Fumo passivo: una sentenza storica
E inoltre: modem a rischio, contraffazioni, caro benzina e Istat inaffidabile.
Davvero clamorosa la causa vinta dal Codacons dinanzi al Tribunale del Lavoro di Roma. La IV sez. del Tribunale, giudice dott. Giuseppina Vetritto, ha infatti condannato il Ministero della Pubblica Istruzione a un mega-risarcimento danni di 395.725 euro più spese legali in favore degli eredi di una donna, dipendente del Ministero, ammalatasi di tumore a causa del fumo passivo dei colleghi.
Questi i fatti: Maria Sposetti, fu assunta dal Ministero il 30 maggio 1980. Il 25 settembre 1992 le fu diagnosticato un tumore al polmone destro, per il quale si rese necessario intervenire chirurgicamente, con asportazione di una parte del polmone. Oltre al delicato e invasivo intervento chirurgico, la signora dovette subire vari cicli di chemioterapia con relativi pesanti postumi, compresa la totale perdita dei capelli; inoltre fu colpita da bronchite asmatica cronica, enfisema polmonare e da un grave stato di depressione.
Dall’esame istologico risultò che il tumore era direttamente riconducibile all’esposizione a fumo passivo.
La donna, che non aveva mai fumato in vita sua né aveva fumatori in famiglia, era stata, suo malgrado, esposta per lungo tempo (7 anni) ad inquinamento da fumo passivo sul luogo di lavoro: lavorava in un’angusta stanza, sprovvista di aeratori, con tre colleghe accanite fumatrici.
Nel 2002 i familiari, attraverso il Codacons, che avanzò la causa seguita dagli avv. Carlo Rienzi e Vincenzo Masullo, chiesero al Tribunale civile di Roma di accertare la violazione da parte del datore di lavoro (il Ministero della Pubblica Istruzione) delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 2087 c.c., Dlgs. 626/94 art. 32 Cost.) che ponevano a suo carico l’obbligo di tutelare la salute della dipendente dai rischi sui luoghi di lavoro e per l’effetto condannarlo al risarcimento di tutti i danni causati.
La sentenza risulta dunque particolarmente importante, in quanto apre la strada a migliaia di cause simili.
Occhio all’ADSL! S. S. di Gardolo si è trovato addebitata una bolletta telefonica da capogiro, malgrado abbia usato telefono e internet allo stesso modo e per la stessa durata dei mesi precedenti. Ebbene, è in agguato una nuova beffa per i consumatori. Dopo il 709 e l’899, ora tocca ai modem per chi si collega ad internet via adsl. Il consumatore, ignaro, si disconnette, spegne anche il computer, ma il modem, quello no, continua a funzionare, all’insaputa ovviamente del navigatore.
La conseguenza sono bollette da infarto, perché il collegamento va avanti 24 ore su 24. Le compagnie telefoniche, chissà perché, si guardano bene dall’avvisare del traffico anomalo. Il risultato è che prima che il consumatore si accorga del problema passano minimo due mesi, ossia fino a quando non riceve la prima bolletta esagerata. Il caso riguarda tutte le compagnie telefoniche, anche se il maggior numero di segnalazioni è per Wind Infostrada ed il modem Router adsl Aethra (StarBridge). Nelle istruzioni, infatti, solo a pagina 25, ossia alla fine del libretto, si legge: "Il modem Starbridge, dopo la prima configurazione per l’accesso ad Internet, si connette automaticamente nel momento in cui risulti: alimentato mediante l’apposito adattatore di alimentazione; acceso dall’interruttore posto sul retro del modem stesso; collegato alla presa telefonica mediante l’apposito cavetto. Pertanto Wind consiglia di disconnettere il modem Adsl ogni qualvolta si termina una sessione di collegamento ad Internet, con la seguente procedura: spegnere il modem Adsl mediante l’apposito interruttore posto sul retro del modem stesso. E’ possibile anche disconnettere il modem tramite il Web browser, facendo click sul bottone Disconnect nella pagina Login Status".
Come "consiglia"? E poi nessun consumatore legge tutto il libretto d’istruzioni e quindi una nota del genere andava messa in prima pagina, magari evidenziando il tutto con un "Attenzione!" a caratteri cubitali. Infine bisognava dire in modo più semplice e chiaro che il modem funziona anche se il computer è spento e che quindi, se non si vogliono ricevere bollette da incubo, si deve assolutamente (non "si consiglia"!) spegnere il modem con l’interruttore.
C ontraffazioni e multe.Adusbef e Federconsumatori sono impegnate nella lotta alla contraffazione con iniziative diffuse sul territorio, volte a informare i consumatori, soprattutto i più giovani, sulle regole che governano la produzione, la distribuzione e la qualità dei prodotti. Infatti il fenomeno dei falsi non solo colpisce le aziende e ingrassa la malavita organizzata che ha in mano l’affare, ma tocca anche un problema di sicurezza, quando la contraffazione riguarda prodotti alimentari, farmaceutici, pezzi di ricambio, ecc.
