Neri Pozza, inchiostro su carta
A Vicenza incisioni, disegni e libri d’artista donati da Neri Pozza alla Fondazione Cini.
A Vicenza, la Gallerie di Palazzo Leoni Montanari ospitano fino al 15 giugno una singolare esposizione, la donazione di Neri Pozza alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Singolare, perché filo conduttore di oltre duecento opere esposte non è un singolo artista né un movimento, ma la figura di un illustre homo faber del Novecento, conosciuto soprattutto come editore, che queste opere raccolse in oltre 40 anni e a vario titolo.
Neri Pozza (Vicenza, 1912-1988) inizia la sua attività artistica come scultore, avvicinandosi – siamo nel 1933 - alle forme novecentesche di Arturo Martini e Marino Marini. Se la scultura fu l’innamoramento giovanile, l’incisione, alla quale si dedicherà con costanza dal 1951, sarà l’amore della vita. Presente alle Biennali del 1952 e del 1958, nonché alla VI Quadriennale romana, Neri Pozza entrò a pieno titolo nel circuito del fare-arte del tempo, allargando l’attività d’artista a quella di affermato critico del settore, e in tal veste collaborò con testate quali La Stampa, Il Mondo, La Fiera Letteraria.
Artista, saggista, poeta, Neri Pozza fu anche e soprattutto affermato editore, attività che iniziò coraggiosamente nel 1946, tra le macerie del dopoguerra, dando voce a figure centrali del Novecento letterario italiano, come Cardarelli, Montale, Bontempelli, Buzzati, Parise, Gadda e Luzi, sapendosi però aprire anche al panorama d’oltreoceano, come testimonia la collana "Tradizione americana". Oltre alla letteratura, alla storia, al libro di pregio, centrale nell’attività editoriale di Neri Pozza fu la promozione degli studi inerenti la storia dell’arte, soprattutto veneta: dai volumi "Storia della cultura veneta" alla collana "Cataloghi di mostre", è tutto un susseguirsi di pubblicazioni poi diventate repertori fondamentali per la storia dell’arte.
La prima sezione della mostra è dedicata alla raccolta di disegni, ove ci è spiaciuto notare un allestimento non certo adatto a valorizzare le opere, incastonate com’erano in brutti pannelli di compensato marrone scuro che ne smorzavano enormemente la resa cromatica, e per giunta collocate ad un altezza più adatta a una scolaresca che ad un pubblico di visitatori adulti.
Il centinaio di disegni in mostra si può considerare, per via della loro disomogeneità, un complesso panorama del Novecento italiano. Tra i tanti nomi presenti, alcuni artisti di Ca’ Pesaro (Malossi, Rossi, Semeghini, Springolo), altri di Corrente (Migneco e Guttuso), paesaggisti come Malossi, Tamburi e Music, e poi l’ironia di Luzzati, il primitivismo di Viani e Rosai, la metafisica di Gentilini, l’astrazione di Soldati e Spazzapan … e tanti altri nomi, fra i quali non vanno dimenticati "mostri sacri" del Novecento come Oppi, Morandi e De Pisis.
Non meno notevole il centinaio di incisioni, tutte riconducibili all’estro di cinque artisti: Luigi Bartolini, Mino Maccari, Leonardo Castellani (fondatore della rinomata scuola grafica di Urbino), Giovanni Barbisan (fine paesaggista dal sapiente chiaroscuro) e Tono Zancanaro. Per comprendere l’importanza della raccolta di grafica della raccolta Neri Pozza, basti pensare che, per questi ultimi tre artisti, non esistono collezioni, né pubbliche né private, più complete. Insomma, un corpus di tutto rispetto.
Infine, la terza sezione della mostra, dedicata ai libri illustrati di pregio, varrebbe una visita di per sé a questa esposizione. I 38 libri selezionati (tra i 74 della donazione), sono significativi nel delineare la figura di Neri Pozza e del suo essere fune tesa tra arte e letteratura, tra parola scritta e segno grafico. Si va da alcune opere edite dallo stesso Pozza (illustrate da Castellani, Balest, Maccari, Bartolini) a una "Apocalisse" del 1941 con 20 litografie di de Chirico, dal "Viaggio in Europa" di Bontempelli (litografie di Martini) al "Milione" adornato da ben 30 litografie di Campigli, dalle "Laudi" di Jacopone da Todi illustrate da Sironi a un "Vangelo" con litografie di Casorati. Quindici poi i numeri monografici delle éditions de tête della rivista parigina Derrière le miroir, ognuno con numerose litografie dei singoli artisti trattati; in mostra, tra gli altri, Chagall, Mirò, Adami. Infine, l’opera forse più significativa dell’intera mostra: il romanzo "Dingo" di Octave Mirbeau, pubblicato nel 1924 da Ambroise Vollard ed illustrato da 55 acqueforti di Pierre Bonnard.
