Trento Nord: chi governa il territorio?
Dopo il progetto di Gregotti sulle aree inquinate: stravolta la strategia del Comune a Trento Nord e sui centri commerciali. Qual'è il problema vero e dove porta la mancanza di coraggio.
Il progetto dell’arch. Vittorio Gregotti a Trento Nord ha suscitato un autentico vespaio. Opposizione dura dalla circoscrizione e dalla minoranza in Consiglio comunale; cui vanno aggiunte le riserve del presidente della Commissione urbanistica Bitteleri, quelle, più pesanti, dell’assessore alle attività economiche Grasselli; per non parlare dei Verdi e delle associazioni dei commercianti.
Dall’altro piatto della bilancia le dichiarazioni entusiaste del sindaco Pacher e, più realiste ma più dure, del presidente del consiglio Dallafior; e il moderato consenso dell’Ordine degli architetti.
Riteniamo pienamente giustificate le polemiche: per un semplice motivo, in questa operazione, il Comune perde completamente il controllo del territorio. Qui non consideriamo l’impatto visivo delle cinque torri previste da Gregotti: in quella zona urbana eppur periferica, delle strutture anche imponenti, se architettonicamente di pregio possono arricchire il paesaggio.
Ci riferiamo invece alla vivibilità del comparto, alle funzioni previste.
Si parlava infatti di un progetto che riqualificasse Trento Nord, introducendo elementi di vivibilità, alternando aree verdi a un tessuto urbano fatto di luoghi d’incontro e di strade commerciali pedonabili: "ricostruirò un lembo di centro storico" aveva annunciato Gregotti. Invece... Invece niente strade pedonali, bensì ipermercati interrati con le coperture trasformate in improbabili piazze; aumento delle superfici e delle cubature; richiamo di nuovo traffico in un’area già ora congestionata. In un colpo solo si azzera il nuovo indirizzo del commercio cittadino; e si crea nuova congestione in un’area martoriata.
Al di là della figura di Gregotti, che ci pare più furbo che santo, e ben diverso da un Renzo Piano che abbiamo visto attento agli effetti complessivi del suo operare; al di là dei proprietari delle aree, tra cui figurano noti speculatori come Pietro Tosolini, tutto questo è addebitabile a un peccato originale.
Il comparto è costituito dalle aree inquinatissime della Sloi e Carbochimica; e il Comune è da tempo pervenuto alla decisione di concedere ai privati un’edificazione con volumetrie tali che consentano loro di sostenere le imponenti spese di disinquinamento, e in più realizzarvi un congruo profitto. Con questa linea è chiaro che ci si lega mani e piedi alle necessità degli immobiliaristi: loro devono realizzare un tot, e per garantirglielo il Comune è costretto a piegare il disegno della città. Su questa strada non ci sono vie di scampo.
Un’altra strada invece era – e probabilmente è ancora – possibile. Espropriare i terreni al loro valore attuale – cioè zero – disinquinarli, e poi realizzarvi sopra un’edificazione compatibile con le esigenze della zona. In cui potrebbero starvi edifici pubblici a completamento dei contigui uffici di Trento Nord (e senza comperarli a prezzo di mercato, come la Pat difatti si accinge a fare); un’area residenziale Itea (anche qui senza comperare gli alloggi e sostenerne le conseguenti spese); la famosa strada pedonale commerciale, con gli edifici ceduti a un consorzio di commercianti (come le relative associazioni invocano invano da tempo).
Ci guadagnerebbe la città, i commercianti, le casse pubbliche.
Tutto questo però presuppone due cose. Un sindaco che non abbia paura di farsi dare del bolscevico perché espropria gli speculatori. E un Presidente della Provincia che degli stessi speculatori non sia amico.