei casi, è indifferente a quanto essi fanno, e nel peggiore è assolutamente contraria alla caccia e la ritiene un’attività anacronistica e dannosa.
Ritenendo che al lettore che vuole capire meglio come stanno le cose sia giusto fornire anche un diverso punto di vista, ci permettiamo di evidenziare due aspetti che non ci convincono su quanto presentato dall’Associazione Cacciatori e che riguardano sia i numeri ottenuti attraverso i censimenti, che le spiegazioni date per giustificarli.
Cominciando dai numeri, sappia il lettore che per accettarli bisogna fare un vero atto di fede. Grazie alla scelta della Provincia di delegare in toto la gestione del capriolo, i numeri presentati sono il risultato di attività e censimenti svolti direttamente dai cacciatori, con un controllo poco più che formale da parte degli enti provinciali preposti. Che essi possano alla fine anche essere veritieri (ma, lo ripetiamo, è impossibile per noi saperlo) poco importa. Quello che denunciamo è l’evidente conflitto di interessi (un altro, viene da dire!) e un palese caso di controllato che fa pure il controllore. Il tutto aggravato dal fatto che l’autocontrollo viene pure finanziato con soldi pubblici.
Nel Trentino "normalizzato" una situazione come quella descritta non sembra destare molto scalpore e il Presidente Dellai può continuare a sostenere che questa è stata un’ottima scelta. A noi sembra un pessimo esempio di gestione di un bene (la fauna selvatica) che la legge dichiara appartenere all’intera comunità e che viene invece affidato ad una piccolissima minoranza con forti interessi sul suo "utilizzo". A questo punto chi tutela gli interessi che verso lo stesso bene ha tutto il resto della popolazione trentina ? E chi garantisce che quel bene sia goduto in modo ottimale da parte di chi viene in Trentino per turismo? Dubitiamo che, campagna di informazione a parte, i cacciatori nutrano qualche vero interesse oltre a quello primario: prelevare animali.
Quanto poi alle spiegazioni sul come sia stato possibile ottenere dei buoni risultati grazie alla gestione diretta, ci sia consentito rimarcare come appare un po’ ingenuo pretendere che quando le cose vanno male (come andavano male lo scorso anno) la colpa sia da attribuire a mille fattori diversi, dichiarando che i cacciatori non c’entrano nulla, mentre quando le cose sembrano andare meglio, il merito sia tutto dei cacciatori.
Non ci risulta che i cacciatori abbiano a disposizione metodi particolari per far aumentare il numero dei capi presenti sul territorio, a meno di voler ipotizzare che siano ricorsi all’inseminazione artificiale delle femmine di capriolo.
L’unico credibile argomento a favore dell’incremento nel numero dei capi è, come già evidenziato sopra, la scelta fatta di ucciderne di meno, accompagnata, se vogliamo, da stagioni invernali più miti.
Per arrivare a questo non c’era bisogno di gestione delegata e convenzioni particolari. In ogni caso se viene considerato un merito lo sparare di meno, logica vuole che debba essere considerato un demeritolo sparare di più. Cosa che, non dubitiamo, avverrà puntualmente nel corso della prossima stagione venatoria.
* LIPU PAN-EPPAA