A Vicenza, la Gallerie di Palazzo Leoni Montanari ospitano fino al 15 giugno una singolare esposizione, la donazione di Neri Pozza alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Singolare, perché filo conduttore di oltre duecento opere esposte non è un singolo artista né un movimento, ma la figura di un illustre homo faber del Novecento, conosciuto soprattutto come editore, che queste opere raccolse in oltre 40 anni e a vario titolo.
Neri Pozza (Vicenza, 1912-1988) inizia la sua attività artistica come scultore, avvicinandosi – siamo nel 1933 - alle forme novecentesche di Arturo Martini e Marino Marini. Se la scultura fu l’innamoramento giovanile, l’incisione, alla quale si dedicherà con costanza dal 1951, sarà l’amore della vita. Presente alle Biennali del 1952 e del 1958, nonché alla VI Quadriennale romana, Neri Pozza entrò a pieno titolo nel circuito del fare-arte del tempo, allargando l’attività d’artista a quella di affermato critico del settore, e in tal veste collaborò con testate quali La Stampa, Il Mondo, La Fiera Letteraria.
Artista, saggista, poeta, Neri Pozza fu anche e soprattutto affermato editore, attività che iniziò coraggiosamente nel 1946, tra le macerie del dopoguerra, dando voce a figure centrali del Novecento letterario italiano, come Cardarelli, Montale, Bontempelli, Buzzati, Parise, Gadda e Luzi, sapendosi però aprire anche al panorama d’oltreoceano, come testimonia la collana "Tradizione americana". Oltre alla letteratura, alla storia, al libro di pregio, centrale nell’attività editoriale di Neri Pozza fu la promozione degli studi inerenti la storia dell’arte, soprattutto veneta: dai volumi "Storia della cultura veneta" alla collana "Cataloghi di mostre", è tutto un susseguirsi di pubblicazioni poi diventate repertori fondamentali per la storia dell’arte.
La prima sezione della mostra è dedicata alla raccolta di disegni, ove ci è spiaciuto notare un allestimento non certo adatto a valorizzare le opere, incastonate com’erano in brutti pannelli di compensato marrone scuro che ne smorzavano enormemente la resa cromatica, e per giunta collocate ad un altezza più adatta a una scolaresca che ad un pubblico di visitatori adulti.
Il centinaio di disegni in mostra si può considerare, per via della loro disomogeneità, un complesso panorama del Novecento italiano. Tra i tanti nomi presenti, alcuni artisti di Ca’ Pesaro (Malossi, Rossi, Semeghini, Springolo), altri di Corrente (Migneco e Guttuso), paesaggisti come Malossi, Tamburi e Music, e poi l’ironia di Luzzati, il primitivismo di Viani e Rosai, la metafisica di Gentilini, l’astrazione di Soldati e Spazzapan … e tanti altri nomi, fra i quali non vanno dimenticati "mostri sacri" del Novecento come Oppi, Morandi e De Pisis.
Non meno notevole il centinaio di incisioni, tutte riconducibili all’estro di cinque artisti: Luigi Bartolini, Mino Maccari, Leonardo Castellani (fondatore della rinomata scuola grafica di Urbino), Giovanni Barbisan (fine paesaggista dal sapiente chiaroscuro) e Tono Zancanaro. Per comprendere l’importanza della raccolta di grafica della raccolta Neri Pozza, basti pensare che, per questi ultimi tre artisti, non esistono collezioni, né pubbliche né private, più complete. Insomma, un corpus di tutto rispetto.
Infine, la terza sezione della mostra, dedicata ai libri illustrati di pregio, varrebbe una visita di per sé a questa esposizione. I 38 libri selezionati (tra i 74 della donazione), sono significativi nel delineare la figura di Neri Pozza e del suo essere fune tesa tra arte e letteratura, tra parola scritta e segno grafico. Si va da alcune opere edite dallo stesso Pozza (illustrate da Castellani, Balest, Maccari, Bartolini) a una "Apocalisse" del 1941 con 20 litografie di de Chirico, dal "Viaggio in Europa" di Bontempelli (litografie di Martini) al "Milione" adornato da ben 30 litografie di Campigli, dalle "Laudi" di Jacopone da Todi illustrate da Sironi a un "Vangelo" con litografie di Casorati. Quindici poi i numeri monografici delle éditions de tête della rivista parigina Derrière le miroir, ognuno con numerose litografie dei singoli artisti trattati; in mostra, tra gli altri, Chagall, Mirò, Adami. Infine, l’opera forse più significativa dell’intera mostra: il romanzo "Dingo" di Octave Mirbeau, pubblicato nel 1924 da Ambroise Vollard ed illustrato da 55 acqueforti di Pierre Bonnard.