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RC Auto, interessi anatocistici…

...e ancora: vaccini che non funzionano, assicurazione delle casalinghe e divieti di sosta da non pagare.

Da un po’, per ragioni di forza maggiore (prima l’euro, poi i parcheggi di piazza Dante), non abbiamo potuto rispondere ai quesiti dei consumatori. Cogliamo l’occasione per invitare i nostri interlocutori a farsi parte attiva nelle battaglie che, a livello nazionale, sta conducendo l’Intesa dei consumatori (Adusbef-Codacons-Federconsumatori), in particolare sul rimborso delle RC Auto, i bond argentini e la proposta di legge di iniziativa popolare per la riduzione dell’IVA sul metano; tutte queste importanti iniziative comportano anche dei costi e sarebbe bene che i cittadini aderissero alle associazioni dell’Intesa, non comportandosi come quel tale che, dopo aver beneficiato dell’associazione, ci disse:"Le vostre iniziative sono meritorie, ma tutti ne usufruiscono, iscritti o no: allora, perché dovrei iscrivermi?"

RC Auto e interessi bancari. Detto questo, vorrei soffermarmi su due questioni che ci hanno tenuto impegnati in questi ultimi giorni: l’emanazione del decreto salva-assicurazioni e la possibilità da parte dei consumatori di farsi restituire dalle banche gli interessi anatocistici

Per quanto riguarda il decreto salva-assicurazioni, che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni, occorre dire che esso è stato tempestivamente messo in opera dal governo mentre diversi giudici di pace stavano dando ragione ai consumatori, condannando le assicurazioni al risarcimento. A titolo di esempio, riportiamo alcuni stralci di due sentenze. Quella depositata il 30 gennaio 2003 dal Giudice di Pace di Lecce ha condannato la Sara Assicurazioni a pagare ad un associato Adusbef 613,57 euro per il recupero parziale (20%) dei premi pagati negli anni 1995-2001, oltre a rimborsare 632,50 euro per spese e competenze di giudizio. Il giudice ha ritenuto che l’intesa di cartello costituisca una violazione che va punita, indipendentemente dal grado di colpa di ogni compagnia; la sentenza ha utilizzato la legge quadro 281/98 a tutela del consumatore, integrandola con la normativa civilistica sull’atto illecito (art.2043 c.c.).

Il giudice di pace di Catanzaro poi ha condannato la compagnia di assicurazione Fondiaria al rimborso di 13,63 euro; ecco alcuni stralci della sentenza: "L’intesa tra le compagnie… ha comportato come diretta e immediata conseguenza l’aumento del costo delle polizze stipulate dalle compagnie assicuratrici. (…) La Parte attrice si limita a richiedere la ripetizione del pagamento indebito nella misura del 15% del costo totale dei premi versati per il periodo dal 30.6.al 30.12.98 per un totale di euro 13,63, oltre accessori… Condanna la convenuta al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro 155,97, di cui 77,47 per onorario e 78,50 per diritti oltre accessori come per legge".

Dunque con l’indecoroso decreto salva-assicurazioni la materia non sarà più di competenza del giudice di pace, ma del giudice ordinario. Ne deriverà un maggior costo dell’operazione per quanto riguarda l’assicurato (che si dovrà obbligatoriamente fornire di un avvocato, mentre per il giudice di pace non occorreva al di sotto di 510 euro) e una maggiore lunghezza del procedimento. Con tale stratagemma si toglie ogni interesse a fare causa alle assicurazioni; ma nonostante ciò, le associazioni dell’Intesa dei consumatori, mentre invitano a chiedere ugualmente il rimborso alle assicurazioni, tallonano il governo davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo.

Per quanto riguarda gli interessi anatocistici delle banche, ovvero l’addebito degli interessi passivi col meccanismo della capitalizzazione trimestrale (in pratica addebitando interessi su interessi), una recente sentenza per un’azione presentata dal Codacons contro la banca San Paolo ha dichiarato "illegittimo il rifiuto della banca al riconoscimento del diritto della propria clientela alla restituzione delle somme indebitamente percepite". Pertanto ai consumatori devono essere restituiti i soldi pagati in base all’anatocismo; chi è interessato può rivolgersi alle associazioni facenti parte dell’Intesa per avere delucidazioni

Multe da non pagare. Passiamo ora a rispondere ai
consumatori. L.C. di Riva ci chiede in quali casi è consentito non pagare la multa per divieto di sosta. Le multe sono da considerarsi illegali se i cartelli stradali risultano irregolari; in tal caso, se non si è ancora pagato, si può fare ricorso. Infatti tutte le multe finora date e non ancora pagate possono essere impugnate per irregolarità nella procedura.