I fattori che possono contribuire a combatterla e sconfiggerla sono soprattutto la protezione del marchio attraverso interventi repressivi nei confronti di chi smercia illegalmente tali prodotti. Il fenomeno si combatte anche attraverso l’educazione dei cittadini all’acquisto dei prodotti originali, ma non ricorrendo all’applicazione di sanzioni per l’acquirente. Infatti, la via sanzionatoria non solo è difficile, ma produrrebbe scarsi risultati sia per la vastità del fenomeno, sia per l’imbarazzante applicabilità della norma.
La comminazione di ammende di 10.000 euro e più, addirittura il carcere, per il cittadino che trasgredisce, appare un provvedimento sbagliato. Il nostro ordinamento infatti si basa sul principio della proporzionalità delle pene e non sulla esemplarità della sanzione comminata.
Il Decreto in vigore dunque va rivisto sia per una questione di diritto, sia per rendere la norma effettivamente applicabile.
Sembra inoltre incredibile che in questo Paese, mentre si riducono le pene per il falso in bilancio e per truffaldine operazioni fallimentari che producono enormi danni all’economia ed ai risparmiatori, ci si voglia accanire nei confronti del cittadino comune.
I recenti episodi che hanno investito il settore vitivinicolo italiano e che hanno portato all’arresto di un’organizzazione specializzata nelle frodi alimentari è ancora un’altra ferita per il made in Italy e per un prodotto come il vino, apprezzato in tutto il mondo. Occorre quindi dare certezze ai consumatori, inasprendo le sanzioni per chi sfrutta marchi dop e igp a danno della qualità e della buona fede di chi pensa di acquistare un vino di livello superiore. E’ giusto, pertanto, aumentare i controlli e non depenalizzare chi compie sofisticazioni alimentari, come ha proposto di recente il Governo. La tutela della qualità dei prodotti nostrani è indispensabile per mantenere alto il livello competitivo dell’Italia, e per questo chiediamo azioni sempre più restrittive verso coloro che danneggiano l’immagine della nostra produzione.
Caro benzina: chi ci guadagna? V. M. di Riva ci chiede come mai le compagnie petrolifere continuano ad accumulare utili e il prezzo della benzina invece di diminuire continua a salire. In effetti, mentre il petrolio scende sui mercati sotto i 50 dollari al barile e le compagnie petrolifere, ben protette dallo Stato italiano, che sta facendo affari d’oro sulla pelle degli automobilisti, confermano la loro esasperante lentezza nell’abbassare i prezzi della benzina alla pompa (ancora attestati a 1,108 euro al litro per il gasolio e 1,247 per la benzina verde), i conti delle compagnie si gonfiano di utili in maniera direttamente proporzionale allo svuotamento delle tasche dei consumatori. I risultati trimestrali confermano l’evidente speculazione delle compagnie petrolifere operanti in Italia: la Total ha infatti messo a segno un trimestrale record con utili cresciuti del 50% a 2,92 miliardi di euro, molto al di sopra delle stime degli analisti, con vendite aumentate del 18% a 31,7 miliardi di euro.
Gli aumenti registrati sul gasolio nell’ultimo anno, pari al 22%, giustificati solo dalla speculazione del parco circolante a gasolio, che ha superato quello a benzina, ed i rincari, pari al 12,5% della benzina verde, generano un aggravio sui conti delle famiglie pari a 300 euro: 220 sulle benzine e 80 con le ricadute sulle bollette elettriche e del gas, che continuano a lievitare, per non parlare del riverbero sui prezzi al consumo dei beni trasportati.
A questo punto chiediamo al Governo di difendere seriamente il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni, falcidiati dalla speculazione, con la restituzione di 4 miliardi di euro disinvoltamente incamerati come sovrattassa sui prezzi delle benzine.
L ’impoverimento dei ricchi secondo l’Istat.Z. M. di Pergine non riesce a spiegarsi in base a cosa, secondo l’ Istat, le famiglie a reddito fisso avrebbero aumentato il loro potere d’acquisto.
La Federconsumatori ha sempre sostenuto che ci fosse poca attendibilità dei dati Istat per ciò che riguarda l’inflazione. Secondo l’Istituto di ricerca le famiglie a reddito fisso avrebbero aumentato il loro potere di acquisto, per i lavoratori addirittura in maniera sostanziosa. Se ciò fosse vero, significherebbe che il forte aumento dell’indebitamento delle famiglie (+18% negli ultimi anni ed il crollo dei consumi soprattutto nel settore alimentare e dell’abbigliamento, sarebbero dovuti all’improvviso impoverimento delle classi sociali più abbienti. Tutti sanno che è vero proprio il contrario. In questi ultimi anni si è verificato uno spostamento di 50 miliardi di euro dalle famiglie a reddito fisso alle altre categorie sociali. Questo fenomeno, inoltre, per come sono state utilizzate le risorse, ha anche messo in tensione il mercato abitativo che è schizzato a prezzi di compravendita e ad affitti record.
Riteniamo che sia giunto il momento di procedere ad una profonda verifica di come sono svolti ruoli e funzioni dell’Istat, essenziali per l’analisi della realtà economica, e a tale scopo chiediamo che venga istituita una commissione d’inchiesta parlamentare. Bisogna rendere noti i veri dati dello status del Paese che, mai come adesso, annaspa in una crisi di cui non si intravede uno sbocco.