La riforma fallita
Dai Comprensori alle Comunità di valle: un bel progresso!
Gli avvocati sono un male necessario, così ho sentito dire. Necessario perché esiste il pubblico ministero, che pure è un male necessario. E un male necessario è anche la legge, che limita la nostra libertà. Ma senza la legge, senza il pubblico ministero, senza gli avvocati regnerebbe l’arbitrio, la prepotenza, la violenza, la perfida astuzia. Insomma i pubblici poteri, regolati dalla legge, sono tutti un male necessario, un male perché ci impongono dei vincoli, ma necessari perché ci proteggono dalla istintiva malvagità che è connaturata negli umani. Sicché tutto l’apparato dei pubblici poteri, non solo quelli che appartengono alla giustizia, sono un male necessario. Lo è lo Stato, lo sono le Regioni e le Province, lo sono i Comuni e tutto l’assieme multiforme di enti che compongono ciò che comunemente si definisce la pubblica amministrazione. La quale è dunque necessaria ma ingombrante, ci assicura servizi ma ci crea disagi, ci garantisce prevedibili risultati ma ci impone onerosi adempimenti, ci permette pregevoli sussidi ma ci fa penare per lunghe attese, ci avvolge insomma in un ambiente rassicurante ma pieno di piccoli o grandi fastidi.
Ebbene in simili condizioni saggezza vorrebbe che il male sia contenuto nella misura strettamente necessaria. E invece è accaduto un po’ ovunque - ma specialmente qui da noi - esattamente il contrario. Ciò che, se mantenuto nei limiti strettamente necessari ha il gradevole sapore di una virtù, si è al contrario dilatato e infittito in tale dismisura da assumere l’acre afrore del vizio. Agli uffici dello Stato si sono aggiunti quelli della Provincia – Regione. Per mezzo milione di abitanti abbiamo più di 230 comuni. I Comprensori, concepiti molti anni fa come strumenti per coordinare i Comuni nelle funzioni che sconfinavano dal loro territorio, hanno aggiunto strutture nuove senza eliminarne di vecchie.
Tutti questi enti sono popolati da addetti tecnici o amministrativi e diretti da organismi formati da membri elettivi. Questi ultimi, poi, si ritrovano a comporre l’Associazione dei Comuni o il Consiglio delle Autonomie. Insomma, una vera e propria incontenibile proliferazione di sedi pubbliche che realizzano una creatura resa deforme da una autentica obesità.
Si è avvertita la necessità di intervenire con una cura dimagrante. Si è cominciato pensando di abolire i Comprensori: ottima idea! Infatti è buona regola semplificare il rapporto del cittadino con le istituzioni. Troppi livelli di competenze, troppe sedi per le diverse materie, troppi uffici per i vari adempimenti sono una tortura per il cittadino. La soluzione ottimale era sostituire i Comprensori con Comuni di valle. Forse era questa l’intuizione originaria del mio amico Ottorino Bressanini, l’assessore provinciale competente.
Ma l’intuizione è degenerata e ha partorito un altro mostro: la Comunità di valle, cioè comprensori più piccoli ma più numerosi di quelli soppressi.
L ’assurdità di questa riforma è clamorosamente comprovata dallo sfacelo che ha generato nelle Giudicarie, con un referendum tradito, comuni commissariati, Olivieri contro la Cogo, TAR e Corte Costituzionale, popolazioni un po’ imbufalite e un po’ indifferenti.
Perché mai la buona intuizione dei Comuni di valle è degenerata nella Comunità di valle?
Perché la Margherita è il partito di quel bulimico ceto di amministrativi ed amministratori che intasano le ridondanti strutture della nostra autonomia. Essi sono i titolati portavoce della base popolare, essi incidono sulle scelte della giunta provinciale. Il Presidente Dellai non può prescinderne.
Non a caso la nascita del Partito Democratico nella nostra provincia ha un incedere così incerto. Dietro la rivendicazione di una diversità locale rispetto al modello nazionale si nasconde la gelosa custodia di questa non pregevole situazione di fatto. E invece il Partito Democratico se intende rinnovare la politica e ridurne i costi dovrebbe investire con decisione anche questa realtà.