L’art. 39 del Codice della strada recita infatti: "Il regolamento stabilisce forme, dimensioni, colori e simboli dei segnali stradali verticali e le loro modalità di impiego e di apposizione"; e l’art.77 del D.P.R. 495 del 16/12/1992 (il regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo Codice) stabilisce che sul retro dei segnali "devono essere chiaramente indicati l’ente o l’amministrazione proprietari della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale e l’anno di fabbricazione nonché il numero dell’autorizzazione concessa dal Ministero dei lavori pubblici alla ditta per la fabbricazione dei segnali stradali… Per i segnali di prescrizione devono essere riportati gli estremi dell’ordinanza di apposizione". La mancanza di quest’ultimo elemento è rilevante, in quanto l’ordinanza illustra le motivazioni che hanno indotto la Pubblica amministrazione a mettere un divieto di sosta proprio lì, e ognuno ha il diritto di contestare gli atti del Comune e deve aver modo di potersi tutelare, presentando osservazioni e intervenendo nei procedimenti amministrativi. La pubblicità degli estremi dell’ordinanza con cui il Comune ha deciso un provvedimento è il presupposto per l’esercizio di tale diritto. E’ una questione di trasparenza degli atti e di informazione al cittadino, per cui un vizio di forma, un’irregolarità nella procedura viola la legge n. 241/90 e rende impugnabili le multe prese in relazione alle disposizioni prescritte da quei cartelli. Il Codice della strada dev’essere osservato da tutti, anche da chi è preposto a farlo osservare. E’ singolare che al cittadino si facciano pagare multe per la minima infrazione e poi il Comune, che emette quelle sanzioni, sia il primo a non rispettare i dettami del Codice!

Pertanto ci sentiamo di consigliare a tutti gli automobilisti, prima di pagare la multa, di verificare se il cartello stradale apposto dal Comune, nel retro, ha rispettato la normativa richiesta dal codice della strada.

Risarcimenti farmaceutici. Il sig.A. G. di Rovereto vuole sapere come comportarsi nel caso di assunzione del farmaco Lanoxin con conseguente malessere. Il nostro consiglio è di rivolgersi allo sportello sanità del Codacons nazionale per ottenere il risarcimento dalla Glaxo. Risulterebbe infatti che il farmaco sarebbe distribuito con contagocce difettoso.

Sempre a proposito di sanità, molti ci chiedono cosa può fare chi si è vaccinato contro l’influenza e si è ugualmente ammalato. Pare che un ceppo influenzale sia cambiato, abbia cioè subito una mutazione del 3% che rende del tutto inutili gli effetti del vaccino. Invitiamo coloro che, dopo essersi vaccinati, hanno contratto l’influenza, a rivolgersi agli sportelli dell’associazione per fare causa dinanzi al giudice di pace chiedendo un risarcimento fino a 1.100 euro. Infatti, oltre al rimborso del vaccino, inutile, va messo in conto in conto il disagio per essere stati costretti a letto da un’influenza contro cui si erano premuniti con largo anticipo. Il punto è proprio qui: le case farmaceutiche, per aumentare al massimo i ricavi potrebbero, aver commercializzato troppo presto il vaccino, effettuando i rilevamenti sui ceppi influenzali con eccessivo anticipo.

La sig.ra C.A. di Trento ci chiede se risponde al vero che le tinture per capelli alzano il rischio di tumore; un quesito importante, visto che in Italia ben il 75% delle donne si tinge i capelli con regolarità. In effetti la tintura per capelli potrebbe far aumentare il rischio di cancro alla vescica: uno studio condotto negli USA avrebbe dimostrato come tra le donne che usano coloranti e tinture per capelli almeno una volta al mese per un anno, l’incidenza del cancro alla vescica risulti raddoppiata; il livello poi aumenterebbe fino a cinque volte tra chi ha lavorato per almeno 10 anni in un negozio di parrucchiera.

Assicurazione delle casalinghe.S.T. di Trento infi-
ne vuole sapere quale sanzione potrà subire non avendo effettuato l’assicurazione obbligatoria come casalinga, scaduta il 31 gennaio. Vogliamo anzitutto rassicurare la signora che non incorre in alcuna sanzione, anzi invitiamo le casalinghe che non l’avessero sottoscritto a non effettuarlo, poiché si tratta dell’ennesima bufala per spillare quattrini. Infatti la casalinga fra i 18 e i 65 anni è costretta a versare la somma senza un’adeguata protezione in cambio e senza poter scegliere tra le varie compagnie di assicurazione. Inoltre una donna sopra i 65 non può avere l’assicurazione pur svolgendo tutti i giorni le mansioni di casalinga, e proprio non si comprende questo limite, visto che il rischio di infortunio aumenta col crescere dell’età. O forse è proprio questa la ragione? Il decreto poi precisa che il grado di invalidità permanente minima perché si abbia diritto alla rendita, è fissato al 33%, esattamente il triplo del limite previsto per il lavoratore; dunque, la maggior parte degli infortuni ipotizzabili nelle mura domestiche non verranno indennizzati, pur in presenza dell’obbligatorietà dell’assicurazione. Qualche esempio: la sordità completa di un orecchio, che dà titolo a una rendita per qualsiasi lavoratore, non determinerà una rendita per una casalinga, così come la perdita di un dito di una mano; non basterà quindi un semplice infortunio, ci vorrà una disgrazia per aver diritto ad una qualche rendita. Non c’è infine nessun accenno per quanto riguarda il rimborso delle spese mediche, chirurgiche o protesiche. La previsione dell’Inail quale unico ente assicuratore, costituisce poi, secondo noi, una violazione della concorrenzialità del mercato e una violazione dell’art.35 della Costituzione, secondo il quale "l’assistenza privata è libera".