Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 10, 20 maggio 2006 Monitor

Senza titolo... e senza pubblico

Impeccabile esecuzione al Mart di Rovereto di "Untitled" di Lucinda Childs, presente a un apposito incontro. Però, se non si pubblicizza il tutto, si creano solo eventi flop.

"Untitled": questo il non-titolo scelto dalla celebre coreografa americana Lucinda Childs per il laboratorio da lei tenuto alla Scuola d’arte drammatica "Paolo Grassi" nel corso dell’anno accademico 2005/2006, conclusosi con una performance finale presentata, dopo la prima a Milano, a Rovereto, nell’ambito degli eventi a cornice della mostra “La danza delle avanguardie”. E fin qui tutto bene. Purtroppo lo spettacolo, estremamente interessante ed altamente esemplificativo dello stile minimalista della Childs, non ha goduto dell’attenzione e della promozione che sicuramente meritava, ed è stato infine acclamato da una quarantina scarsa di spettatori - appena il doppio dei danzatori coinvolti! - i quali, con un calorosissimo applauso finale, hanno tentato di riempire il vuoto desolante dell’Auditorium Melotti.

Si è parlato molto al termine della mostra sulla danza del grande successo riscosso in termini numerici dal Mart: 91.011 visitatori in totale, con una media di 716 presenze al giorno; un insuccesso altrettanto evidente, per fermarsi al puro confronto matematico, è stato al contrario registrato dai cosiddetti "eventi a cornice della mostra". Possibile che tra i 716 o più visitatori che venerdì 5 maggio hanno visitato e - immaginiamo - apprezzato la mostra, quasi nessuno abbia deciso di fermarsi un po’ di più a Rovereto per assistere ad uno spettacolo gratuito e strettamente legato al tema dell’esposizione? Una situazione molto simile si era verificata anche sabato 18 marzo in occasione dello spettacolo "Perdutamente Novecento", omaggio ai "Balletti russi" di Diaghilev; la risposta all’irrisoria affluenza di pubblico sta certamente nella scarsa promozione dell’evento: quasi nessuno, a parte gli organizzatori, sapeva qualcosa della rappresentazione. "Bastava mandare qualche invito alle scuole di danza della citta!" mormora qualche genitore demoralizzato seduto in prima fila e, in effetti, gli studenti che in questi giorni affollano numerosi i teatri per i saggi di fine anno, sarebbero sicuramente accorsi - se informati - ad applaudire i colleghi milanesi. Tanto più che la Scuola d’arte drammatica fondata nel 1951 da Paolo Grassi e Giorgio Strehler, legata nei suoi primi anni di vita al Piccolo Teatro di Milano, è una delle istituzioni più prestigiose nell’ambito della formazione alle discipline dello spettacolo e si avvale, per il corso triennale di teatrodanza, di collaborazioni con i più importanti coreografi della scena contemporanea.

La stessa Lucinda Childs, nome culto della post-modern dance americana degli anni Sessanta, aveva partecipato il pomeriggio ad un incontro tenutosi presso la sala conferenze del Mart, moderato da Elisa Guzzo Vaccarino, curatrice e vera mente ideatrice della mostra. Anche qui si è ricreato lo scenario un po’ desolante della serata: una ventina di spettatori, tra cui probabilmente gran parte dei partecipanti al laboratorio di danza.

L’annuncio dell’incontro era stato lanciato la settimana precedente durante la conferenza tenuta dalla Belli insieme alla Vaccarino e ad Achille Bonito Oliva (decisamente più affollata ma neppure troppo, se pensiamo all’eccezionalità del personaggio coinvolto), però non compariva su nessun dépliant del museo e neppure il personale addetto alle informazioni ne sapeva granché. Inoltre, lo stesso giorno alla stessa ora, si stava svolgendo a Trento, presso la sede di Palazzo delle Albere, l’inaugurazione della mostra fotografica dedicata a Flavio Faganello (Faganello, ovvero la modernità del neorealismo), e questo la dice lunga sulle lacune organizzative del museo.

Durante l’incontro Lucinda Childs ha ripercorso le tappe della sua carriera artistica, aiutandosi con degli spezzoni video tratti da alcune delle sue coreografie più celebri, tra le quali ricordiamo quelle che hanno dato vita al "minimalismo" nella danza e si sono legate indissolubilmente al nome del celebre compositore Philip Glass (vedi Effetto Glass): "Einstein on the Beach" (1973) e "Dance" (1979). In "Untitled" la Childs si rifà a queste esperienze e compone il movimento in modo quasi maniacale, alternando una serie di frasi ripetute e modulate da sottili cambiamenti, talvolta impercettibili, che tracciano sul palcoscenico percorsi geometrici dotati di una complessità e di una pulizia formale stupefacente. L’ispirazione proviene dai gesti quotidiani o dalle improvvisazioni senza musica degli allievi, che, dopo essere state selezionate e "purificate", vengono prima assemblate in micro-strutture coreografiche e poi adattate alla colonna sonora: in questo caso, "Music with changing Parts", uno dei pezzi più celebri - e più difficili da ballare - del primo Glass (1970).

L’esecuzione di "Untitled" proposta dagli allievi del corso di Teatrodanza della "Paolo Grassi" è stata impeccabile e i danzatori hanno dimostrato di aver compreso appieno gli insegnamenti di Lucinda Childs, il cui entusiastico applauso finale ha certamente rinvigorito l’animo degli interpreti ed è valso per loro molto più del consenso di un intero teatro.