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Raccontare la Grande Guerra

Con Boccioni a Dosso Casina. I testi e le immagini dei futuristi in battaglia. A cura di Dario Bellini. Rovereto, Nicolodi, 2006, pp. 186, € 20. Giuseppe Tomasoni e Carmelo Nuvoli, La Grande Guerra raccontata dalle cartoline. Trento, Arca, 2004, pp. 342, € 39..

Ci sono diversi modi per raccontare la Grande Guerra. Il più ovvio e documentato è quello della narrazione - talvolta controversa - degli eventi bellici, giorno per giorno, campo per campo, battaglia per battaglia. Accanto alla voce dell’ufficialità, nella quale più o meno tutti ci siamo imbattuti nei libri di storia, esistono però un’infinità di altre testimonianze, apparentemente marginali ma estremamente interessanti per abbozzare quella complessa e stridente polifonia che caratterizza ogni epoca storica. I due libri che qui brevemente presentiamo hanno come protagonisti l’arte e gli artisti in rapporto alla Grande Guerra, tema affrontato attraverso ottiche diverse: il primo, dedicato ai futuristi che spinti dal vociare interventista decisero di indossare l’elmetto, presenta un approccio storico-artistico, basato sullo spoglio di vari documenti dell’epoca, accompagnati anche da fotografie e schizzi realizzati direttamente sul fronte; il secondo, dal taglio cronologico, è incentrato più che altro sulle vicende trentine e presenta una narrazione affidata in prevalenza alle immagini, desunte da cartoline del tempo, ma anche da giornali e riviste illustrate.

Prima di addentrarci nello specifico dei due testi, ci sembra doveroso ricordare alcune pubblicazioni del passato che hanno segnato, nella pubblicistica locale, queste ricerche. Le prime sono due pubblicazioni del Museo della Guerra, basate sui materiali presenti nelle collezioni del Museo: “Figure d’assalto” di Lamberto Pignotti (1985), incentrato sulla ricca raccolta di cartoline; “Anselmo Bucci. Cronache visive della Grande Guerra” (1997), dedicato ad uno degli artisti più attivi sul fronte dell’illustrazione di guerra, che si unì anche alla compagine dei futuristi ciclisti-automobilisti. Tra le iniziative più recenti volte ad analizzare la Grande Guerra attraverso le opere degli artisti soldati, segnaliamo anche il catalogo della mostra “Kriegsmaler”, tenutasi a Lavarone nel 2004 e focalizzata sulle produzioni dei pittori di guerra austro-ungarici.

Con Boccioni a Dosso Casina. I testi e le immagini dei futuristi in battaglia”.

Fresco di stampa (anche se ne era uscita una prima edizione a tiratura limitata nel 2000), è il volume curato da Dario Bellini, dedicato ad una vicenda già alquanto nota della guerra sui monti trentini ma forse non ancora del tutto scandagliata nei suoi aspetti meno propagandistici e più quotidiani: quella del Corpo Nazionale dei Volontari Ciclisti, formato per la maggior parte da artisti aderenti al movimento futurista, capeggiati dalla carismatica figura di Filippo Tommaso Marinetti.

Umberto Boccioni.

L’obbiettivo dichiarato dall’autore è quello di riunire in un unico volume quanti più documenti sia possibile raggruppare riguardo alla vicenda, per agevolarne la consultazione e giungere ad una più matura valutazione del significato profondo di tale esperienza, che coinvolse in maniera viscerale il gruppo dei futuristi. L’argomento è stato finora analizzato prevalentemente attraverso un punto di vista storico mentre, a detta di Bellini, non si è ancora pienamente valutata la sua importanza per la storia dell’arte italiana. E quale miglior mezzo per comprendere la radicalità e la totalità di quell’avventura, se non affidarsi alle parole dei suoi intrepidi ed eccentrici protagonisti?

Oltre ad una dettagliata prefazione sui presupposti, le modalità e i retroscena dell’impresa editoriale, la narrazione viene infatti quasi interamente consegnata alle voci che emergono dalla eterogenea raccolta di documenti, che comprende materiale d’archivio, lettere, appunti di taccuini, diari autobiografici di alcuni protagonisti della vicenda (Marinetti, Boccioni, Russolo, Bucci), fotografie, schizzi, incisioni e articoli dell’epoca, in primo luogo quelli di Renzo Codara che, dalle pagine della “Gazzetta dello sport”, seguiva con trepidazione le vicende rocambolesche dell’ VIII battaglione ciclisti-automobilisti.

L’arruolamento in questo corpo di volontari si era dimostrato un pretesto per permettere ai futuristi italiani di rimanere uniti e perseguire insieme la tanto agognata fusione di arte e vita. Le ragioni profonde del loro sfegatato interventismo vanno infatti ricondotte, secondo Bellini, alla ricerca di una esperienza moderna e totalitaria, in grado di sconvolgere ogni aspetto della realtà attraverso il seme di una rivoluzione artistica che non conosce barriere o confini, ma che trasforma al contrario anche la guerra in un’esperienza estetica: insomma, una sorta di performance ante-litteram in cui trova compimento il sogno avanguardista e che Boccioni non esita a definire “futurismo puro”. Isolati sulle vette del monte Altissimo, saranno proprio Boccioni e Marinetti a spingere di più sul tasto della compenetrazione tra il linguaggio dell’uomo e quello della materia, per la conquista di una nuova forma sintetica in grado di fondere segni, parole, oggetti e stati d’animo. Esempi altamente significativi di tale urgenza estetica sono la tavola parolibera di Marinetti che dà il titolo al libro, vera e propria sintesi in chiave futurista di una notte di guardia passata all’addiaccio, così come la poesia di Boccioni intitolata “Uomo+Vallata+ Montagna”.

