Tutti in carrozza!
Ritorna in funzione la ferrovia della Venosta. Il segnale di un’inversione di tendenza?
"E’ la valle più povera, e questo alla fine si è rivelato un vantaggio" - mi dice un signore di Lasa, che inizia una conversazione con me per distrarsi dal pigia pigia del viaggio domenicale ed essendo del posto si sente un po’ padrone di casa e un po’ cicerone.
Centinaia e centinaia di venostani si accalcano sul trenino nella giornata inaugurale, famiglie in costume tirolese, con vecchi e bambini, si fanno sballottare senza lamentarsi né del ritardo né della scomodità. La Val Venosta è bellissima, con i suoi campi coltivati al centimetro, le invenzioni come i Waale, i corsi d’acqua artificiali in quota per irrigare un territorio arido e ventoso, i campanili svettanti sopra le chiese al centro di paesi raccolti, dentro le quali si nascondono splendidi altari gotici e barocchi. Negli ultimi due decenni, anche qui, ben dopo le ricche valli d’Isarco e Pusteria, si sono trovati i soldi per fare restauri degli antichi edifici e si è costruito, soprattutto nell’alta valle, per merito di una generazione di giovani architetti, case ed edifici pubblici di grande bellezza, studiando i materiali e innovando anche dal punto di vista ecologico le modalità di costruzione. Tanto che è frequente vedere case venostane apparire sulle moderne riviste di architettura.
Ed è questo paesaggio in cui natura e cultura si uniscono e fanno a gara di bellezza, che si vede dal nuovo trenino, risultato di un massiccio - e da alcune parti contestato - investimento della Provincia, che ha riportato in vita una linea ormai chiusa da parecchi anni.
Il treno Merano-Malles è il risultato ridotto dell’idea di fare una linea attraverso il passo di Resia, la cui prima proposta risale al 1830: doveva essere un tratto di una ferrovia che avrebbe condotto dalla Gran Bretagna all’India per la via più breve. Questo almeno si legge nelle antiche cronache, che si possono leggere, oltre che sul materiale informativo, nella bella mostra ospitata dalla stazione di Castelbello, purtroppo solo in tedesco.
Il primo luglio 1906 la ferrovia della Venosta fu aperta dopo solo due anni e mezzo di cantiere. Per la valle fu un volano di sviluppo. Sorsero molti alberghi e le cave di marmo di Lasa poterono portare i pesanti blocchi di marmo sul nuovo mezzo di trasporto.
Durante la prima guerra mondiale la ferrovia portò munizioni e soldati al fronte vicino. Nel 1918 ovviamente la linea entrò a far parte delle ferrovie italiane. E come riparazione di guerra gli austriaci avrebbero dovuto costruire la sua prosecuzione fino a Landeck, la prima città oltre il nuovo confine di Resia. I lavori cominciarono, vennero interrotti dallo scoppio della guerra e proseguirono poi con il lavoro obbligatorio dei prigionieri di guerra. Infine la guerra bloccò del tutto i lavori. E la linea riprese a funzionare nel dopoguerra nel tratto originario. Fino al 1989, quando le Ferrovie italiane decisero di bloccare la linea per scarsità di utenti. Era l’ottusa politica dei cosiddetti "rami secchi", che in un cerchio infernale di pessimo servizio e conseguente riduzione di passeggeri, a sua volta addotta come causa di una rarefazione del servizio, ha reso il servizio ferroviario italiano uno dei peggiori d’Europa.
Per ancora un paio d’anni venne fatta una corsa, in funzione dei turisti, una volta alla settimana, con una locomotiva a vapore che si fermava a Laces. Ma anche queste corse terminarono nel 1991. Da allora si formò un movimento, che per vari motivi, non ultimi quelli a favore di una mobilità pubblica più ecologica, mobilitarono popolazione, scuole, associazioni culturali, per chiedere i ripristino della vecchia linea.
Nel 1999 la Provincia assunse la competenza per questa linea. E’ la prima linea ferroviaria di proprietà della Provincia. E nel 2000, in mezzo a molte polemiche e anche con l’ostilità di alcuni sindaci della valle, cominciarono i lavori di ripristino, che si sono ampliati rispetto al progetto iniziale, sia per caratteristiche che per costi.
E due giorni prima delle elezioni comunali, puntualmente, la ferrovia è stata re-inaugurata. Le autorità provinciali, dopo molte resistenze, hanno finito per considerano importante la realizzazione di un corridoio di trasporto verso il capoluogo che permetta di sfuggire a una strada spesso oberata di traffico. Moltissimi venostani lavorano o studiano a Merano o a Bolzano, ma vivono in paesi con una qualità di vita indubbiamente migliore, e questo collegamento permette di raggiungere più comodamente le due città. Se verrà usato solo dai turisti, o anche da chi lavora, è ancora da vedersi.
Il tragitto Malles-Bolzano dura quasi tre ore in treno, i collegamenti fra le linee Malles-Merano e Merano-Bolzano non sono coordinati, tant’è vero che mentre il trenino arrivava a Merano dopo due ore di percorso, il treno per Bolzano stava uscendo dalla stazione. La gente sul treno nelle giornate inaugurali, nonostante la grande euforia, si diceva che in auto ci si mette al massimo un’ora e un quarto. Troppo poco perché il treno sia concorrenziale. Tuttavia con gli allargamenti stradali che la Provincia intende fare a Töll e in altri luoghi dovrebbe essere garantito che le code di autotreni, già oggi impressionanti, diventeranno tali che il treno sarà senz’altro una via di salvezza per gli abitanti che non vogliano passare le loro giornate bloccati sulla strada.
Intanto la realizzazione della ferrovia è il segnale di un’inversione di tendenza da parte di una amministrazione pubblica che ha sempre favorito il trasporto su gomma e che paralizza ogni tentativo del Comune di Bolzano (debolissimo in verità) di ridurre l’assalto quotidiano dei pendolari motorizzati al capoluogo.