Ultime da El Salvador
Povertà e violenze - vissute in prima persona dal vostro cronista - nel piccolo stato centro-americano.
L’altroieri, 5 luglio, a 200 metri dall’ufficio della ONG dove lavoro, in prossimità dell’università nazionale, gli scontri tra studenti (manifestazione contro il carovita) e polizia hanno provocato morti e feriti; c’erano pure cecchini della polizia sul tetto dell’ospedale infantile, e hanno cominciato a mitragliare con gli M-16 dall’elicottero.
Dall’ufficio, sono dovuto scappare a casa alle 11 e non ho potuto lavorare perché, oltre ad essersene andata la corrente elettrica, la polizia stava entrando a ispezionare gli uffici delle ONG e a fare piacevoli interrogatori (alcuni dicono che fossero sullo stile della caserma Diaz del post Genova, ricordate?).
Nella notte, poi, gli studenti asserragliati negli edifici universitari sono stati sgomberati dalla polizia in un’operazione speciale. La notte porta consiglio: non lascia tracce, né permette di identificare chi fa che cosa.
Uno dei supposti "studenti" era realmente armato con un’arma di grosso calibro, un fucile mitragliatore M-16 a quanto pare. E tre poliziotti dell’UMO (Unidad de Mantenimiento del Orden) sono morti: immagini raccapriccianti ai telegiornali, con un agente centrato alla testa che veniva trascinato dai compagni verso l’ambulanza lasciando sull’asfalto brandelli di massa cerebrale fuoriuscenti dal cranio sfondato dalla pallottola. Data la posizione di tiro e l’impugnatura dell’arma, lo "studente" doveva essere un professionista, allenato all’uso di quello strumento. Difficile non pensare ad una persona infiltrata, o se non altro opportunamente manipolata ad hoc.
Le notizie ufficiali annuncianti che la polizia avrebbe utilizzato solamente pallottole di gomma sono da smentire. Nelle foto appaiono gli agenti con AK-47 e pistole d’ordinanza, e ci sono morti e feriti anche tra i manifestanti e non solo - includendo un funzionario dell’università raggiunto a lunga distanza (nel suo ufficio!) da un proiettile vagante... Di gomma? Non direi proprio, il tipo ci ha lasciato le penne.
L’uso politico che si sta facendo di questi scontri è inevitabile e al tempo stesso patetico, per la banalità con cui viene affrontato il tema.
Il partito di destra ultraliberale al governo (ARENA, Alianza Republicana Nacionalista) afferma senza mezzi termini che si tratta di una manovra destabilizzatrice del partito di sinistra (FMLN - Frente Farabundo Martì de Liberaciòn Nacionàl, scaturito dalla guerriglia terminata nel ’92), che nel paese mantiene un ampio appoggio popolare, quasi pari a quello del partito di destra al governo. La manifestazione, tuttavia, era organizzata da altri gruppi dissidenti di sinistra (indipendenti, gruppi studenteschi, ecc) e non dalla direzione del partito di sinistra, che di fatto, pur d’accordo negli intenti, non ha rivendicato la leadership della manifestazione.
Pochi prendono in considerazione la "Procuradora" dei Diritti Umani della Repubblica che denuncia la violenza in sé come una mina sotto i piedi dello stato di diritto, ma anche e soprattutto le gravi violazioni ai diritti umani di cui le forze dell’ordine sono responsabili.
E pochi si rendono conto che dietro la manifestazione si profila ancora una volta un malessere sociale grave, dovuto all’altissimo costo della vita in proporzione ai salari (anche a seguito della dollarizzazione dell’economia nazionale avvenuta qualche anno fa) e al crescente gap sociale tra pochi ricchi e moltissimi poveri. Tanto per avere un’idea, il salario minimo in questo paese si aggira attorno ai 60 euro mensili.
Oggi, per le strade di San Salvador, capitale chiassosa e violenta della piccola repubblica centroamericana, ci saranno proteste per l’eccessivo livello di violenza dei giorni scorsi da parte dello stato, che ricorda i tempi della guerra civile, terminata poco più di 10 anni fa. Che succederà? Niente di scandaloso, probabilmente, eccetto lo scandalo quotidiano di un paese che vive le disparità dell’ingiustizia a fior di pelle. La paura attanaglia le budella: la gente oggi non è voluta uscire di casa, e la strada da casa all’ufficio non è mai stata così libera e scorrevole, in un giorno lavorativo: in auto, 10 minuti anziché 40.