Casa-museo di Depero: quando si riapre?
Tempi passatisti per un museo futurista. Storia e prospettive di quello che potrebbe diventare il motore del centro storico roveretano.
La cosa ha in parte dell’incredibile. Si è fatto prima a finanziare e costruire il nuovo Mart che a mettere a norma il tutto sommato modesto edificio della Casa Museo Depero di Rovereto, chiuso oramai da sette anni dopo un piccolo primo intervento nel 1992. Certo, sarebbe stato difficile giustificare un’ulteriore e immaginiamo ingente spesa in concomitanza con quella destinata al Mart, tanto più visto che l’edificio è di totale proprietà (e quindi gestione) del Comune di Rovereto.
Resta il fatto che il museo, unico nel suo genere ed ideale quanto simbolico completamento della visita al Mart, una volta riaperto costituirebbe il sicuro motore dello sviluppo turistico quanto economico del centro storico roveretano. I suoi benefici effetti si estenderebbero non solo sugli assopiti esercizi commerciali della zona, ma anche su percorsi turisticamente depressi, come la pittoresca via della Terra e un po’ su tutto il bel (ma poco considerato) centro storico di Rovereto, ricco di corti e suggestive viuzze, palazzi storici e pitture murali. La zona intera, opportunamente valorizzata da una serie di percorsi, potrebbe insomma divenire essa stessa meta turistica al di là del doppio transito Museo Depero - Museo della Guerra, quest’ultimo, come ci ha detto il prof. Fabrizio Rasera, tra l’altro in fase di riorganizzazione degli spazi interni con l’ambizioso obiettivo di raddoppiare il numero di visitatori. Un’offerta culturale e didattica che - speriamo - a breve potrà contate anche sul trasferimento di parte delle ricche raccolte d’arte del Museo Civico nello splendido palazzo Alberti, a fianco del Mart.
Nell’attesa che le acque finalmente si muovano, e che l’architetto Renato Rizzi, autore del progetto di ampliamento e riallestimento del Museo Depero, passi la staffetta ad un capocantiere che nel giro di un anno possa terminare i lavori, ripercorriamo qui le mirabolanti vicende del museo, soffermandoci infine sul progetto che dovrebbe portarlo a nuova vita.
Se degli anni Quaranta è la prima proposta di Depero per una mostra permanente sul suo lavoro e se già nel 1952 l’artista ha l’idea di aprire al pubblico il proprio atelier-abitazione roveretano in viale dei Colli esplicitando inoltre l’intenzione di donare alla morte sua e della moglie i propri lavori al Comune, il progetto di una casa-museo dedicata a Fortunato Depero si concretizza, almeno sulla carta, solo nel 1957, con una convenzione tra il Comune di Rovereto e l’artista. Con essa la pubblica amministrazione si impegna a "fondare a Rovereto una ‘Galleria permanente e un Museo’ che raccogliendo in forma degna tutta l’opera dell’ Artista, adempia al compito di farla conoscere, di valorizzarla (…)". A tal fine si impegna a "mettere a disposizione lo stabile sito al n. 53 in Via della Terra di proprietà del Monte Pegni, per l’allestimento della ‘Galleria-Museo Depero’ ", assumendosi tutte le spese di ristrutturazione, adattamento, manutenzione ed assicurazione.
Dal canto suo, Depero promette di collocare nell’edificio un ordinato complesso della sua variegata opera, dai dipinti alle arti applicate, alla produzione tipografico-pubblicitaria. Si impegna nel contempo a curare l’allestimento in forma ordinata, organica e dignitosa in ogni singolo settore. La convenzione cita inoltre espressamente una sala dedicata alla città di Rovereto, che sarà il più impegnativo e riuscito allestimento progettato dall’artista per il suo museo: Depero realizzò infatti per essa mosaici pavimentali, vetrine, mobilia e perfino pitture murali.
