Il decalogo della criminalità organizzata
Che cos'è la criminalità organizzata? Come sia importante darne una definizione omogenea, raccogliere i dati con uguale sistema, realizzare politiche comuni.
Che cos’è la criminalità organizzata? Come può essere definita in ambito europeo? Ci sono diverse definizioni che tentano di dare una lettura del fenomeno. La definizione più dettagliata è quella del Consiglio di Europa che comprende 11 criteri di definizione. Di questi i primi quattro sono obbligatori: 1. coinvolgimento di più di due persone; 2. per un periodo di tempo prolungato o indefinito; 3. sospettate di partecipazione a crimini gravi; 4. aventi lo scopo di ricavare profitto e/o potere.
A questi se ne aggiungono due tra sei facoltativi che sono: 5. ruoli specifici per ciascun membro del gruppo; 6. uso di forme di controllo all’interno del gruppo; 7. attività a livello internazionale; 8. uso di violenza o di altre forme intimidatorie; 9. uso di apparati commerciali; 10. partecipazione al riciclaggio di denaro; 11. influenza sulla politica, sui media, sulla pubblica amministrazione, sulle autorità giudiziarie o sull’economia.
Un’altra definizione di criminalità organizzata - più generale - è riportata nella "Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale" del 2000. Secondo questa definizione un gruppo di criminalità organizzata è quel gruppo di tre o più persone che commette dei crimini gravi nei territori di più stati al fine di ricavarne benefici finanziari e materiali. Come si evince dal confronto, l’Onu privilegia il carattere internazionale delle attività svolte dai gruppi di criminalità organizzata, mentre il Consiglio di Europa, predilige la struttura e l’organizzazione interna del gruppo.
Anche in Europa, tra i paesi membri dell’Unione, manca una definizione comune di criminalità organizzata. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che alcuni stati - tra cui Belgio, Germania e Italia - continuano a definirla con criteri prettamente interni e contenuti nei propri codici penali, trascurandone così il carattere transnazionale. Da questa lacuna nascono le difficoltà che ostacolano la realizzazione di politiche comuni nella lotta alla criminalità organizzata e che – di conseguenza – accrescono le opportunità per i gruppi criminali.
Questo è quanto emerge dal progetto EUSTOC, condotto da Transcrime in cooperazione con altri partners europei e finanziato dalla Commissione Europea, nell’ambito del programma AGIS 2003. La ricerca ha analizzato le attuali fonti che producono dati sulla criminalità organizzata, a livello internazionale, regionale e nazionale, individuate in termini di chi raccoglie i dati statistici sulla criminalità organizzata, quali dati vengono raccolti e come vengono acquisiti. L’obiettivo era di far emergere i punti in comune e le divergenze tra i diversi sistemi di raccolta-dati adottati.
Dallo studio si osserva che gli istituti che si occupano della raccolta dei dati sulla criminalità organizzata a livello europeo e internazionale sono: l’ONU; l’Europol, l’HEUNI (Istituto Europeo per la Prevenzione e Controllo della Criminalità) e il Consiglio d’Europa.
Che tipo di dati vengono raccolti? A livello internazionale ed europeo, i dati raccolti sono scarsi e non sono uguali per tutti gli stati membri UE. In Germania, ad esempio, vengono raccolte variabili sia sul reato (ad esempio, nel caso del traffico di droga, il tipo di droga, le rotte, il mezzo di trasporto) che sui gruppi di criminalità organizzata (durata della collaborazione dei gruppi, modus operandi usato per compiere le attività criminali, posizione geografica); in Francia invece le variabili acquisite sono relative soltanto ai reati.
Come vengono acquisiti i dati sulla criminalità organizzata? In genere nei paesi europei i dati vengono raccolti a livello locale/regionale dagli istituti specifici e sono poi inviati all’istituto che ne coordina la raccolta e li gestisce a livello nazionale.
Da quanto analizzato, a livello europeo si evince soprattutto la necessità che i paesi membri adottino una definizione di criminalità organizzata comune e in particolar modo quella espressa dal Consiglio d’Europa, e che assumano un uguale sistema di raccolta-dati basato sul reato, in modo da poter acquisire le stesse informazioni sul medesimo fenomeno e poter realizzare politiche comuni per risolverlo. E’ bene quindi che la consapevolezza della transnazionalità della criminalità organizzata conduca i paesi dell’Unione a ricorrere a comuni strumenti di lotta e risoluzione del problema.