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QT n. 1, 15 gennaio 2005 Monitor

Canto di Natale in ungherese

A parte le difficoltà con il pannello dei sovratitoli "A Christmas Carol", in lingua originale del Madàch Teater di Budapest convince pienamente al Santa Chiara di Trento, per interpretazione, coreografie, musiche.

Carlo Curcio

Bei tempi quelli di Benvenuto Cuminetti. Tempi in cui il professore universitario di Bergamo, in qualità di consulente artistico, prestava il suo sapere e la sua esperienza al Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento. A quell’epoca non sarebbe accaduto di assistere ad uno spettacolo in lingua straniera senza l’ausilio di un adeguato strumento che ne garantisse la fruizione. Così invece a noi, nella prima settimana del nuovo anno con "A Christmas Carol", il musical allestito dal Madàch Theater di Budapest tratto dall’omonimo racconto lungo di Charles Dickens.

E pensare che fu proprio Cuminetti a farci conoscere, nel 1998, questa straordinaria compagnia che deve il nome al più importante letterato ungherese dell’Ottocento, Imre Madàch, e che è solita proporre spettacoli in lingua magiara (il cui motivo è forse da rintracciare nel tentativo di restituire dignità letteraria e capacità di comunicazione drammatica ad una lingua posta ai margini del mondo teatrale occidentale). In quell’occasione, nonostante si trattasse del celeberrimo "Cats", il musical dell’inglese A. Lloyd Webber che dalla prima apparizione, nel 1981, non conosce oblio, un esauriente programma di sala proponeva la sinossi dello spettacolo.

Ora i tempi sono cambiati, ci siamo evoluti tecnologicamente e per supplire ad un’ignoranza si ricorre ai sovratitoli in italiano che scorrono su un pannello elettronico. Niente di male, anzi in linea con le soluzioni comunemente adottate dagli altri teatri. Tuttavia, tralasciando gli evidenti errori grammaticali che la traduzione proposta conteneva, ciò che ne comprometteva l’utilità era la collocazione di tale pannello molto in alto rispetto al campo visivo dello spettatore, il quale si trovava costretto a scegliere tra la lettura del testo e la visione dell’azione. Forse un ulteriore pannello e un libretto di sala (non è così che si usa per le opere liriche?) avrebbe giovato alla causa. Ma, per dirla alla Shakespeare, non c’è del marcio a Trento, anzi è da lodare il coraggio di proporre allestimenti in lingua, anche se è da auspicare che le scelte si dirigano anche verso importanti testi francesi e inglesi. D’altra parte, lì dove non è arrivato il pannello elettronico, è riuscita la notorietà della storia narrata e l’intensità interpretativa degli attori del Madàch Theater.

E’ la storia di una conversione, quella di Scrooge, che, visitato nottetempo da tre spiriti (lo guideranno in un viaggio nei suoi Natali passati, in quello presente e in quelli futuri), da taccagno e insensibile uomo d’affari si trasformerà in un uomo nuovo, generoso e pieno di attenzioni per il prossimo. Non è un cambiamento momentaneo, ad uso e consumo della sola giornata di Natale, ma una rigenerazione totale e definitiva: "Onorerò il Natale nel mio cuore – dice il vecchio alla fine – e cercherò di conservarmi in questo stato d’animo per tutto l’anno".

A restituirci il senso profondo della storia, tuttavia, non è unicamente l’intensa interpretazione: concorrono le coinvolgenti coreografie e le dolci musiche, contenenti echi della tradizione musicale popolare ungherese. E se ciò non bastasse, a convincerci della loro bravura ecco i saluti finali la cui compostezza e precisione ci parla di una classe e di una dignità teatrale non sempre riscontrabile nelle compagnie nostrane.

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