Assai interessante per focalizzare questo museo volto all’autocelebrazione deperiana è la III Relazione in seno al Curatorio del 10 gennaio 1959, autografa di Depero e conservata nel fondo archivistico del museo al Mart. Dopo tre fitte pagine di minuziosi preventivi "per finire il museo Depero, o meglio, per renderlo pronto per l’inaugurazione" (l’esborso più consistente, 200.000 delle vecchie lire, è rappresentato da "spese riguardanti la prima fase di propaganda"), l’artista spiega la sua arguta soluzione per reperire i fondi mancanti: si propone infatti di decorare la "Sala Rovereto" con un fregio definito "araldico-industriale" dedicato a tutte le industrie cittadine che avessero materialmente contribuito, come veri e propri sponsor, ad affrontare la spesa. Nella lettera spedita agli industriali della Rovereto del tempo acclusa alla relazione, egli spiega la volontà di creare "una decina di dipinti sintetici moderni dedicati alle più significative industrie cittadine". Lo scopo non è "soltanto un favore di simpatia per un degno artista, ma anche un atto di solidarietà verso un’istituzione singolarissima, unica del genere che aggiungerà decoro e prestigio alla nostra amata Rovereto, città sempre in testa, tanto nel passato che nel presente, nella cultura". Il proprio ‘logo’ all’interno di un sì prestigioso museo rappresenterebbe quindi, a fronte di un modesto contributo iniziale, una perenne ed efficace forma di promozione. Per non limitare troppo il numero delle industrie contribuenti, Depero aggiunse infine che "se una ditta non potesse disporre di una cifra relativa per concorrere ad un dipinto, essa potrebbe concorrere con una cifra inferiore (…), un premio di adesione".
Si giunse così, sabato 1° agosto 1959, all’apertura. Come si poteva già intuire dalla Convenzione, il primo periodo d’apertura fu caratterizzato da un’estrema flessibilità di utilizzo: esposizione, laboratorio, mostre temporanee e perfino vendita delle opere (sostituite di volta in volta con nuovi lavori). Nel 1960 l’artista morì, e alla successiva scomparsa della moglie Rosetta, avvenuta nel 1975, le opere divennero di totale proprietà dell’amministrazione comunale; e un ulteriore passaggio di proprietà avvenne poi nel 1987, quando la Galleria Museo con annesso archivio divenne terza sezione del Mart, istituito lo stesso anno con legge provinciale.
Dalla sua apertura per lungo tempo il museo fu gestito da un Curatorio, volto principalmente a promuovere la figura dell’artista e a gestire qualche accurata acquisizione, come la ricostruzione dello scenario e dei costumi del balletto "Le chant du rossignol" dal teatro La Fenice di Venezia. Una Commissione Autentiche, dal 1972 al 1979, si occupò inoltre di accertare l’autenticità delle opere di Depero.
Con una delibera del 4 marzo 1986 il Comune di Rovereto incaricò per un anno l’illustre critico Enrico Crispolti di affiancarsi come consulente alla direzione del museo. Le strategiche linee-guida della sua collaborazione erano già dichiarate in una sua lettera datata 26 novembre 1985: schedatura, riordino e piano di pubblicazione degli scritti; istituzione di un Centro studi Futuristi presso il museo; strategie per le acquisizioni; collegamento con l’Università per uno studio del materiale tramite tesi; produzione di un Bollettino del Museo Depero da pubblicarsi presso un editore nazionale; programma di mostre incentrata scientificamente sui futuristi minori. Un vastissimo programma, che troverà solo in parte realizzazione, anche visto il fatto che il contratto di consulenza concesso a Crispolti non verrà più rinnovato.