Il volume costituisce inoltre un’occasione per approfondire la personalità di alcuni artisti autonomi come Bucci e Pratella, oppure come quelli che dal gruppo “Nuove tendenze” confluirono nella frangia più avanzata del movimento futurista (Sant’Elia, Erba, Funi), pagando talvolta con la morte - è il caso di Sant’Elia - la ricerca spasmodica dell’unione arte-vita.

Merita infine un rapido commento il capitoletto autobiografico che Dario Bellini, da artista, aggiunge in calce al libro: si tratta di una vera e propria dimostrazione di come le sperimentazioni del futurismo abbiano condizionato in maniera profonda anche la sua personale ricerca espressiva, che lo ha portato alla realizzazione di opere create grazie all’intervento fisico di alcuni residuati bellici e di un film alquanto visionario, proiettato al Mart qualche anno fa, sulle vicende dei ciclisti-automobilisti. E l’originalità del volume sta a nostro avviso proprio in questo punto di vista “artistico” che permea le pagine dell’introduzione e dell’appendice, traducendosi in una scrittura sintetica ed originale, perfettamente in linea con le vicende narrate nella parte centrale.

La Grande Guerra raccontata dalle cartoline”. Anche in questo caso i due autori non indossano i panni puntigliosi dello storico. Sono due appassionati di cartoline; uno dei due, Carmelo Nuvoli, innamorato a tal punto del genere da avergli dedicato, nel 1994, perfino un piccolo ma conosciuto museo a Isera. Come esplicitato dal titolo, il racconto degli eventi storici è affidato quasi esclusivamente alle immagini delle cartoline (ma non solo). Un fatto, questo, che inserisce il volume in una biblioteca ideale dell’ibridazione tra i generi, volta ad affrontare un periodo storico sotto nuove luci, forse meno brillanti e frontali, comunque capaci di far emergere inediti punti di riflessione. Tra i tanti esempi possibili di questo genere, ricordiamo volentieri la “Storia d’Italia attraverso i francobolli”, saggio di Federico Zeri inserito nella “Storia dell’Arte italiana” di Einaudi e, per il tema che ci interessa, “Le arti popolari della prima Guerra Mondiale” (Studio Forma, 1976) e “La guerra nella testa. Arte popolare, esperienze e memoria nel primo conflitto mondiale” (Lint Editoriale, 1998).

Tutto questo anche per perdonare l’oziosità delle parti introduttive di ciascun capitolo, dal taglio scolastico, che si sarebbero forse potute risparmiare a favore di un approfondimento sulla peculiarità grafica del volume.

Poche, infatti, le notizie sulla specificità “cartolinesca”, ovvero gli illustratori (alcuni sono noti artisti), le tirature, le modalità di diffusione, gli editori, i committenti, le tecniche di propaganda e così via. Il volume rimane comunque un prezioso repertorio d’immagini, capaci più di molte parole di trasmetterci le quotidiane problematiche, i luoghi comuni, le parole d’ordine, le mitologie, le speranze e soprattutto l’immaginario di un’epoca.

Per addentrarci più nello specifico delle immagini, un primo gruppo di cartoline presentato nel volume è quello dedicato al tema dell’amore. Amore fra un soldato e una fanciulla, colto spesso nel momento del commiato, della promessa di un ritorno, da vincitore, s’intende. Ma anche amore per la Patria, spesso idealizzata sotto sembianze femminili e ornata dagli attributi nazionali.

L’amore per la patria non è poi solo quello che conduce al sacrificio il coraggioso - quanto idealizzato - soldato, ma anche quello delle madri alleva-famiglia e soprattutto quello del prestito nazionale, ricorrente in molti esemplari provenienti da ogni fronte. Un altro nucleo di cartoline celebra, tramite illustrazioni e più raramente tramite fotografie, alcune decisive e vincenti battaglie, come ad esempio quella dell’Isonzo. Il tratto grafico è in questi esemplari più realistico, quasi didascalico, lo stesso che si poteva trovare al tempo sulle copertine delle riviste illustrate, come quelle di Beltrame sulla “Domenica del Corriere”. Nulla, insomma, delle grottesche e spesso fascinose deformazioni subite dal nemico nelle cartoline di stretta propaganda, dai tratti più maligni che caricaturali, in cui l’Odiato assumeva spesso le sembianze arcigne della Morte o del Diavolo.

La deformazione, sgonfiata dalla più dorata propaganda e caricata di un sottile humour, è invece presente nelle cartoline specificatamente satiriche. Segnaliamo, a tale proposito, la bella serie di cartoline disegnate da Arturo Martini titolate “La danza macabra” e quelle più spigliate dell’illustratore Golia, aventi come bersaglio prediletto e fumettistico Francesco Giuseppe.

Questi solo alcuni dei soggetti trattati nelle centinaia di cartoline raccolte nel volume, che le parole, senza l’intervento significativo delle immagini, difficilmente riuscirebbero a descrivere.