La funicolare della discordia
Un dibattito acceso e un referendum negato attorno a un piccolo grande dilemma: ristrutturare o ricostruire?
Dalla periferia est della città alla "Hungerburg" esiste, da un secolo, una funicolare, e da qua una funivia fino in cima alla montagna; e da una decina d’anni si discute sull’opportunità di ricostruirla ex novo. Il progetto di una società privata, vivamente contestato dai cittadini, dei baroni delle funivie dello Zillertal, e due concorsi urbanistici ed architettonici, sono finiti nel nulla. Oggi, con un nuovo progetto votato dal Consiglio, i cittadini si ribellano ancora e chiedono un referendum, negato dalla sindaca per ragioni giuridiche, ma soprattutto politiche.
La funicolare, per la verità, è stata contestata sin dall’inizio. Quando un ingegnere locale, fiutando grandi profitti nel settore turistico che si stava appena sviluppando, presentò il suo progetto, fu tacciato di pericoloso modernista che voleva distruggere la graziosa veduta della città. Ma oggi la "brutale" costruzione sembra abbia vinto i cuori dei cittadini, i quali di una nuova non vogliono sentir parlare.
Il problema della vecchia funicolare, secondo la maggioranza del Consiglio, ha due aspetti fondamentali. In primis, la stazione a valle è lontana dai corsi abituali dei turisti, specialmente di quelli giornalieri. E’ raggiungibile, naturalmente, con bus e tram, ma non si presenta spontaneamente agli occhi dei turisti. Bisogna, dunque, avere una stazione vicina al centro storico, per comunicare la caratteristica della città di essere in mezzo ad impressionanti montagne, con le cime a portata di mano. Altrimenti - in secundis - mancano i passeggeri e il deficit operativo sarebbe garantito. Parola d’onore di chi ha scritto il business plan, cioè della S.p.a. comunale dei servizi. Chiudere la funicolare e la funivia, nemmeno parlarne. Sarebbe un sacrilegio, un suicidio politico. Generazioni di cittadini l’hanno usata per la ricreazione vicino alla città, per sciare, ed oggi per lo snow-boarding. La "Nordkettenbahn", la vogliono tutti, dai semplici cittadini fino ai grandi imprenditori del turismo. In quale forma ed a quale prezzo però?
Nel 2003, il Consiglio votò per un bando di concorso europeo per una concessione di servizio, da aggiudicare secondo il principio dell’offerta economicamente più favorevole, e cioè del minimo bisogno di aiuti statali. Contrari, solo i verdi, che criticavano la mancanza di criteri di qualità urbanistici e architettonici.
Il concorso lo vinse la società Strabag, una delle imprese europee più potenti. La città doveva pagare 30 milioni circa di aiuti per la costruzione, ma poi il rischio operativo doveva restare alla società privata, titolare della concessione per 30 anni.
I calcoli parevano semplici: i costi di un’ulteriore modernizzazione della vecchia funicolare, più il deficit operativo preventivato ed accumulato, superavano il pagamento una tantum. Nessun miracolo: la nuova costruzione e gestione dovevano garantire, secondo i privati, meno costi operativi e più passeggeri. La "public private partnership" per garantire un servizio pubblico senza costi eccessivi per il Comune divenne un modello per mezza Europa, studiato dagli esperti del settore, anche perché Innsbruck aveva trovato il modo giusto di garantire aiuti statali senza incorrere nei rischi dei divieti comunitari.
Tutto bene? Nemmeno per sogno. Nel dicembre del 2004, il Consiglio in seduta speciale, qualche giorno prima di Natale e con solo alcuni giorni per studiare centinaia di pagine del contratto della concessione e del progetto tecnico, votò, a grande maggioranza, a favore della concessione; contrari i socialdemocratici, che un anno prima erano stati a favore del bando di concorso, mentre i verdi non riuscirono a trovare una linea comune.
Il progetto, firmato Zaha Hadid, prevede una stazione proprio vicina al palazzo dei congressi in pieno centro, un tratto sotterraneo lungo il fiume Inn, un futuristico ponte, e poi una nuova funicolare verso la stazione a monte.
Una "campagna d’informazione", nella primavera del 2005 – della quale la sindaca si era dimenticata prima del voto in Consiglio - riuscì solo a far incazzare i cittadini, cioè a fargli capire che questa volta si faceva sul serio: si stava per costruire una nuova funicolare - e una privata, maledizione! - invece di presentare progetti ambiziosi quanto futili. Così un comitato cittadino ha raccolto migliaia di firme per un referendum, allo scopo di garantire la ristrutturazione della vecchia funicolare.
Solo che, secondo la sindaca, il referendum non s’ha da fare, perché costituzionalmente impossibile: non si può votare su un contratto già sottoscritto e vincolante. E giuridicamente parlando, ha ragione . I cittadini, però, senza grande rispetto per le sottigliezze costituzionali, vogliono votare lo stesso per bocciare il progetto.
Verdi e socialdemocratici chiedono un’ulteriore seduta speciale del Consiglio per trovare una soluzione, cioè per riformulare il quesito referendario in modo giuridicamente valido.
Su questo, finalmente, i verdi hanno ritrovato la loro unità interna: si può essere, con ragioni rispettabili, pro o contro la nuova funicolare, ma quando si tratta di spendere 30 milioni contro la volontà popolare, o qualche euro di più per un progetto caro ai cittadini, lasciar decidere gli stessi cittadini non guasta.