Jack Hirschman
Al Teatro Sociale di Trento pochi presenti all'intenso recital del poeta americano: peccato.
IIn pochi erano presenti al teatro Sociale. Peccato, perché Jack Hirschman, oltre che poeta, è anche una persona piacevole: parla italiano e ama Pasolini. Sulle immagini che hanno cominciato ad apparire sullo schermo, mentre ancora non si capiva se era l’inizio o se era uno sbaglio (inquadrature mosse e storte), si sono presentati i due ideatori della serata: Renzo Maria Grosselli e Laura Zanetti.
Con l’aria molto emozionata la Zanetti ha prima ricordato che l’anno scorso (Quando si dice underground) aveva dovuto intrattenere il pubblico mentre Ferlinghetti finiva di cenare; poi ha ripreso dal “programma”, da lei scritto, alcuni concetti: la sensazione di essere divisi dall’Europa che gli americani provano dal 2001, i fermenti della Los Angeles lontano dallo show-business, Hirschman licenziato dalla UCLA nel 1966 per aver alzato i voti degli studenti in modo da evitargli il Vietnam.
Poi, scortato dalla telecamera, il poeta è apparso. Si è presentato in italiano e ha letto in inglese New York New York (vedi a fianco), mentre Grosselli la riproponeva poi in italiano. Il tutto era accompagnato da Andrea Sorgini al pianoforte, che improvvisava su pezzi suoi, e dalle riprese di Francesco Dal Bosco, che inquadrava il palco. Nulla di preparato in anticipo, così come (mi hanno detto gli ideatori) aveva imposto Hirschman. Con questa formula sono state lette una decina di poesie, alcune brevi come Blue o The Happiness, altre piuttosto lunghe, come gli Arcani. Parla di sentimenti e politica, Hirschman, inventa termini come “Gunstitution”(fusione americana di pistola e constituzione) e “Bushit”, pronunciato a mezzo fra “Bullshit” e “Bush-shit”: le stronzate di Bush. Le parole sono inesorabili, sanno di schiettezza amara, come sentire Giorgio Bocca parlare da Fazio domenica scorsa, e rabbia, ma anche speranza.
Il poeta ha vissuto. Nato nel 1933, è stato amico di Ferlinghetti e Corso, è stato comunista durante la guerra fredda ed è il poeta laureato del 2006 per la città di S. Francisco. Dopo l’ultima lettura, Poem for the Millenium, si è capito cosa si intendeva per “bombardamento poetico”. Infatti, dai palchi del teatro sono cominciati a volare pezzi di poesia. Un’idea molto carina, ma che ha fatto lacrimare il mio cuore ambientalista, anche perché, mentre mi affannavo a raccogliere i candidi biglietti, mi è stato detto: “Lasci pure. Fuori ci sono dei blocchetti da portar via”. Dopo un Sociale semideserto, ho attraversato l’esuberante popolosità di via Calepina: dappertutto giovani. Come mettere in contatto queste realtà?
In conclusione, assumendo una sincerità street, penso che l’iniziativa sia valida: avere un poeta come Jack Hirschman a Trento è superlativo, ma l’organizzazione mi ha fatto venire voglia di restare a casa a leggere Alda Merini.
New York New York
It’s big
It’s ugly
I hate it
I love it
I’m free
O
Talk to me
Can’t you hear me
I’ll do anything for it
It’s so big
It’s filthy
It’s so sweet
I adore it
I’m staying
I’ll never leave
It’s in me
It’s so cruel
I hate it
I love it
It’s mine
Again and again
I say I hate war
I love It it’s
disgusting
It’s awesome
I love it
I won’t go
I promise
It’s beautiful
Talk to me
Can’t you hear
Me loving
O it’s so brutal
It’s so shit
Talk to me
Tell me
What I should do
Anything
It’s marvellous
I’ll never stop
Loving it
Never never
Never never
Never