Ai problemi di strategia promozionale si affiancheranno presto quelli ben più gravi della messa a norma dello stabile, per adeguarlo alle leggi inerenti la sicurezza delle persone e delle opere (in particolare impianti di rilevamento fumo, sistema di riscaldamento, vie d’uscita) nonché a quelle riguardanti l’abbattimento delle barriere architettoniche. A dire il vero, i problemi non comparvero all’improvviso; fu piuttosto un tranquillo protrarsi per mancanza di fondi di una situazione ai margini del lecito che incappò infine in un fermo aut-aut da parte del responsabile della sicurezza dello stabile. Il progetto di restauro e messa a norma venne affidato all’architetto Renato Rizzi, il cui progetto tenta di ovviare alla serie di problemi collocando i nuovi servizi di supporto nell’attigua casa ‘Caden’ e relativa corte verso via Portici, senza quindi troppo gravare sugli spazi espositivi, specie quelli del pianoterra progettati dallo stesso Depero, salvaguardando così in linea di massima le scelte espositive maturate dallo stesso artista. Soluzioni più filologiche erano del resto assai più ardue a realizzarsi.
Nello specifico, si prevedono due corpi del museo. Il primo è l’attuale, sviluppato su 3 livelli che manterranno, modificandola però in parte, la funzione espositiva precedente; il secondo è costituito dal volume e dalla corte dell’attigua casa Caden, destinata ad ospitare le funzioni di servizio: un nuovo sistema di scale per collegare i piani, un moderno ascensore, i servizi igienici e il book-shop.
Tornando alle modifiche dell’attuale sede che più hanno fatto discutere, il progetto prevede, come detto, il mantenimento delle sale al pianoterra progettate da Depero, mentre il primo e secondo piano costituiranno un unico volume diviso in due ambienti: uno per i servizi; l’altro, a doppia altezza -quindi con spazi compenetranti -, avrà funzione espositiva. Quest’ultima grande sala, forte di un volume cubico di circa 8 metri di lato, servirà in particolare per l’esposizione di arazzi ed altre opere plastiche particolarmente voluminose, prima troppo costrette dalle architetture.
Il taglio che l’allestimento avrà alla sua riapertura sarà incentrato più che sulla pittura sull’attività artigianale di Depero: mobilia, arazzi, cuscini, pubblicità e quant’altro produsse in quella che Marinetti definì "la casa del Mago".
Tra le opere che verranno esposte, i "capolavori" saranno sicuramente le tarsie in panno Lenci, tra le più importanti opere di Depero nel campo delle arti applicate. Perfino il nome del museo, stando a delle note della direttrice Gabriella Belli del 2001, dovrebbe cambiare in "Casa d’Arte Futurista Fortunato Depero".
Tornando alle vicende ultime dell’edificio, risale al 1992 una prima fase di lavori, seppur limitati al consolidamento della pavimentazione con i mosaici di Depero e all’individuazione delle tinture originarie. Nel 1997, dopo un’importante mostra dedicata alla ballerina futurista Giannina Censi, il museo dovette però nuovamente e definitivamente chiudere per le già ricordate ragioni di sicurezza. Da allora un laconico cartellino posto sulla porta del museo avvisa il turista che esso è temporaneamente chiuso per restauro, anche se, come detto, nessun addetto ai lavori vi ha ancora messo piede. Per ora, le circa 3.500 opere del Museo Depero (contando anche le donazioni, i depositi e gli acquisti) sono collocate, come ci ha spieagto una delle curatrici del Mart, la dott. Nicoletta Boschiero, nel caveau del Mart, fatta eccezione per i disegni, che si conservano nel gabinetto della grafica.
In prospettiva della futura riapertura, il Mart ha comunque avviato una saggia campagna di restauro che interessa tarsie in panno e mobili, ogetti che troveranno degna modalità espositiva nel nuovo spazio. L’Archivio del museo e dell’artista, per ragioni di fruibilità come di conservazione, resterà invece al Mart, nella speranza che in futuro esso maggiormente valorizzato e promosso; un auspicio, peraltro, applicabile a tutti i preziosi archivi lì conservati.
Ancora sul vago rimane infine la questione dei tempi di riapertura: se sul sito del Mart si può leggere che "i lavori dovrebbero durare fino al 2005", la dott. Boschiero ci ha parlato di "intorno al 2006".
Insomma, nulla è ancora certo, se non che da quando aprirà il cantiere i lavori si protrarranno -salvo imprevisti- per circa un anno.