“Itinerari Jazz”: poca musica ma buona
Cartellone ridotto, serate con i grandi nomi (Bridgewater e Zorn) e altre con artisti meno noti, sinergie con la città: bilancio nel complesso positivo della collaudata rassegna.
Quella che si è conclusa lo scorso lunedì 26 aprile, è stata un’edizione degli "Itinerari Jazz" particolarmente ampia nella scelta degli stili e delle tendenze rappresentate. Pur all’interno di un cartellone che resta ridotto, se confrontato alle edizioni di qualche anno fa, pur dovendo quest’anno rinunciare anche a uno dei momenti più qualificanti della rassegna, il laboratorio con l’Orchestra degli Itinerari, il cartellone è stato ricco di stimoli per gli appassionati, che tutto sommato hanno risposto in modo positivo. In particolare le serate dedicate alla vocalist Dee Dee Bridgewater e a Zorn hanno avuto il tutto esaurito, con un pubblico variegato, più ampio per età e interessi rispetto a quello strettamente interessato alle proposte jazz. Chiaramente anche a questi momenti di maggiore richiamo deve affidarsi una rassegna come quella di Trento, che negli scorsi anni ha riscontrato, con una certa amarezza, il contrasto tra le serate dedicate ai grossi nomi, straripanti, e quelle con artisti meno noti, ma non per questo degni di minore attenzione, con una platea spesso desolatamente esigua (vedi "Itinerari Jazz" per un pubblico poco curioso).
Dal punto di vista della qualità artistica, le due serate popolari sono state molto diverse. All’insegna dell’intrattenimento, seppure raffinato, quella affidata alla Bridgewater, con la vocalist nera che ha voluto dare corda alla partecipazione diretta del pubblico, parlando e intrattenendo molto, cantando poco e con l’enfasi di chi cerca l’applauso. Peccato, perché i due musicisti che la accompagnavano, il contrabbassista Ira Coleman e il pianista Edsel Gomez, hanno mostrato che avrebbero potuto reggere una performance ben più sostanziosa.
Zorn da parte sua ha presentato l’ultimo progetto della serie "Masada", quello elettrico, investendo la platea con una musica dall’alto potenziale energetico, densa però di contrasti dinamici, di riferimenti a campi diversi della musica contemporanea (free bop, rock, metal, klezmer), di suggestivi spunti tematici e timbrici. Forte di due batteristi che si intendevano a meraviglia, Joey Baron e Kenny Wollesen, e del chitarrista Marc Ribot, l’ottetto ha risposto con grande pertinenza e vitalità agli stimoli del leader.
Nelle altre serate si sono percorsi momenti diversi della scena contemporanea, toccando l’omaggio alla grande figura di Charles Mingus con la Big Band a lui dedicata, il jazz contemporaneo raffinato e ben articolato del contrabbassista Scott Colley, il mainstream in questa occasione un po’ anemico del trombettista Tom Harrell. La Mingus Big Band, accompagnata dalla vedova del contrabbassista Sue, che per l’occasione presentava il nuovo libro "Tonight at Noon", ha suonato il repertorio di Mingus con grande adesione allo spirito del musicista, coniugando precisione e libertà espressiva. Scott Colley, che avevamo già incontrato come solido e sensibile contrabbassista al fianco di Jim Hall e di Herbie Hancock, ha dimostrato in questa occasione di essere anche ottimo leader, presentando un progetto ben calibrato tra scrittura e improvvisazione, nel quale hanno dato bella prova il pianista Jason Moran, in questa occasione più riflessivo del solito, il trombettista Ralph Alessi e soprattutto il batterista Bill Stewart, leggero, dinamico, fantasioso. Il quartetto di Tom Harrell ha invece presentato un set all’insegna della routine, seppure di alto livello. I giovani musicisti che attualmente accompagnano la tromba del leader sono molto preparati sotto il punto di vista tecnico, ma viaggiano sulla superficie della musica, senza emozione. Quello di cui invece avrebbe bisogno lo stesso Harrell per esprimere appieno le sue incredibili qualità.
Accanto ai concerti del S. Chiara, altri momenti hanno sottolineato la sinergia della rassegna con alcune entità culturali della città, in particolare l’università, con la quale si sono organizzati gli aperitivi in ateneo, toccando tutte le facoltà, e "Jazz in Opera", con il trio Jazz Fantasy che presentava la musica di Sting. Il bilancio è dunque positivo, con la raccomandazione però che venga ripescato negli anni prossimi il laboratorio con l’Orchestra degli Itinerari.