I trentini: orsi, ma solo coi vicini
Un’indagine sullo stato dei rapporti interpersonali a Trento e nei sobborghi.
Anche la medicina ufficiale ha preso coscienza (la saggezza popolare l’ha sempre saputo) che la qualità delle interazioni tra le persone ha un’incidenza considerevole sul benessere e sullo stato di salute. In quest’ottica, tre anni fa, su iniziativa congiunta dell’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Trento e del Servizio di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria, è stata costituita "Lamiacittà". "Nei nostri paesi e nei quartieri delle nostre città - scrive il dottor Renzo De Stefani, responsabile del Servizio di Salute Mentale -, mentre è cresciuto il benessere materiale della maggioranza delle persone e delle famiglie, sono calati il senso di appartenenza alla comunità, le reti di mutualità del buon vicinato, gli scambi interpersonali significativi".
"Lamiacittà", alla quale nel frattempo avevano aderito una trentina fra enti e associazioni locali, ha in corso un’iniziativa a carattere permanente, il Progetto per la rilevazione dell’indice QRI-Qualità delle Relazioni Interpersonali (vedi la scheda). Giovedì 28 novembre ha invece presentato a palazzo Geremia i risultati di un’indagine sullo stato dei rapporti interpersonali a Trento e sobborghi, un lavoro protrattosi per i primi sette mesi dell’anno in corso.
L’indagine è stata condotta mediante l’invio di un questionario ad un campione di 600 cittadini, statisticamente rappresentativo dell’intera popolazione. Le risposte alle domande sono state successivamente raccolte telefonicamente. Solo 313 (vedi Tabella 1) dei soggetti selezionati hanno ritenuto di rispondere e questo ha in parte compromesso l’attendibilità del sondaggio.
Risposte | Percentuale | |
Donne | 189 | 60,4 |
Uomini | 124 | 39,6 |
Giovani (<30) | 81 | 25,9 |
Adulti (30-64) | 206 | 65,8 |
Anziani (>64) | 26 | 8,3 |
Totale | 313 | 100 |
Nel questionario (vedi Tabella 2: come si socializza a Trento) abbiamo individuato tre blocchi di domande: il primo raccoglie dati sui contatti avuti con altre persone (quante volte e con chi: parenti, conviventi, vicini, estranei) e sulla partecipazione a incontri sociali; il secondo blocco comprende domande sulle aspettative dell’interpellato nei confronti dei comportamenti altrui (esempio: se ti ammalassi quante persone pensi ti verrebbero a visitare); il terzo richiede di assegnare un punteggio da 1 a 10 alla qualità dei rapporti intrattenuti con il partner, i conviventi, i parenti stretti, i vicini ed altre persone, nonché di valutare la propensione al dialogo e alla solidarietà dei vicini stessi e degli abitanti di Trento. Mancano del tutto invece domande volte ad accertare le motivazioni che sono alla base di dette aspettative e valutazioni.
Quali sono, dunque, le principali indicazioni che emergono dall’indagine? Innanzitutto è necessario premettere - ha detto l’epidemiologo Pasquale Falasca, dell’Azienda sanitaria di Ravenna - che non sono possibili confronti con altre realtà perché questa è la prima ricerca del genere condotta in Italia. Questo impedisce per ora (vi si potrà ovviare non appena aziende sanitarie di altre regioni avranno ultimato analoghe ricerche, già programmate) di emettere un giudizio ponderato sulla qualità dei rapporti interpersonali nella nostra città. Sintomi di forte malessere non sono comunque emersi e la disaggregazione dei dati per sesso, classi di età, circoscrizione territoriale eccetera, permette di effettuare dei confronti interni e di fare qualche considerazione.
Ebbene due dati sembrerebbero emergere su tutti: uno positivo, la smentita dello stereotipo dei trentini-orsi, musoni, chiusi; e un altro negativo, l’omologazione della città di Trento alle metropoli per quanto riguarda la qualità dei rapporti (scadenti) col vicinato. Li ha messi in evidenza l’assessore alle politiche sociali del Comune di Trento, Letizia De Torre.
Per quanto riguarda il primo punto, risulta (per questo e per tutti gli altri dati, vedi ancora Tab. 2) che gli interpellati hanno mediamente un’elevata frequenza di rapporti/incontri sociali. Il secondo punto invece risulta avvalorato dai voti assegnati: ai rapporti coi vicini (6,1); alla disponibilità sociale degli stessi (5,8); a quella degli abitanti di Trento (5,9). Rispettivamente, una striminzita sufficienza e due bocciature.
Insomma, i trentini non saranno così scostanti come la tradizione vuole, ma mantengono comunque un’evidente diffidenza nei confronti del prossimo.
All’interno di questo quadro emerge una differenza significativa tra i sessi. I maschi dichiarano una maggior frequenza di contatti interpersonali (domande n. 1 e 5) ed esibiscono una maggiore fiducia verso le persone (domande n. 2, 3, 4, 6). E’ una differenza che meriterebbe qualche approfondimento, se non altro perché contrasta con lo stereotipo corrente, che considera gli uomini meno propensi e meno abili delle donne nella comunicazione e nel tessere rapporti di buon vicinato.
Altra differenza, anche se meno chiara, emerge nel confronto per classi di età. Qui, i giovani mostrano una maggior vivacità di contatti e un atteggiamento più fiducioso, ma nelle valutazioni risultano generalmente più critici degli adulti e degli anziani.
Infine i dati disaggregati per territorio (le dodici circoscrizioni), mostrano una buona tenuta della periferia, con alcuni picchi di eccellenza. Fa eccezione Povo, un sobborgo che fino a ieri ci credevamo in diritto di considerare esemplarmente integrato e che invece, qui, merita la maglia nera, piazzandosi all’ultimo posto in 5 delle 13 domande (e nelle altre 8 non è che vada molto meglio).
E’ vero che queste risultanze derivano da un bassissimo numero di intervistati, solo 8, e che quindi non possono fare testo. Però, questa circostanza è attribuibile proprio ad una modesta disponibilità dei residenti di Povo, poiché la loro Circoscrizione ha totalizzato il più basso tasso di risposta al questionario: 1,5 ogni 1000 abitanti, ben al disotto di tutte le altre. Il presidente della Circoscrizione, ing. Nicola Alessandrini, ci ha tuttavia assicurato che a Povo non ci sono sintomi di disagio sociale, se si eccettuano alcune difficoltà riscontrate a livello giovanile.
Interessante sarà ora vedere, da parte del Comune e dell’Azienda sanitaria ed eventualmente degli altri associati de "Lamiacittà", come verranno utilizzati questi dati: quali approfondimenti faranno seguire e quali interventi. Peccato che il questionario, come abbiamo ricordato sopra, non abbia scandagliato l’aspetto motivazionale.
Sarebbe servito ad individuare meglio le problematiche sottese e ad orientare le politiche.