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QT n. 9, 7 maggio 2005 Monitor

“Itinerari Jazz”: un bilancio

La ventesima edizione della rassegna trentina ha regalato una serie di spettacoli di assoluto valore.

Giuseppe Segala

Per inaugurare la loro ventesima edizione, gli Itinerari Jazz di Trento hanno voluto attingere alla scena olandese, la stessa che già nel lontano 1986 aveva contribuito a tenere a battesimo questa rassegna. Se allora l’Instant Composer’s Pool veniva presentato nella versione in trio, con Misha Mengelberg al pianoforte, Han Bennink alla batteria e il compianto Steve Lacy al sax soprano, in questa occasione la storica compagine era nella sua versione di dieci elementi, intenta a dipanare la sciolta coesione dell’insieme ed a liberare la splendida, intatta vitalità di Mengelberg e Bennink.

Roy Haynes.

Peccato che la serata del 3 marzo fosse funestata da un’autentica bufera di neve, perché questo ha notevolmente alleggerito il pubblico presente al S. Chiara, privando i più restii a mettersi in viaggio di un concerto davvero imperdibile. L’orchestra olandese (ma con nell’organico musicisti di altre nazionalità e di notevole valore, come il trombettista tedesco Thomas Heberer, il violoncellista Tristan Honsinger e il sassofonista Michael Moore, entrambi statunitensi) ha dato saggio di sapersi muovere con affabile scioltezza nei generi più disparati: dal free al bop al New Orleans. Passando da marcette a musica da circo, dal blues alla ballad con incredibile duttilità.

Tra gli altri nomi presenti dentro l’allettante cartellone spiccavano in particolare quelli di McCoy Tyner e di Roy Haynes, due autentici protagonisti della storia del jazz moderno. Il primo era alla guida di un trio completato da Charnett Moffett al contrabbasso e da Eric Gravatt alla batteria. Il secondo portava a Trento il suo nuovo quartetto, formato da giovani solisti, che un paio di anni prima aveva registrato un buon disco per l’etichetta Dreyfus, "Fountain Of Youth". Tyner era decisamente stimolato dalla formazione in scena, ed ha sfoderato vitalità e fantasia come non succedeva da tempo.

Enrico Rava.

Il concerto di Haynes ha rappresentato un motivo di stupore per la vitalità, l’eleganza, il costante fluire di idee con cui il leader settantanovenne alimenta la propria musica. Anche la sua percussione presenta uno stile che travalica i tempi, sprizza modernità e ricchezza di idee. E il tris di giovanissimi presentato a Trento, con Martin Bejerano al piano, Marcus Strickland ai sassofoni e John Sullivan al contrabbasso, risponde con grande acume e intelligenza agli stimoli del batterista. Accanto ai due colossi statunitensi non sfigurava nel cartellone un nome italiano, quello di Enrico Rava, che con il suo quintetto ha siglato la serata con più spettatori di tutta la rassegna. Splendida la musica, con un Andrea Pozza al piano che non faceva rimpiangere Stefano Bollani, e con Roberto Gatto e Gianluca Petrella in grande forma.

Ma anche gli altri concerti non hanno deluso: il quartetto di Chris Potter ha messo in evidenza una nuova direzione negli orientamenti del sassofonista. La presenza della chitarra e del basso elettrico ha marcato una scelta espressiva decisamente inedita per il musicista di Chicago. Anche attraverso la percussione spezzata e incisiva del batterista Ari Hoenig, le coordinate si spostano ora sulla forte influenza di un certo rock progressivo e su una connotazione funky molto praticata dai musicisti della downtown newyorchese. Brani come "Last Chance", dalla grande varietà tematica, e "Underground", con le audaci scomposizioni asimmetriche del ritmo, sono emblematici di questo nuovo corso, che sembra stimolare molto il sassofonista.

Il concerto conclusivo, con protagonista il quartetto del pianista cubano Gonzalo Rubalcaba, ha riscattato la prova poco convincente che lo stesso pianista aveva dato qualche anno fa, per colpa di un pianoforte che non voleva tenere l’accordatura. In questa occasione Rubalcaba, supportato dal raffinato Ignacio Berroa alla batteria, ha dato prova del suo gusto melodico, del tocco sensibile, dell’apertura stilistica a trecentosessanta gradi.

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