“Lavorare con lentezza”
"Lavorare con lentezza" inizia come un film muto: in bianco e nero, con i personaggi che si muovono veloci, su di un ritmo musicale vivace, le battute/slogan riportate su cartelli dai colori psichedelici. Il contesto (la Bologna del Settantasette, la nascita di Radio Alice) è raccontato così. Quel passato è talmente lontano da risultare materia da film muto; ed è un passato quasi sgraziato, reso comico dalla distanza politica e culturale che lo separa dall’oggi. Per il film è davvero un buon inizio: libera subito il racconto da ogni sospetto di retorica sulle date o sui luoghi. Gli occhi del regista Guido Chiesa e dei co-sceneggiatori Wu Ming non sono di quelli che si prestano a mitizzazioni o a lacrimucce di nostalgia.
L’interesse per la Storia dei Wu Ming, collettivo bolognese di scrittura che è la più importante fucina narrativa italiana, è testimoniato da tutti i loro romanzi. Nell’affrontare il tema degli anni Settanta, Wu Ming ha lavorato d’archivio per verificare cosa di quell’epoca rimanga nascosto sotto le banalità storiografiche della vulgata informativa. Scrive Wu Ming: "Guarda caso, proprio gli stereotipi che hanno fissato la memoria di quel decennio, si ritrovano a braccetto col meno colorato dei colori, il grigio. Il grigio del piombo, senza dubbio, ma anche il grigio dei vecchi cassonetti dell’immondizia, perché finora gli anni Settanta, nel nostro immaginario, sono stati soprattutto questo: la lotta armata e il trash di Fabio Fazio, Prima Linea e i Cugini di Campagna."
Lavorare con lentezza" ragiona sulla Storia, sui fatti che la fanno e su quelli che trovano spazio solo nel taglio basso delle pagine dei giornali. Il film, infatti, racconta (anche) una storia piccola e simbolica, un episodio di cronaca nella Bologna del 1977: una coppia di ragazzi, aspiranti malavitosi, scava un tunnel per arrivare al caveau di una banca. E’ lì sotto che iniziano ad ascoltare Radio Alice, la radio libera bolognese. L’underground letterale di questi scavatori di tunnel si intreccia con il fervore dell’underground artistico e culturale.
Tuttavia, il punto debole del film sta proprio in un non perfetto amalgama tra la Storia maiuscola di un’epoca e la storia da cronaca locale di due rapinatori dilettanti. La portata della narrazione visiva imbastita da Guido Chiesa non sta alla pari con l’imperturbabile profondità di scrittura di romanzi targati Wu Ming come "Q" o "54". Nel caso del film, lo sguardo non riesce ad alzarsi così in alto da arrivare a scrutare il formicolare inconsapevole di uomini coinvolti per caso nelle trame della Storia.
Alla fine, quindi, la parte più interessante del film resta quella descrittiva, di tipo documentario, su Radio Alice. E a questo punto viene in mente che Guido Chiesa un documentario su Radio Alice l’ha già girato. Evidentemente, il regista ha voluto dare maggiore visibilità a una vicenda che aveva raccontato in precedenza sotto un’altra forma, ritenendo di dover rendere giustizia anche in modo narrativo a un momento storico considerato fondamentale.
Ma, in questo, il documentario rimane superiore a "Lavorare con lentezza". "Alice è in paradiso", passato alla rassegna trentina "Italiani Indipendenti" qualche anno fa, era già una comunicazione che aveva la forza di una fiction; riusciva a dar la parola ai testimoni e allo stesso tempo a prenderli bonariamente in giro, deformandone le facce con effetti di post-produzione. Ascoltare gli spezzoni audio da Radio Alice, poi, dà un’impressione di "storia in diretta" che nessuna fiction può rendere con altrettanta forza. Guido Chiesa, sui titoli di coda di "Lavorare con lentezza", ripropone infatti l’audio dell’irruzione di polizia che va a chiudere l’esperienza della radio libera: dal punto di vista dell’impatto narrativo è un momento a cui il regista non può rinunciare. La nuda cronaca, il documento, è già in sé sufficientemente forte.
Nella storia dei media, questo dell’irruzione è un passaggio sottovalutato ma rivoluzionario: ascoltiamo per radio il racconto diretto di un fatto politico da un’angolatura che, sino ad allora, non esisteva. Se la versione dei fatti che raccontano i media è quella delle forze dell’ordine, stavolta invece la diretta è gestita da chi sta – letteralmente – dall’altra parte della barricata. Prima, questa versione non aveva voce, o – perlomeno – non aveva un microfono.
Da lì, anche da lì, partono molti spunti che arrivano all’oggi. La contro-informazione, con il moltiplicarsi dei mezzi di registrazione, è uno dei punti di forza della nuova opposizione sociale. A queste diverse fonti informative (che a volte debordano fino a produrre popolari dietrologie) si ricorre con frequenza sempre maggiore, quando si fa troppo palese la volontà di controllo sull’informazione da parte dei governi. Anche per questo, Radio Alice e quella irruzione nella Bologna del 1977 meritano di essere raccontati, con i mezzi del documentario o della fiction, con "Alice è in paradiso" o "Lavorare con lentezza". Sono opere che, come vuole Guido Chiesa, interpretano il mondo per poi, casomai, provare a cambiarlo.