Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 18, 29 ottobre 2005 Monitor

Quando si dice underground

Lawrence Ferlinghetti e il suo recital, dai sotterranei romani alla platea del Teatro Sociale: una serata di bella e intensa poesia, il lirismo del beat ancora integro e attuale cinquant'anni dopo.

Lawrence Ferlinghetti comincia il suo recital trentino dai sotterranei romanici del Teatro Sociale. Al suo fianco Renzo Maria Grosselli legge le traduzioni, mentre Francesco Dal Bosco li riprende con una telecamera. Dalla platea il pubblico li vede proiettati su uno schermo sospeso sopra la scena.

Lawrence Ferlinghetti oggi
Lawrence Ferlinghetti nel 1959.

A dirla così sembra anche un’idea un po’ scontata. Invece no, a pensarci bene quel sotterraneo, quelle luci, quell’umidità, quella storia evocano in fondo un po’ la marginalità dell’arte poetica, nella fattispecie del beat, che ha sì raggiunto risonanza mondiale, ma che in realtà è nata negli scantinati dei quartieri periferici delle grandi città nordamericane. A pensarci ancora meglio, sarebbe stato da tenere proprio tutto lì il recital, con il pubblico scomodamente seduto sulle dure, umide, antiche pietre. Giù, nell’underground appunto, nell’illusione di clandestinità dell’elitaria cricca dei poeti non allineati e non pacificati. A gelarsi le chiappe, perché non c’è poesia senza sofferenza… Ma si sa, i nostri dolori ormai sono tutti intellettuali e poi chissà se il poeta ottantaseienne avrebbe resistito senza beccarsi una polmonite. Così Ferlinghetti risale all’istituzionalità della scena pubblica convenzionale, ma non prima di essersi infilato una mascherina sugli occhi e di aver attraversato la platea con un bastone da non vedente: "Sono il tuo poeta cieco ma non sono Omero/ Sono il tuo poeta e pittore cieco/ Sto contemplandomi l’ombelico/ Vedo nel mio proprio intimo/ Vedo nella mia propria mente/ Piena di frasi ed immagini fantastiche/ Sto dipingendo il paesaggio della mia anima" - recita una volta raggiunto il palco. Poi ancora alcune letture ed un intermezzo musicale dei Dittamondo Ensemble, che francamente non si capisce cosa c’entrino con la loro musica antica. Ma è lo stesso, va bene anche così, con questa performance un po’ raffazzonata ed improvvisata, dove le apparecchiature elettriche non sempre funzionano e i disguidi, le confabulazioni in scena per la scelta dei testi, liberano un po’ da quell’ingessatura ossequiosa tipica della provincia verso gli antichi miti cultural/urbani. Alla fine quello che conta è l’uomo, il vecchio, il poeta che abbiamo davanti e che legge le sue poesie.

Belle poesie, toccanti poesie di vecchi immigrati italiani morenti al sole della California, di incubi ecologici ed animali sterminati. Poesie politiche, del sogno di volare dei fratelli Wright che cento anni dopo torna come un boomerang a schiantarsi sulle torri gemelle.

Forse le parole più belle scritte dopo l’11 settembre e, guarda la coincidenza, recitate da Ferlinghetti in chiusura a "Fragile" il documentario/riflessione realizzato proprio da Francesco Dal Bosco alcuni mesi dopo l’attentato. Insomma, più di tutto conta quella sua lettura cadenzata nella pulsazione del jazz ad evocare una provenienza e una appartenenza. Ecco nelle ritmica del bebop il lirismo del beat, riconsegnato integro cinquant’anni dopo. Uno stile e una concezione poetica in cui è l’immediatezza delle parole dure ma piane, e non l’interpretazione enfatica, ad esplicitare il senso ed i sentimenti di tutta una generazione alternativa alla tradizione e alla società industriale. Così stride l’irruenza recitativa delle versioni italiane di Grosselli, che peraltro aveva giustamente scelto di presentarle prima di quelle originali.

Poi il finale dada/futurista, con migliaia di foglietti poetici che piovono dal loggione del teatro. Un bombardamento poetico che, per quanto preannunciato, ha sorpreso e coinvolto il pubblico. A soft rain’s a-gonna fall, viene da pensare, per illudersi che la spaventosa attualità di tante poetiche parole piovute dal cielo trovi ancora forza di diffondersi tra nuove generazioni di lettori partecipi, che ne condividano forme, senso, pratica.

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Jack Hirschman

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.