Una radio per resistere
Due esperienze di organizzazione comunitaria alla periferia di Montevideo.
Montevideo, capitale della Repubblica Orientale dell’Uruguay, emisfero australe, aprile 2005. Nel piccolo paese rioplatense è ormai autunno. L’inizio di questa stagione è caratterizzata da un’alternanza di temperature estive di giorno e di gelo notturno, in attesa che venga definitivamente l’inverno. Durante l’inverno, il vero inverno, i venti freddi che attraversano il Rio de la Plata ti tagliano la faccia, penetrano nelle baracche di legno e lamiera, trapassano i vestiti ed arrivano fin nelle ossa. In Uruguay in inverno, se sei povero, senti ancora più freddo…
Gli insediamenti dei quartieri della periferia si organizzano come possono. A Santa Catalina, nella periferia occidentale della città, dove ormai la gente mi conosce e mi saluta amichevolmente, l’associazione H2O ha ideato una maniera originale per fornire dei vestiti caldi ai figli delle famiglie più indigenti, e nello stesso tempo evitare che questa azione sia considerata come un regalo e si trasformi nell’ennesima forma di assistenzialismo. I vestiti, raccolti anche grazie ad una donazione della città italiana di Verbania, vengono "prestati" ai genitori a patto che questi si impegnino, per alcune ore alla settimana, a fornire aiuto volontario all’associazione. In questo modo, oltre a collaborare concretamente al lavoro sul territorio, viene valorizzato l’aiuto materiale, evitando che sia calato dall’alto, con l’obiettivo di utilizzare le potenzialità presenti. In aggiunta, i vestiti non sono regalati ma forniti in prestito, in modo che l’anno seguente, quando i figli sono cresciuti, possano essere passati ad altre famiglie che ne hanno altrettanto bisogno.
Nel Cerro Nord, altro quartiere della zona ovest, il 12 marzo scorso 30 famiglie hanno occupato un pezzo di terra con tende e baracche provvisorie. Le famiglie che hanno deciso di passare all’azione erano stanche di vivere in situazione di promiscuità, ospitate da parenti ed amici. Il luogo occupato era un immondezzaio abusivo a cielo aperto che è stato ripulito dalle stesse famiglie, le quali si sono poi divise lo spazio disponibile. L’occupazione, avvenuta inizialmente senza alcuna tensione, è stata poi osteggiata dal comune di Montevideo, che afferma di voler creare in quella zona un punto verde, ovvero un luogo di raccolta e differenzazione dei rifiuti.
Il tentativo, in realtà, è quello di attuare una politica che eviti l’espansione degli insediamenti attraverso la costruzione di nuove abitazioni. Difficile, però, evitare la nascita dei figli e l’espansione delle famiglie…
A supportare l’occupazione è radio FM resistencia, una radio comunitaria che lavora da sei mesi nel quartiere e che è nata grazie al lavoro di Adriana Gabriel e Leo, che hanno trasformato una stanza della propria casa nella sede della radio, la quale trasmette fino a 2 chilometri di distanza, e parla di temi locali ma ha un occhio anche sugli eventi internazionali. Anzi, sono così interessati a ciò che accade fuori dell’Uruguay che hanno insistito per intervistarmi. Durante l’incontro mi hanno chiesto della mia famiglia, della politica italiana ed europea e della visione che io ho, come italiano, dell’Uruguay.
A Montevideo l’esperienza delle radio comunitarie è molto diffusa. Si tratta quasi sempre di radio con mezzi limitatissimi che tentano di fare un’opera di informazione e di coscientizzazione in relazione a temi che sono all’ordine del giorno ed interessano direttamente la vita, e la sopravvivenza, della popolazione locale. Allo stesso modo esistono tante esperienze di organizzazione dal basso, di utilizzo e valorizzazione delle risorse umane e materiali a disposizione e di resistenza alla povertà, all’indigenza, alle ingiustizie ed al freddo.